Reduced Heart Failure and Mortality in Patients Receiving Statin Therapy Before Initial Acute Coronary Syndrome.

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Abstract

Background: There is uncertainty regarding the impact of statins on the risk of atherosclerotic cardiovascular disease (ASCVD) and its major complication, acute heart failure (AHF).

Objectives: The aim of this study was to investigate whether previous statin therapy translates into lower AHF events and improved survival from AHF among patients presenting with an acute coronary syndrome (ACS) as a first manifestation of ASCVD.

Methods: Data were drawn from the International Survey of Acute Coronary Syndromes Archives. The study participants consisted of 14,542 Caucasian patients presenting with ACS without previous ASCVD events. Statin users before the index event were compared with nonusers by using inverse probability weighting models. Estimates were compared by test of interaction on the log scale. Main outcome measures were the incidence of AHF according to Killip class and the rate of 30-day all-cause mortality in patients presenting with AHF.

Results: Previous statin therapy was associated with a significantly decreased rate of AHF on admission (4.3% absolute risk reduction; risk ratio [RR]: 0.72; 95% CI: 0.62- 0.83) regardless of younger (40-75 years) or older age (interaction P = 0.27) and sex (interaction P = 0.22). Moreover, previous statin therapy predicted a lower risk of 30-day mortality in the subset of patients presenting with AHF on admission (5.2 % absolute risk reduction; RR: 0.71; 95% CI: 0.50-0.99).

Conclusions: Among adults presenting with ACS as a first manifestation of ASCVD, previous statin therapy is associated with a reduced risk of AHF and improved survival from AHF. (International Survey of Acute Coronary Syndromes [ISACS] Archives; NCT04008173).


Intervista a Raffaele Bugiardini

Dipartimento di Medicina Sperimentale, Diagnostica e Specialistica, Università di Bologna 

Professor Bugiardini, qual è il take home message del vostro studio?
In considerazione del favorevole profilo di sicurezza delle statine, delle evidenze schiaccianti sulla loro utilità nella prevenzione degli eventi aterosclerotici fatali e della disponibilità di tanti generici low-cost, si consiglia l’uso delle statine in prevenzione primaria alle persone con un rischio cardiovascolare superiore al 10%, ovviamente in assenza di chiari motivi che ne controindichino l’uso. Tale soglia di rischio è facilmente raggiungibile in uomini con più di 40 anni o da donne con più di 50 anni che abbiano più di un fattore di rischio cardiovascolare. Il calcolo del rischio cardiovascolare è diventato un elemento centrale delle linee guida cardiovascolari americane. Il calcolo del rischio cardiovascolare può essere ottenuto con uno strumento semplice. Lo strumento è reperibile anche in web (https://www.msdmanuals.com/medical-calculators/ACCAHA2013-it.htm).

Dai vostri dati si evince che non solo l’uso di statine antecedente una ACS riduce il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca acuta durante il ricovero indice, ma addirittura riduce la mortalità qualora questa temibile complicanza dovesse presentarsi. Quali meccanismi patogenetici possono essere evocati per questa duplice azione benefica?
Il vantaggio della terapia con statine è doppio. Una percentuale minore di pazienti si presenta con un infarto complicato da insufficienza cardiaca e coloro che assumono statine e presentano insufficienza cardiaca hanno una sopravvivenza maggiore rispetto a coloro che non le assumono. I nostri dati suggeriscono che le statine possano indurre una presentazione clinica dell’infarto meno severa e quindi con meno rischi di insufficienza cardiaca. Le statine peraltro potrebbero mitigare la progressione dell’insulto ischemico prevenendo di fatto la dilatazione post infartuale del ventricolo.

Un dato interessante dello studio riguarda l’azione favorevole delle statine che risulta indipendente dalla presenza di ipercolesterolemia. Poichè i pazienti inclusi nel vostro studio assumevano statine in prevenzione primaria, quali considerazioni cliniche le suggerisce questo dato?
Lo studio sottolinea la necessità di passare dalla pratica clinica di dare statine in prevenzione primaria solo ai pazienti ipercolesterolemici ad un più largo scenario che includa anche i pazienti con colesterolo normale ma con altri fattori di rischio quali il fumo, il diabete e l’ipertensione. Il goal è “la prevenzione totale del rischio cardiovascolare”. I risultati dello studio, quindi, contrastano marcatamente con le raccomandazioni della società Europea di Cardiologia, risultando però in linea concettuale con altre raccomandazioni quali quelle della US Preventive Services Task Force (USPSTF) che già avevano adottato il principio di prevenzione totale del rischio cardiovascolare sia per l’uso di statine che per l’uso di ASA. I pazienti che già assumevano statine con livelli normali di colesterolo erano quindi pazienti che avevano concordato coi loro medici di usare le statine in assenza di ipercolesterolemia come suggerito dalla USPSTF. Visti questi risultati crediamo fortemente che le linee guida europee debbano allinearsi a quelle americane.

Il vostro studio mostra che un effetto favorevole più marcato è stato osservato nella popolazione di sesso femminile e nei pazienti anziani. In questi ultimi, le Linee Guida ESC sulla prevenzione cardiovascolare sono piuttosto prudenti (classe di raccomandazione IIb anche se il paziente è ad alto rischio). Qual è la sua opinione in proposito?
I benefici dell’utilizzo di statine si evidenziano su tutta la popolazione oggetto dello studio, e quindi incluso le donne e gli anziani, sempre che il rischio cardiovascolare sia superiore al 10%. Le Linee Guida ESC sulla prevenzione cardiovascolare sono piuttosto prudenti particolarmente negli anziani in quanto in essi si teme maggiormente la comparsa di effetti collaterali. Il nostro studio non ha approfondito il tema della bilancia tra benefici e rischi della terapia con statine. Comunque bilanciare un miglioramento della sopravvivenza da scompenso cardiaco e infarto miocardico ed effetti collaterali non è così intuitivo. La maggior lamentela da parte dei pazienti è il dolore muscolare. Molto raramente le statine possono causare altri effetti indesiderati. Prospettivamente non si può predire coloro che presenteranno questi disturbi. Sulla base di questo studio si può solo affermare che allargare la platea di coloro che assumono statine a individui a basso rischio cardiovascolare (meno del 10% di rischio), espone inutilmente queste persone agli effetti indesiderati, senza ottenere nessun indiscutibile vantaggio. La salute dell’anziano e l’invecchiamento in buona salute è una delle principali sfide comuni a tutti i paesi europei. La ricerca sulla prevenzione delle malattie croniche in tutte le sue forme, primaria, secondaria e terziaria, sono una parte essenziale della strategia volta a limitare esiti gravi per i pazienti e assicurare al contempo la sostenibilità dei sistemi sanitari. Speriamo di avere contribuito anche minimamente a questo importante obiettivo.

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