Dal Journal of Cardiovascular Medicine

Natural history and clinical burden of moderate aortic stenosis: a systematic review and explorative meta-analysis

Il rischio di mortalità nei pazienti con stenosi aortica moderata non è ben definito, sebbene
studi recenti abbiano evidenziato che potrebbe avere implicazioni prognostiche negative.
In questa revisione sistematica della letteratura, gli Autori hanno valutato la storia naturale e le implicazioni prognostiche della stenosi aortica moderata (15 studi, n=11.596 pazienti).
Tutti i pazienti con stenosi aortica lieve o senza stenosi aortica sono stati considerati controlli. La mortalità per tutte le cause è risultata significativamente più elevata tra i pazienti con stenosi aortica moderata rispetto ai controlli (p<0.0001). La frazione di eiezione ventricolare sinistra e il sesso non hanno avuto un impatto significativo sulla prognosi dei pazienti con stenosi aortica moderata (p=0.46 e p=0.58, rispettivamente), mentre l'aumento dell'età ha mostrato un'interazione significativa con la mortalità. In conclusione, la stenosi aortica moderata è associata a rischio aumentato di mortalità, sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare l'impatto prognostico di questa valvulopatia e il possibile beneficio della sostituzione valvolare aortica.

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Effect of acute corticosteroids on conduction defects after transcatheter aortic valve implantation: the CORTAVI study.

Le anomalie della conduzione elettrica sono complicanze frequenti nei pazienti sottoposti a impianto transcatetere di bioprotesi aortica (TAVI). Sebbene il processo infiammatorio locale e l’edema svolgano un ruolo nello sviluppo dei disturbi elettrici, il potenziale effetto protettivo dei corticosteroidi sui disturbi di conduzione dopo TAVI rimane sconosciuto. In questo studio retrospettivo (n=96 pazienti TAVI), 32 pazienti (34%) hanno ricevuto prednisone orale 50 mg per 5 giorni dopo la TAVI. Non sono state osservate differenze nelle caratteristiche cliniche o procedurali tra i pazienti esposti al trattamento con glucocorticoidi rispetto a quelli non esposti. L’incidenza di impianto di Pacemaker (PM) durante il ricovero è risultata comparabile tra i due gruppi (12% vs 17%, p=0.76), così come l’incidenza di blocco atrioventricolare (9% vs 9%, p=0.89), blocco di branca destra (6% vs 11%, p=0.71) e blocco di branca sinistra (34% vs 31%, p=0.9). A 2 anni dalla TAVI, nessuno dei pazienti è stato sottoposto a impianto di PM o ha presentato aritmie gravi. In conclusione, il trattamento con prednisone orale non sembra ridurre significativamente l’incidenza di disturbi elettrici richiedenti l’impianto di PM dopo la TAVI.

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Mitral annular calcification as a predictor of stroke in the multiethnic study of atherosclerosis.

La calcificazione dell’annulus mitralico (MAC) è associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Tuttavia, l’impatto della MAC sull’insorgenza di eventi cerebrovascolari rimane sconosciuto e rappresenta l’obiettivo del presente studio, che ha incluso 6.814 pazienti arruolati in studi multietnici sull’aterosclerosi, sottoposti a tomografia computerizzata (TC) cardiaca. Complessivamente, il 9% dei partecipanti presentava MAC al basale. A un follow-up di 15 anni, si sono verificati 304 ictus (di cui il 79% erano ischemici). Dopo l’aggiustamento per multipli fattori clinici, la MAC al basale è risultata associata a un aumento del rischio di ictus (hazard ratio [HR]: 1.68; intervallo di confidenza [CI] al 95%: 1.22-2.30; P=0.0013). Con l’inclusione di fibrillazione/flutter atriale e delle dimensioni dell’atrio sinistro nel modello multivariato finale, la MAC si è confermata predittore indipendente di ictus (HR: 1.93; 95% CI: 1.22-3.05; P<0.005) e di ictus ischemico (HR: 2.03; 95% CI: 1.24-3.31; P<0.005). In conclusione, la MAC è un predittore indipendente di rischio di ictus a lungo termine, in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare convenzionali e alla fibrillazione atriale.

