Leggi tutti gli articoli

L’uso di cangrelor può essere una strategia valida durante procedure di PCI complessa che, notoriamente, espongono i pazienti ad alto rischio di complicanze trombotiche durante la procedura stessa e nell’immediato periodo post-PCI. Tuttavia, la transizione da cangrelor a inibitore orale del recettore P2Y12 è potenzialmente critica perché potrebbe esporre i pazienti a un rischio di inadeguata inibizione piastrinica post-PCI e, dunque, a rischio di complicanze acute e pericolose come la trombosi acuta di stent. Specificamente, nel nostro studio abbiamo osservato che molti pazienti che ricevono clopidogrel in dose di carico, somministrata a fine infusione di cangrelor, presentano una inadeguata inibizione piastrinica nelle ore successive.

L’ipertensione è una condizione clinica molta diffusa, non sempre di facile controllo farmacologico e dalle conseguenze spesso severe. La denervazione renale per via endovascolare è stata proposta come trattamento aggiuntivo a quello medico, ma i risultati iniziali ottenuti con questa procedura hanno dati contrastanti.

Molti pazienti con valvulopatia mitralica non sono operati perchè considerati ad alto rischio chirurgico. In questi pazienti l’impianto transcatetere di una protesi aortica “balloon expandable” può rappresentare una soluzione accettabile per il minor rischio connesso all’intervento. Lo studio MITRAL (Mitral Implantation of Transcatheter Valves) è il primo studio prospettico, condotto in 13 centri statunitensi, che ha valutato l’outcome di pazienti sottoposti a impianto transcatetere di valvola aortica in sede mitralica per insufficienza valvolare da calcificazione severa (ViMAC), disfunzione di anello da annuloplastica (MViR) e di protesi biologica (MViV) precedentemente impiantata. I risultati a 1 anno sono stati già pubblicati ma mancano dati su un follow-up più prolungato.

Un risultato fisiologico subottimale, valutato con FFR o iFR dopo stenting di una lesione coronarica, si correla con una prognosi non soddisfacente ed è stato attribuito alla presenza di una coronaropatia diffusa. Alcuni dati recenti hanno tuttavia dimostrato che variabili correlate all’impianto dello stent, come una incompleta espansione, possono generare una riduzione di FFR attraverso lo stent (osservata attraverso un pullback della guidina durante iperemia) dando luogo a un gradiente trans-stent (TSG) che può avere valenza prognostica.

1. Voors AA, Angermann CE, Teerlink JR, Collins SP, Kosiborod M, Biegus J, et al. The SGLT2 inhibitor empagliflozin in patients hospitalized for acute heart failure: a multinational randomized trial. Nat Med 2022;28:568–574. https://doi.org/10.1038/s41591- 021-01659-1. The results suggest that the initiation of empagliflozin as part of usual care in patients who are hospitalized for acute heart failure will result in a clinically meaningful benefit in 90 days without safety concerns. 2. Solomon SD, McMurray JJV, Claggett B, de Boer RA, DeMets D, Hernandez AF, et al. Dapagliflozin in heart failure with mildly reduced and preserved ejection fraction. N Engl J Med 2022;387:1089–1098. https://doi.org/10.1056/NEJMoa2206286. Dapagliflozin reduced the combined risk of worsening heart failure or cardiovascular death among patients with heart failure and a mildly reduced or preserved ejection fraction. 3. Jhund PS, Kondo T, Butt JH, Docherty KF, Claggett BL, Desai AS, et al. Dapagliflozin and outcomes across the range of ejection fraction in patients with heart failure: a pooled analysis of DAPA-HF and DELIVER. Nat Med 2022 (9):1956-1964. https://doi. org/10. 1038/s41591-022-01971-4. In a patient-level pooled meta-analysis covering the full range of ejection fractions in patients with heart failure, dapagliflozin reduced the risk of death from cardiovascular causes and hospital admissions for heart failure.

Perchè i due trial divergono in maniera così importante nei rispettivi risultati? Infatti, non è stata osservata alcuna differenza tra le due strategie in FLOWER-MI mentre è stata osservata una netta prevalenza della strategia guidata da FFR in FRAME AMI (che ha peraltro arruolato un numero decisamente inferiore di pazienti rispetto a FLOWER-MI), con riduzione anche di infarto miocardico e mortalità. In FRAME AMI la differenza di eventi si è osservata nella popolazione NSTEMI, non arruolata in FLOWER-MI.

