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Il nostro studio è focalizzato sull’impatto prognostico della persistenza di danno renale residuo in seguito all’insufficienza renale acuta (AKI) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS) sottoposti a una strategia invasiva. Ci sono solide evidenze in letteratura che dimostrano come l’insorgenza di AKI nei pazienti sottoposti a coronarografia e/o angioplastica percutanea (PCI) si associ a un rischio maggiore di eventi avversi fatali e non fatali.

La mortalità dell’aneurisma dissecante dell’aorta ascendente di tipo A è tuttora elevata (soprattutto nelle prime 24 ore) nonostante i progressi degli ultimi anni nel trattamento chirurgico o endovascolare. Benché la maggior parte dei pazienti venga trattata in urgenza alcuni pazienti non vengono operati rapidamente soprattutto quando sia presente uno stato di ipotensione o shock o perché decedono prima dell’intervento.

Poiché ci sono pochi dati sulla storia naturale dei pazienti con aneurisma dell’aorta ascendente (AA), esiste molta incertezza sul timing dell’intervento. Inoltre non ci sono studi randomizzati che guidino il clinico nel porre l’indicazione chirurgica, individuando cioé il momento in cui il rischio di dissezione (AD) conseguente alla dilatazione del vaso superi il rischio operatorio.

Un aneurisma dissecante di tipo B (ADB) è una patologia che riguarda 3 pazienti su 100.000 persone e nel 60% dei casi decorre senza complicanze. In questi casi rimane incertezza sul trattamento, se ci si debba affidare all’osservazione ed alla sola terapia medica oppure utilizzare tecniche endovascolari (TEVAR).

L'impatto della disfunzione ventricolare sinistra sugli outcomes clinici nei pazienti con malattia del tronco comune non protetto (ULMCA) sottoposti a rivascolarizzazione percutanea (PCI, percutaneous coronary intervention) o chirurgica (CABG, coronary artery bypass grafting) non è ben definito.

Un paziente di circa 20 anni, senza antecedenti cardiologici di rilievo, giunge in Pronto Soccorso (PS) per dolore toracico e dispnea riferendo, inoltre, cardiopalmo e sintomi delle prime vie respiratorie occorsi circa 3 giorni prima. I parametri vitali sono nella norma eccetto per una saturazione dell’ossigeno pari a 89% in aria ambiente. Il paziente presenta una perdita di conoscenza circa 20 minuti dopo con ipotensione arteriosa (67/43 mmHg). L'ECG all’arrivo in PS e quello dopo la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione sono mostrati nelle figure A e B.

Il gradiente attraverso una stenosi è espresso dalla relazione ΔP = fQ + sQ2, dove f indica il coefficiente di attrito, s indica il coefficiente di separazione e Q indica il flusso. In presenza di una stenosi focale il coefficiente di separazione prevale, in modo più marcato durante iperemia.

Lo studio AMICRO aggiunge evidenze sul valore dell’IMR misurato subito dopo l’angioplastica primaria come predittore della variazione della funzione sistolica del ventricolo sinistro. In particolare abbiamo evidenziato una correlazione tra il valore di IMR ed il cambiamento della funzione ventricolare sinistra nei pazienti con infarto miocardico anteriore cioè nei casi dove vi era una importante quota di miocardio a rischio.

Valori elevati di colesterolo HDL (HDL-C) sono stati associati a una diminuzione del rischio cardiovascolare. Inoltre, l’utilizzo di farmaci che inibiscono la proteina di trasferimento del colesterolo esterificato, che aumentano HDL-C, hanno dato risultati clinici molto deludenti.

Le statine sono un caposaldo importante della prevenzione primaria e secondaria delle vasculopatie su base aterosclerotica. Le meta-analisi della Cholesterol Treatment Trialists’ (CTT) collaboration hanno mostrato una relazione logaritmico/lineare tra riduzione di colesterolo LDL e diminuzione del rischio relativo (RRR) degli eventi cardiovascolari. Una riduzione di colesterolo LDL di 38.7 mg/Dl comporta una diminuzione del 21% degli eventi vascolari maggiori e del 10% della mortalità per ogni causa. Tuttavia, queste analisi si riferiscono a endpoint compositi che spesso includono componenti soggettive, quali la necessità di rivascolarizzazione. Inoltre, riportare i dati come RRR e non fornire contestualmente anche la riduzione del rischio assoluto (ARR) non esprime compiutamente la portata clinica dell’intervento farmacologico.

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