Cardioversione farmacologica o elettrica in pronto soccorso per la fibrillazione atriale di recente insorgenza: quale il miglior approccio per ottenere in fretta il ritmo sinusale

Indice

Inquadramento

La fibrillazione atriale acuta (di insorgenza recente, sintomatica) è sicuramente l’aritmia di più frequente osservazione nei Pronto Soccorso e Dipartimenti di Emergenza, e una delle cause più frequenti di accesso a tali strutture: la modalità di approccio a tale aritmia possono essere il semplice controllo della frequenza per mitigare i sintomi, per programmare eventualmente una successiva cardioversione, ovvero il tentativo di ripristinare da subito il ritmo sinusale[1]Pluymaekers NAHA, Dudink EAMP, Luermans JGLM, et al. for the RACE 7 ACWAS Investigators: “Early or Delayed Cardioversion in Recent-Onset Atrial Fibrillation”. N Engl J Med 2019;380:1499-508.. Questo secondo approccio viene generalmente preferito, per consentire la veloce dimissione dai Pronto Soccorso, notevolmente oberati da altre patologie, specie in questi periodi. La precoce cardioversione, oltre a evitare il ricovero, minimizza il ripresentarsi in ospedale nei giorni successivi, e può anche limitare l’uso di anticoagulanti, ove non ci fosse l’indicazione per un trattamento cronico. Non è ancora definita la migliore strategia per il ripristino del ritmo sinusale: se sia preferibile la cardioversione farmacologica, oppure si debba passare direttamente alla cardioversione elettrica, sempre in termini di efficacia, di rapidità di intervento e di minimizzazione degli eventi avversi.

Lo studio in esame

In questo studio – randomizzato multicentrico – sono stati valutati due differenti protocolli in 396 pazienti giunti in dipartimento di emergenza di 11 istituzioni accademiche canadesi, per fibrillazione atriale definita “acuta”, insorta da 3 fino a 48 ore precedenti. Venivano esclusi i pazienti emodinamicamente instabili, quelli con sindrome coronarica acuta e con scompenso cardiaco acuto, e i pazienti con fibrillazione atriale secondaria ad altre condizioni clinicamente gravi. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere 5 procainamide 15 mg/Kg in 30’, seguiti da eventuale cardio[1]versione elettrica (max 3 shock bifasici a 200 J) (drug-shock group), oppure a ricevere placebo ev e successiva cardioversione elettrica (shock-only group). Nei pazienti cardiovertiti è stata eseguita un’ulteriore randomizzazione relativa al posizionamento dalle placche di cardioversione, in posizione cioè anteroposteriore oppure anterolaterale. L’outcome primario era la conversione a ritmo sinusale per almeno 30’. Nel gruppo drug-shock è stato ottenuto il ritmo sinusale nel 96% dei casi, nel 52% dei casi dopo la sola infusione. Nel gruppo shock-only si è ottenuta la cardioversione nel 92% dei casi (9% con infusione di placebo). La differenza è risultata debolmente positiva solo all’analisi intention to treat modificata (p=0,04). Nessuna differenza negli altri endpoint, come mostra la Tabella. Infine, non si è avuta nessuna differenza nel tasso di conversione a ritmo sinusale, con le due differenti configurazioni di posizionamento delle placche (92% anteroposteriore, 94% anterolaterale).

Take home message

Nella fibrillazione atriale di recente insorgenza sintomatica, la cardioversione immediata è facilmente ottenibile in breve tempo nella maggior parte dei pazienti. Non vi è differenza, in termini di ripresa del ritmo sinusale, fra la strategia di utilizzo del farmaco per via venosa, seguita da eventuale cardioversione elettrica rispetto all’utilizzo diretto della cardioversione elettrica. Il farmaco antiaritmico (la procainamide nello specifico) è in grado comunque di cardiovertire i pazienti in circa il 50% dei casi.

