Dalla letteratura internazionale

È sicura una PCI “ASA-free”?

Negli ultimi anni, una serie di studi ha messo in discussione che la doppia terapia antipiastrinica (DAPT) prescritta dopo una procedura di PCI con impianto di stent, dovesse essere continuata per 12 mesi nei pazienti con sindrome coronarica acuta e per 6 mesi in quelli con coronaropatia cronica. Una “short DAPT”, da 1 a 3 mesi, ha il vantaggio di ridurre le complicanze emorragiche ed è particolarmente indicata nei pazienti ad alto rischio di bleeding. I dati a favore di questa strategia antipiastrinica sono a oggi…

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Che tipo di protesi valvolare utilizzare nei pazienti con stenosi aortica e annulus aortico piccolo sottoposti a TAVI?

La TAVI è la modalità di sostituzione valvolare attualmente effettuata con maggiore frequenza nei pazienti con stenosi aortica severa. Tra le tipologie di protesi valvolari utilizzate, quelle “selfexpanding” presentano un comportamento emodinamico superiore rispetto alle protesi “balloon-expandable”. Queste differenze giocano un ruolo importante, particolarmente quando l’annulus aortico è piccolo, evenienza che si verifica in circa un terzo dei pazienti, più frequentemente se di sesso femminile…

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L’angioplastica coronarica può rappresentare il miglior trattamento per le placche non critiche ma vulnerabili?

Le linee guida raccomandano di sottoporre a rivascolarizzazione solo le stenosi coronariche epicardiche che siano fisiopatologicamente significative, cioè capaci di limitare il flusso in condizioni di massima vasodilatazione (positive quindi alla valutazione della riserva frazionale di flusso) o che causino una sindrome coronarica acuta. Una serie di studi prospettici ha tuttavia dimostrato come placche coronariche, che non limitino significativamente il flusso, ma posseggano alcune caratteristiche morfologiche all’imaging intravascolare…

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RIVASCOLARIZZAZIONE COMPLETA DELLE LESIONI “NON CULPRIT” NEI PAZIENTI STEMI: I DATI DELLO STUDIO FULL-REVASC

Nei pazienti STEMI la rivascolarizzazione di lesioni non-culprit è raccomandata dalle linee guida, con una classe I, livello di evidenza A. Questa indicazione proviene soprattutto dall’ampio studio COMPLETE , nel quale la decisione sul trattamento delle stenosi non culprit derivava soprattutto da una valutazione angiografica (stenosi ≥70%). In quello studio l’endpoint primario (morte cardiovascolare, infarto miocardico) veniva ridotto del 26% da una rivascolarizzazione completa mediante PCI. Gli studi in cui la decisione era basata sul valore di FFR hanno mostrato una riduzione della necessità di nuove rivascolarizzazioni, ma non avevano una numerosità tale da permettere di valutare endpoint più “hard” quali la mortalità e l’evenienza di un nuovo infarto miocardico…

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Ruolo dell’infiammazione nel predire nuovi eventi cardiovascolari: superiore a quello del colesterolo LDL? un’analisi dello studio CLEAR outcomes

L’infiammazione rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare residuo: la terapia antinfiammatoria con kanakinumab ha ridotto significativamente gli eventi cardiovascolari in pazienti in prevenzione secondaria, senza modificarne l’assetto lipidico. In un ampio studio recente di oltre 30.000 pazienti con patologia cardiovascolare in terapia ottimale che includeva le statine, il valore di proteina C reattiva (hsCRP) si è dimostrato superiore a quello del colesterolo LDL nel dettare la prognosi a distanza…

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Angina a coronarie normali: importanza pratica di una classificazione fisiopatologica

La presenza di angina, senza alterazioni ostruttive dei vasi coronarici epicardici (ANOCA), può essere secondaria a una disfunzione microvascolare (CMD). Essa viene diagnosticata quando vi è un ridotto incremento di flusso in risposta a uno stimolo farmacologico di vasodilatazione: in questi casi la riserva coronarica (CFR), cioè il rapporto tra flusso massimo rispetto a quello basale è ridotta (<2.5). Sono stati descritti due tipi...

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ABLAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE: RIDUCE LA MORTALITÀ A DISTANZA?

La fibrillazione atriale (AF) è una aritmia di riscontro molto frequente nella popolazione generale, con un ruolo patogenetico non solo nello stroke, ma anche nello scompenso cardiaco e nello sviluppo di demenza. L’ablazione si è dimostrata superiore rispetto alla terapia medica nel controllo dei sintomi e nel miglioramento della qualità di vita , riducendo anche la mortalità e le riospedalizzazioni nei pazienti con scompenso…

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