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Clinical manifestations of cancer in patients with acute pulmonary embolism

Le neoplasie aumentano il rischio di embolia polmonare (PE) acuta attraverso diversi meccanismi fisiopatologici. In questo studio di 366 pazienti consecutivi con diagnosi di PE acuta (età media 65.0 ± 16.6 anni, 59% donne), i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: i casi neoplasia-negativi (83%), ossia senza una concomitante neoplasia attiva o storia di neoplasia, e quelli positivi (17%). Tra i pazienti con neoplasia (-) e neoplasia (+) sono state evidenziate differenze statisticamente significative (P < 0.05) per i seguenti fattori di rischio: BMI, tabagismo, emoglobina, ematocrito, globuli rossi, urea, velocità di filtrazione glomerulare, troponina T ad alta sensibilità, proteina C-reattiva (CRP), D-dimero e NT-proBNP. All’analisi di regressione univariata Cox, gli hazard ratio e gli odds ratio stimati, rispettivamente, per il rischio di morte anticipata per cancro e per un episodio secondario di PE acuta nei pazienti con neoplasia sono risultati più di tre volte superiori rispetto ai pazienti senza neoplasia (P < 0.05). In conclusione, molteplici fattori clinici sono utili nella stratificazione prognostica dei pazienti con PE acuta e neoplasia. I pazienti con neoplasia dovrebbero essere trattati con terapia anticoagulante dopo un episodio di PE per prevenire successive recidive e ridurre il rischio di mortalità.

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Using machine learning algorithms to identify chronic heart disease: national health and nutrition examination survey 2011-2018.

Nonostante le malattie cardiovascolari rappresentino la prima causa di mortalità e morbidità nei Paesi Occidentali, un modello di valutazione del rischio di cardiopatia ischemica cronica (CHD), al fine di una diagnosi precoce e trattamento tempestivo, rimane un obiettivo auspicabile. In questo studio, mediante l’utilizzo di quattro modelli di machine learning (regressione logistica, SVM, random forests e XGBoost), sono stati analizzati 14.971 partecipanti al National Health and Nutrition Examination Survey dal 2011 al 2018. Tra i quattro tipi di modelli, SVM è risultato associato alla migliore performance (AUC = 0.898), mentre i valori AUC della regressione logistica e del random forests sono stati rispettivamente 0.895 e 0.894. Il modello XGBoost ha invece ottenuto le prestazioni peggiori (AUC 0.891). Le tre variabili più significative sono risultate l’assunzione di ASA a basso dosaggio, il dolore toracico e la quantità totale di integratori alimentari assunti. In conclusione, tutti i modelli studiati sono risultati capaci di identificare l’insorgenza di CHD con una differente performance in base al modello considerato.

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Endothelial function predicts 5-year adverse outcome in patients hospitalized in an emergency department chest pain unit

Sebbene la funzione endoteliale sia un noto marker di rischio cardiovascolare, la sua valutazione non viene effettuata di routine nella pratica clinica. Inoltre, se la presenza di disfunzione endoteliale si associ a un rischio aumentato di eventi cardiovascolari avversi maggiori, (MACE, inclusi mortalità per tutte le cause, infarto miocardico, ricovero per insufficienza cardiaca o angina pectoris, ictus, bypass aorto-coronarico e interventi coronarici percutanei) durante il follow-up, è sconosciuto. In questo studio sono stati analizzati 300 pazienti consecutivi, senza nota malattia coronarica, ammessi a un’unità di dolore toracico (CPU) e sottoposti ad angiografia coronarica computerizzata (CCTA) o scintigrafia.

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Relationship between epicardial adipose tissue attenuation and coronary artery disease in type 2 diabetes mellitus patients

Un’elevata attenuazione del tessuto adiposo epicardico (EAT) è una caratteristica tipica della disfunzione del tessuto adiposo e si associa alla malattia aterosclerotica coronarica (CAD). L’associazione tra l’attenuazione dell’EAT e la presenza/gravità di CAD nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (T2DM) rimane sconosciuta. In questo studio sono stati inclusi 276 pazienti ricoverati con T2DM e 305 pazienti di controllo con normale metabolismo del glucosio (NGM), sottoposti a tomografia computerizzata cardiaca (CCTA) e determinazione del calcio coronarico (CAC). Sono stati, inoltre, calcolati i punteggi di stenosi segmentaria (SSS) del tronco comune (LMCA), dell’arteria discendente anteriore sinistra (LAD), dell’arteria circonflessa (LCX), dell’arteria coronaria destra (RCA), del ramo diagonale/intermedio (D/I) e del ramo marginale ottuso (OM) per stabilire la gravità della CAD. I pazienti con T2DM hanno mostrato punteggi CAC significativamente più elevati, una maggiore prevalenza di lesioni coronariche, di SSS totale e a carico dei principali rami epicardici rispetto al gruppo di controllo con NGM. Il volume di EAT era significativamente più elevato nei pazienti con T2DM, mentre l’attenuazione di EAT è risultata simile. Nei pazienti con T2DM, l’attenuazione di EAT è risultata associata a fattori di rischio cardiovascolare, alla presenza di lesioni coronariche e alla SSS totale delle lesioni calcifiche.