Commento

I risultati di questo studio confermano per larga parte quella che è la consuetudine nella maggior parte dei Pronto Soccorso anche in Europa, di procedere cioè, in caso di fibrillazione atriale di recente insorgenza, alla cardioversione, spesso iniziando con un tentativo farmacologico seguito eventualmente dal DC shock. Questa strategia consente di dimettere in breve tempo i pazienti dal Pronto Soccorso, minimizzare le ospedalizzazioni e i rientri in ospedale, ridurre la necessità di instaurare la terapia anticoagulante quando non ve ne sia l’indicazione. Nello studio in esame è stata impiegata la procainamide, farmaco di classe 1 A, noto per possedere notevole capacità di cardioversione della fibrillazione atriale; tale farmaco non è usato in Europa, mentre in Canada, dove è stato condotto lo studio, non si ha disponibilità di propafenone e flecainide, indicati dalle linee guida europee[2]Kirchhof P, Benussi S, Kotecha D, et al. 2016 ESC guidelines for the management of atrial fibrillation developed in collaboration with EACTS. Eur Heart J 2016;37:2893-962. come farmaci di prima scelta per la cardioversione in acuto della fibrillazione atriale, in assenza di grave cardiopatia. Le stesse linee guida prevedono l’uso di vernakalant o amiodarone nella cardiopatia ischemica, nello scompenso cardiaco moderato e nella ipertrofia ventricolare sinistra severa, e del solo amiodarone nello scompenso cardiaco severo. L’amiodarone, ampiamente usato nei nostri Pronto Soccorso, ha un tasso di cardioversione leggermente inferiore a flecainide e propa[1]fenone ma, soprattutto, ha un tempo di efficacia molto più lungo. Indipendentemente comunque dal farmaco usato, rimane valido il concetto che farmaco + shock sono ugualmente efficaci rispetto allo shock diretto, ma l’utilizzo di un farmaco risparmia frequentemente la cardioversione elettrica, con necessità di sedazione, coinvolgimento di anestesista, difficoltà organizzative. Infine, la posizione delle placche (anteroposteriore vs. anterolaterali) non influenza l’efficacia della cardioversione, anche se probabilmente la posizione anteroposteriore ha una soglia di defibrillazione più bassa, non evidenziata nello studio dall’utilizzo di energie di shock piuttosto alte (20 J bifasici x 3).

L’opinione di Giovanni Luca Botto

ASST Rhodense, Ospedali di Rho & Garbagnate Milanese

Lo studio RAFF2 ripropone l’annoso confronto tra la cardioversione farmacologica eventualmente seguita dalla cardioversione elettrica e la cardioversione elettrica diretta (senza pre-trattamento farmacologico) nei pazienti con fibrillazione atriale di recente insorgenza (durata media 14-17 ore, 64% dei pazienti con durata inferiore a 48h). I risultati non possono essere considerati definitivi in quanto mal interpretabili: l’efficacia della cardioversione non è stata giudicata in merito alla capacità di interruzione dell’aritmia ma, piuttosto, al mantenimento del ritmo sinusale per almeno 30 minuti dopo l’avvenuta conversione. Ciò avvantaggia, indiscutibilmente, la strategia farmacologica (senza o con cardioversione elettrica susseguente) vs. la strategia elettrica ab-initio, per la capacità aggiuntiva della prima di mantenere il ritmo dopo cardioversione avvenuta, evento per il quale la seconda non può avere alcun effetto. Dimostrazione di ciò si individua nel fatto che l’analisi ITT modificata dimostrerebbe addirittura una significativa superiorità della strategia farmacologica su quella elettrica (97% vs. 92% di conversione secondo la definizione di cui sopra, p=0.04). L’aspetto pratico è, comunque, un altro: il tempo medio di permanenza dei pazienti in Pronto Soccorso era superiore alle 7 ore per entrambi i trattamenti, durata che io giudico troppo elevata. In una popolazione molto simile di pazienti con fibrillazione atriale di recente insorgenza (durata <36h), una strategia di gestione dilazionata dell’aritmia acuta (controllo della frequenza, dimissione precoce dal Pronto Soccorso e rivalutazione del paziente entro 36 ore) si è dimostrata non inferiore nel ripristino del ritmo sinusale rispetto alla strategia convenzionale di cardioversione farmacologica e/o elettrica in Pronto Soccorso, consentendo però un risparmio del 52% delle procedure di cardioversione (61 vs. 171 cardioversioni farmacologiche/elettriche) e, soprattutto, con una mediana della durata di permanenza del paziente in Pronto Soccorso di sole 2h[3]Kirchhof P, Benussi S, Kotecha D, et al. 2016 ESC guidelines for the management of atrial fibrillation developed in collaboration with EACTS. Eur Heart J 2016;37:2893-962.. Anche la valutazione della tecnica (posizionamento delle placche antero-laterale o antero-posteriore) con la quale si esegue la cardioversione elettrica ha prodotto risultati discutibili. Lo studio non avrebbe avuto una potenza sufficiente per dimostrare alcuna differenza tra le due strategie (168 pazienti in totale). In conclusione, lo studio RAFF2 non cambierà la mia pratica clinica, la strategia “wait-and-see” è la mia preferita nella gestione dei pazienti con fibrillazione atriale di recente insorgenza, così come, se mai il paziente dovesse necessitare una cardioversione elettrica, erogherò sempre il primo shock con le placche in posizione antero-posteriore, dimostratasi superiore in termine di interruzione dell’aritmia, in molti studi della letteratura.

Bibliografia

Bibliografia
1 Pluymaekers NAHA, Dudink EAMP, Luermans JGLM, et al. for the RACE 7 ACWAS Investigators: “Early or Delayed Cardioversion in Recent-Onset Atrial Fibrillation”. N Engl J Med 2019;380:1499-508.
2, 3 Kirchhof P, Benussi S, Kotecha D, et al. 2016 ESC guidelines for the management of atrial fibrillation developed in collaboration with EACTS. Eur Heart J 2016;37:2893-962.

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