Dal Journal of Cardiovascular Medicine

The multidisciplinary heart team approach for patients with cardiovascular disease: a step towards personalized medicine.

Nonostante i benefici dell’Heart Team siano unanimemente riconosciuti, esistono ancora incertezze riguardo l’evoluzione temporale del livello di accordo e sull’impatto dell’Heart Team sugli eventi clinici. Nel 2015-2016,
un cardiochirurgo e un cardiologo hanno esaminato in modo indipendente i dati clinici di 100 pazienti (Gruppo 1, G1) e, successivamente, hanno raccomandato per ogni paziente un trattamento (chirurgico, percutaneo, ibrido, terapia medica) o ulteriori indagini diagnostiche. Il giorno successivo,
ogni caso è stato discusso dall’Heart Team dello stesso centro. La stessa procedura di studio è stata ripetuta nel 2017 in un secondo
(G2) e nel 2018 in un terzo (G3) gruppo, entrambi comprendenti 100 pazienti.

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Cost-effectiveness of empagliflozin in heart failure patients irrespective of ejection fraction in England.

L’insufficienza cardiaca (HF) è una sindrome complessa comunemente classificata in base al grado di riduzione della frazione di eiezione (EF) ventricolare. Sebbene l’empagliflozin sia il primo farmaco approvato con efficacia clinica comprovata, il suo rapporto costo-efficacia nel trattamento dell’intera popolazione di pazienti con HF rimane sconosciuto. Empagliflozin + standard di cura (SoC) è risultato associato a 6.13 anni di vita (LY) e 3.92 anni di vita aggiustati per la qualità (QALY), rispetto a 5.98 LY e 3.76 QALY con il trattamento standard (SoC), con una differenza incrementale di 0.15 LY e 0.16 QALY, rispettivamente. I costi sanitari totali per paziente nell’arco della vita sono di 15.246 sterline per empagliflozin + SoC e di 13.982 sterline per SoC, con una differenza incrementale di 1.264 sterline. In conclusione, l’empagliflozin è la prima opzione terapeutica approvata, efficace e con un discreto rapporto costo-efficacia per i pazienti con HF, indipendentemente dalla EF.

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Serum levels of 25-oh vitamin d levels predict cognitive impairments among acute coronary syndrome patients.

Il deterioramento cognitivo dopo rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) è stata poco investigata in passato. Questo studio ha esaminato la funzione cognitiva post-operatoria di 284 pazienti sottoposti a PCI (arruolati in un unico centro dal 2019 al 2022) suddivisi in due gruppi: deterioramento cognitivo (CI, n=82) e senza deterioramento cognitivo (NCI, n=186) in base alla scala di valutazione cognitiva di Montreal. I livelli sierici di 25(OH)D3 dei partecipanti al momento del ricovero e i livelli sierici di enolasi neurone-specifica (NSE), proteina gliale fibrillare acida (GFAP) e S100β sono stati misurati 21 giorni dopo la PCI. Età superiore a 65 anni, ipertensione, durata della PCI superiore a 60 minuti, frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 50% e 25(OH) D3 sierico inferiore a 31.4 ng/ml, sono risultati predittori indipendenti di rischio nei pazienti con ACS. I livelli sierici di 25(OH)D3, NSE, S100β e GFAP sono risultati significativamente più alti nei pazienti con deterioramento cognitivo. In conclusione, i livelli sierici di NSE, S100β e GFAP, nel periodo postoperatorio, correlano significativamente con i livelli sierici di 25(OH)D3 all’ammissione. I livelli sierici di 25(OH)D3 sono predittori di deterioramento cognitivo nei pazienti con ACS dopo PCI.

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Effect of sodium-glucose cotransporter 2 inhibitors on left atrial remodeling and prognosis in patients with type 2 diabetes and heart failure with reduced ejection fraction.