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Correlation between epicardial adipose tissue and atrial fibrillation burden in coronary artery bypass graft surgery

Studi recenti suggeriscono un’associazione tra tessuto adiposo epicardico (EAT) e fibrillazione atriale (AF). Le caratteristiche istologiche dell’EAT, in relazione al burden di fibrillazione atriale dopo intervento di bypass aorto-coronarico (CABG), restano ancora poco definite e rappresentano l’oggetto del presente studio che ha incluso 56 pazienti, di cui ventidue hanno presentato almeno un episodio di AF. Nel gruppo con AF, si è riscontrato un volume atriale maggiore, un grado più elevato di disfunzione diastolica e uno spessore maggiore di EAT. Il EAT con un cut-off di 4 mm è risultato un predittore indipendente di AF (odds ratio [OR]: 1.49; 95% confidence interval [CI]: 1.09-2.04) con una sensibilità del 73% e specificità del 89%. I pazienti con AF presentavano, inoltre, una percentuale significativamente maggiore di fibrosi. All’analisi multivariata, il volume atriale, la fibrosi e l’età sono risultati predittori indipendenti di fibrillazione atriale. In conclusione, lo spessore di EAT, il volume atriale, la fibrosi e l’età rappresentano predittori indipendenti di AF post-chirurgica.

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Sex differences of patients with acute chest pain evaluated through a chest pain unit

Sebbene le differenze cliniche nei pazienti con infarto miocardico acuto siano ben note, i dati relativi ai pazienti che accedono con dolore toracico (CP) sono limitati. Nel presente studio retrospettivo di 1.000 pazienti consecutivi (673 uomini e 327 donne) ammessi in un’unità del dolore toracico di un centro ospedaliero terziario, l’endpoint primario era il composito di nuovo accesso per dolore toracico, sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione e morte a 90 giorni e a 1 anno. Non si è osservata alcuna differenza per quanto riguarda la prevalenza di valutazione non invasiva tra le donne (87.8 %) e gli uomini (87.3%). Le donne avevano meno probabilità di presentare una malattia coronarica significativa alla coroTC (4.2 vs. 11.3%, P=0.005), oppure all’imaging di perfusione miocardica (4.4% vs. 7.6%, P=0.007). Di conseguenza, un minor numero di donne è stato sottoposto ad angiografia coronarica (8% vs. 14%, P=0.006) e rivascolarizzazione percutanea (2.8 vs. 7.3%, P=0.004). Durante il follow-up, non si sono osservate differenze nell’endpoint primario tra i due sessi sia a 90 giorni (odds ratio [OR] 0.91, 95% confidence interval [CI]: 0.39-2.09, P=0.82) che a 1 anno (OR 1.16, 95% CI 0.65-2.06, P=0.59).

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Clinical implications of the cardio-ankle vascular index before and after transcatheter aortic valve implantation

Le implicazioni cliniche degli indici di rigidità arteriosa nei pazienti con stenosi aortica (AS) prima e dopo la sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVI) sono sconosciute. In questo studio osservazionale monocentrico che ha arruolato 150 pazienti TAVI, l’indice vascolare cardio-caviglia (CAVI) è stato misurato prima e dopo la TAVI. I pazienti sono stati divisi in due gruppi in base ai valori di CAVI prima e dopo la TAVI. I dati clinici (morte cardiaca e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca-HF) ed ecocardiografici sono stati confrontati tra i due gruppi. I valori di CAVI pre- e post-procedurale erano rispettivamente di 7.90 (6.75-9.30) e 9.65 (8.90-10.65). La velocità di picco del flusso valvolare aortico pre-procedurale era significativamente più bassa nei pazienti con CAVI elevato.

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