Abstract
Background: Mitral-valve transcatheter edgeto-edge repair (MV-TEER) is recommended in patients with severe functional mitral regurgitation (FMR) and in those with degenerative mitral regurgitation (DMR) not eligible to traditional surgery. Patients with a history of previous cardiac surgery are considered at high risk for surgical reintervention, but data are lacking regarding procedural and clinical outcomes.
Objective: aim of this study was to assess the efficacy and clinical results of MV-TEER in patients with previous cardiac surgery enrolled in the “multicentre Italian Society of Interventional Cardiology registry of transcatheter treatment of mitral valve regurgitation” (GIOTTO).
Methods: Patients with previous coronary artery bypass grafting (CABG), surgical aortic valve replacement (AVR), or mitral valve repair (MVR) were included. Those with multiple or combined previous cardiac surgeries were excluded. Clinical follow-up was performed at 30 days, 1 year, and 2 years. The primary endpoint was a composite of death or rehospitalization at 1- and 2-year follow-ups.
Results: A total of 330 patients, enrolled in the GIOTTO registry, were considered (CABG 77.9%, AVR 14.2%, and MVR 7.9%). Most patients showed FMR (66.9%), moderate reduction of left ventricular (LV) ejection fraction, and signs of LV dilation. Procedural and device successes were 94.8% and 97%. At 1 and 2 years, the composite endpoint occurred are 29.1% and 52.4%, respectively. The composite outcome rates were similar across the three subgroups of previous cardiac surgery (p = 0.928) and between the FMR and DMR subgroups (p = 0.850) at 2 years. In a multivariate analysis, residual mitral regurgitation (rMR) ≥2+ was the main predictor of adverse events at 1 year (hazard ratio: 1.54 [95% confidence interval, CI: 1.00-2.38]; p = 0.050). This association was confirmed at 2 years of Kaplan-Meier analysis (p = 0.001).
Conclusions: MV-TEER is effective in these patients, regardless of the subtype of previous cardiac surgery and the MR etiology. An Rmr ≥ 2+ is independently associated with adverse outcomes at 1-year follow-up.
Intervista a Francesco De Felice
Divisione di Cardiologia Interventistica, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma
Dottor De Felice quali sono i principali risultati del vostro studio?
Abbiamo studiato 330 pazienti trattati con Mitraclip per insufficienza mitralica funzionale o degenerativa che erano stati precedentemente sottoposti a intervento cardiochirurgico: bypass aorto coronarico, sostituzione aortica, riparazione mitralica. L’incidenza dell’endpoint composito di morte e ri-ospedalizzazione è risultata simile tra i tre gruppi dimostrando l’efficacia del trattamento indipendentemente dal tipo di intervento cardio-chirurgico eseguito durante un follow-up di due anni. Si è rivelato importante ottenere gradi di rigurgito minori al termine della procedura, poiché insufficienze residue > 2 + dopo l’impianto di Mitraclip sono associate a una prognosi peggiore.
Un dato interessante che avete riscontrato in questa popolazione con esiti di intervento cardiochirurgico è l’assenza di differenza di mortalità e nuove ospedalizzazioni tra pazienti con insufficienza mitralica funzionale e pazienti con insufficienza mitralica degenerativa. Questo dato contrasta con quanto si osserva nella casistica globale del registro GIOTTO. Ce ne può spiegare i motivi?
Il motivo principale è legato al fatto che il nostro studio si è focalizzato su una popolazione altamente selezionata di pazienti, quella con pregresso intervento cardiochirurgico. È in questi pazienti che la mortalità, in caso di insufficienza funzionale, è risultata minore rispetto a quella dello studio Giotto, che comprendeva anche pazienti non sottoposti a cardiochirurgia. Al contrario la mortalità dei pazienti con degenerativa è risultata simile. Possono essere fatte solo delle ipotesi a tale riguardo: è possibile che i pazienti con insufficienza funzionale più grave non siano stati ritenuti idonei a interventi cardiochirurgici o che, viceversa, i pazienti più gravi sottoposti a cardiochirurgia non siano stati ritenuti poi idonei alla procedura di Mitraclip.
Come si confrontano i vostri dati di mortalità e nuove ospedalizzazioni a 1 e 2 anni con quelli della letteratura (in particolare con altri registri analoghi o gli studi randomizzati MITRA-FR e COAPT)?
La mortalità rilevata nella popolazione, inclusa nel nostro studio, è stata del 13.8% a 1 anno e 31.7% a 2 anni. Il nostro è un registro e non uno studio randomizzato e la popolazione studiata è diversa da quella di COAPT e MITRA-FR, poiché comprende anche pazienti con insufficienza mitralica degenerativa e non include un gruppo di controllo trattato con terapia medica ottimale. I risultati, in termini di eventi, sono comunque simili a quelli del COAPT e del MITRA-FR.
In questi pazienti la determinante fondamentale della prognosi resta la persistenza di un’insufficienza mitralica significativa (≥ 2) dopo l’intervento. Quali ne sono le cause (l’anatomia della valvola, un anello molto dilatato, l’esperienza dell’operatore, altro)?
L’esperienza del centro gioca un ruolo fonda- mentale nella selezione del paziente, nella scelta del timing dell’intervento e nell’esecuzione della procedura. Le caratteristiche anatomiche della valvola, la dilatazione dell’anulus, e il numero di procedure effettuate dall’operatore influiscono sul risultato finale in termini di rigurgito residuo. Quest’ultimo concetto era emerso anche dai dati del COAPT e MITRA-FR: i centri con operatori a maggior volume avevano avuto più successi, meno complicanze e avevano ottenuto rigurgiti residui di grado lieve molto più frequentemente dei centri meno esperti.
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