I meccanismi fisiopatologici della riduzione del numero di ospedalizzazioni e della mortalità cardiovascolare documentata dagli inibitori del cotrasportatore 2 del sodio-glucosio (SGLT2i) restano sconosciuti. Lo scopo del presente studio retrospettivo (2019-2022) è stato quello di valutare se gli SGLT2i migliorino il rimodellamento dell’atrio sinistro nei pazienti con diabete di tipo 2 e insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). L’endpoint primario dello studio era la mortalità per tutte le cause.

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Natural history and clinical burden of moderate aortic stenosis: a systematic review and explorative meta-analysis

Il rischio di mortalità nei pazienti con stenosi aortica moderata non è ben definito, sebbene
studi recenti abbiano evidenziato che potrebbe avere implicazioni prognostiche negative.
In questa revisione sistematica della letteratura, gli Autori hanno valutato la storia naturale e le implicazioni prognostiche della stenosi aortica moderata (15 studi, n=11.596 pazienti).
Tutti i pazienti con stenosi aortica lieve o senza stenosi aortica sono stati considerati controlli. La mortalità per tutte le cause è risultata significativamente più elevata tra i pazienti con stenosi aortica moderata rispetto ai controlli (p<0.0001). La frazione di eiezione ventricolare sinistra e il sesso non hanno avuto un impatto significativo sulla prognosi dei pazienti con stenosi aortica moderata (p=0.46 e p=0.58, rispettivamente), mentre l'aumento dell'età ha mostrato un'interazione significativa con la mortalità. In conclusione, la stenosi aortica moderata è associata a rischio aumentato di mortalità, sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare l'impatto prognostico di questa valvulopatia e il possibile beneficio della sostituzione valvolare aortica.

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Effect of acute corticosteroids on conduction defects after transcatheter aortic valve implantation: the CORTAVI study.

Le anomalie della conduzione elettrica sono complicanze frequenti nei pazienti sottoposti a impianto transcatetere di bioprotesi aortica (TAVI). Sebbene il processo infiammatorio locale e l’edema svolgano un ruolo nello sviluppo dei disturbi elettrici, il potenziale effetto protettivo dei corticosteroidi sui disturbi di conduzione dopo TAVI rimane sconosciuto. In questo studio retrospettivo (n=96 pazienti TAVI), 32 pazienti (34%) hanno ricevuto prednisone orale 50 mg per 5 giorni dopo la TAVI. Non sono state osservate differenze nelle caratteristiche cliniche o procedurali tra i pazienti esposti al trattamento con glucocorticoidi rispetto a quelli non esposti. L’incidenza di impianto di Pacemaker (PM) durante il ricovero è risultata comparabile tra i due gruppi (12% vs 17%, p=0.76), così come l’incidenza di blocco atrioventricolare (9% vs 9%, p=0.89), blocco di branca destra (6% vs 11%, p=0.71) e blocco di branca sinistra (34% vs 31%, p=0.9). A 2 anni dalla TAVI, nessuno dei pazienti è stato sottoposto a impianto di PM o ha presentato aritmie gravi. In conclusione, il trattamento con prednisone orale non sembra ridurre significativamente l’incidenza di disturbi elettrici richiedenti l’impianto di PM dopo la TAVI.

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Mitral annular calcification as a predictor of stroke in the multiethnic study of atherosclerosis.

La calcificazione dell’annulus mitralico (MAC) è associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Tuttavia, l’impatto della MAC sull’insorgenza di eventi cerebrovascolari rimane sconosciuto e rappresenta l’obiettivo del presente studio, che ha incluso 6.814 pazienti arruolati in studi multietnici sull’aterosclerosi, sottoposti a tomografia computerizzata (TC) cardiaca. Complessivamente, il 9% dei partecipanti presentava MAC al basale. A un follow-up di 15 anni, si sono verificati 304 ictus (di cui il 79% erano ischemici). Dopo l’aggiustamento per multipli fattori clinici, la MAC al basale è risultata associata a un aumento del rischio di ictus (hazard ratio [HR]: 1.68; intervallo di confidenza [CI] al 95%: 1.22-2.30; P=0.0013). Con l’inclusione di fibrillazione/flutter atriale e delle dimensioni dell’atrio sinistro nel modello multivariato finale, la MAC si è confermata predittore indipendente di ictus (HR: 1.93; 95% CI: 1.22-3.05; P<0.005) e di ictus ischemico (HR: 2.03; 95% CI: 1.24-3.31; P<0.005). In conclusione, la MAC è un predittore indipendente di rischio di ictus a lungo termine, in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare convenzionali e alla fibrillazione atriale.