L’impatto della terapia cronica con statine nei pazienti ospedalizzati con COVID-19 rimane sconosciuto e rappresenta l’oggetto del presente studio di coorte. Di 43.950 pazienti con COVID-19 ricoverati tra gennaio e settembre 2020, in 185 ospedali statunitensi, 38.875 pazienti ha soddisfatto i criteri di inclusione e 23.066 sono stati inseriti nella coorte con campionamento propensity-matched (11.533 [30%] erano in trattamento con statine precedentemente all’ospedalizzazione). L’endpoint primario era la mortalità per tutte le cause. I pazienti in trattamento con statine presentavano un rischio relativo inferiore del 20% rispetto a quelli non in trattamento (odds ratio [OR] 0.80, 95% CI 0.74-0.86, p<0.001), un rischio inferiore del 23% di mortalità per COVID-19 (OR 0.77, 95% CI 0.71-0.86, p<0.001) e un rischio inferiore del 16% di ricovero in terapia intensiva (OR 0.84, 95% CI 0.79-0.89, p<0.001). In conclusione, l'utilizzo cronico di statine è associato a una riduzione della mortalità e a un miglioramento degli esiti clinici nei pazienti ospedalizzati con COVID-19.

Abstract Background: Coronary vasomotor abnormalities are important causes of myocardial ischemia in patients with nonobstructive coronary artery disease (NOCAD). However, the role of air pollution in determining coronary vasomotor disorders has never been investigated. Objectives: We aimed to evaluate the association between long-term exposure to particulate matter 2.5 (PM2.5) and 10 (PM10), and coronary vasomotor disorders in NOCAD patients. Methods: Patients with myocardial ischemia and NOCAD undergoing coronary angiography and intracoronary provocation test with acetylcholine were prospectively studied. Both patients with chronic myocardial ischemia and nonobstructive coronary arteries and myocardial infarction with nonobstructive coronary arteries (MINOCA) were enrolled. Based on each case’s home address, exposure to PM2.5 and PM10 was assessed. Results: We included 287 patients (median age, 62.0 years [IQR: 52.0-70.0 years], 149 [51.9%]males); there were 161 (56.1%) myocardial ischemia and nonobstructive coronary arteries and 126 (43.9%) MINOCA cases. One hundred seventy-six patients (61.3%) had positive provocation test. Exposure to PM2.5 and PM10 was higher in patients with a positive provocation test (p<0.001). At multivariate logistic regression analysis, PM2.5 and PM10 were independent predictors of a positive provocation test (p=0.001and p=0.029, respectively). Interestingly, among these patients, PM2.5 and PM10 were both independent predictors of MINOCA (p< 0.001 and p=0.001, respectively) as clinical presentation, whereas PM2.5 was independently associated with the occurrence of epicardial spasm as opposed to microvascular spasm (p=0.001). Conclusions: Higher exposure to PM2.5 and PM10 in patients with myocardial ischemia and NOCAD is associated with coronary vasomotor abnormalities. In particular, PM2.5 is an independent risk factor for the occurrence of epicardial spasm and MINOCA as clinical presentation.

Le complicanze trombotiche ed emorragiche non sono infrequenti nei pazienti sottoposti a TAVI. A lungo si è discusso su un possibile ruolo terapeutico degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) sia in sostituzione degli inibitori della vitamina K (VKA), quando vi è indicazione a una terapia anticoagulante (generalmente per la coesistenza di fibrillazione atriale) sia in luogo della terapia antiaggregante piastrinica, usualmente utilizzata in questi pazienti dopo TAVI in assenza di una indicazione a terapia anticoagulante.

La limitazione principale degli studi randomizzati (RCT) rivolti ai pazienti con cardiopatia ischemica, caratterizzata anatomicamente da occlusione coronarica cronica (CTO) nell’individuare l’efficacia degli interventi percutanei di rivascolarizzazione (PCI) rispetto alla terapia medica, risiede nel fatto che i pazienti più sintomatici e a più alto rischio, per motivi etici, non vengono solitamente inclusi. Ne deriva quindi difficoltà nell’arruolamento e nel raggiungimento di endpoint clinici “hard” al follow-up, come la mortalità e l’infarto miocardico. Non è noto, inoltre, se i RCT, sinora eseguiti in questi pazienti, siano effettivamente rappresentativi della popolazione con cardiopatia ischemica e presenza di CTO osservata nel mondo reale.

Cerca un articolo
Gli articoli più letti
Rubriche
Leggi i tuoi articoli salvati
La tua lista è vuota