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Clinical manifestations of cancer in patients with acute pulmonary embolism

Le neoplasie aumentano il rischio di embolia polmonare (PE) acuta attraverso diversi meccanismi fisiopatologici. In questo studio di 366 pazienti consecutivi con diagnosi di PE acuta (età media 65.0 ± 16.6 anni, 59% donne), i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: i casi neoplasia-negativi (83%), ossia senza una concomitante neoplasia attiva o storia di neoplasia, e quelli positivi (17%). Tra i pazienti con neoplasia (-) e neoplasia (+) sono state evidenziate differenze statisticamente significative (P < 0.05) per i seguenti fattori di rischio: BMI, tabagismo, emoglobina, ematocrito, globuli rossi, urea, velocità di filtrazione glomerulare, troponina T ad alta sensibilità, proteina C-reattiva (CRP), D-dimero e NT-proBNP. All’analisi di regressione univariata Cox, gli hazard ratio e gli odds ratio stimati, rispettivamente, per il rischio di morte anticipata per cancro e per un episodio secondario di PE acuta nei pazienti con neoplasia sono risultati più di tre volte superiori rispetto ai pazienti senza neoplasia (P < 0.05). In conclusione, molteplici fattori clinici sono utili nella stratificazione prognostica dei pazienti con PE acuta e neoplasia. I pazienti con neoplasia dovrebbero essere trattati con terapia anticoagulante dopo un episodio di PE per prevenire successive recidive e ridurre il rischio di mortalità.

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Using machine learning algorithms to identify chronic heart disease: national health and nutrition examination survey 2011-2018.

Nonostante le malattie cardiovascolari rappresentino la prima causa di mortalità e morbidità nei Paesi Occidentali, un modello di valutazione del rischio di cardiopatia ischemica cronica (CHD), al fine di una diagnosi precoce e trattamento tempestivo, rimane un obiettivo auspicabile. In questo studio, mediante l’utilizzo di quattro modelli di machine learning (regressione logistica, SVM, random forests e XGBoost), sono stati analizzati 14.971 partecipanti al National Health and Nutrition Examination Survey dal 2011 al 2018. Tra i quattro tipi di modelli, SVM è risultato associato alla migliore performance (AUC = 0.898), mentre i valori AUC della regressione logistica e del random forests sono stati rispettivamente 0.895 e 0.894. Il modello XGBoost ha invece ottenuto le prestazioni peggiori (AUC 0.891). Le tre variabili più significative sono risultate l’assunzione di ASA a basso dosaggio, il dolore toracico e la quantità totale di integratori alimentari assunti. In conclusione, tutti i modelli studiati sono risultati capaci di identificare l’insorgenza di CHD con una differente performance in base al modello considerato.

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Endothelial function predicts 5-year adverse outcome in patients hospitalized in an emergency department chest pain unit

Sebbene la funzione endoteliale sia un noto marker di rischio cardiovascolare, la sua valutazione non viene effettuata di routine nella pratica clinica. Inoltre, se la presenza di disfunzione endoteliale si associ a un rischio aumentato di eventi cardiovascolari avversi maggiori, (MACE, inclusi mortalità per tutte le cause, infarto miocardico, ricovero per insufficienza cardiaca o angina pectoris, ictus, bypass aorto-coronarico e interventi coronarici percutanei) durante il follow-up, è sconosciuto. In questo studio sono stati analizzati 300 pazienti consecutivi, senza nota malattia coronarica, ammessi a un’unità di dolore toracico (CPU) e sottoposti ad angiografia coronarica computerizzata (CCTA) o scintigrafia.

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