Insufficienza cardiaca e cardiomiopatie

Scompenso cardiaco: figli e figliastri

Nel 1993 Brutsaert e coll definirono lo scompenso cardiaco ad origine diastolica una condizione derivante da una resistenza al riempimento ventricolare di uno o entrambi i ventricoli con conseguenti sintomi di congestione e spostamento verso l’alto della curva pressione/volume. Il termine “scompenso cardiaco diastolico” fu sostituito da quello, tuttora in uso, di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata (HFpEF). La prima, relativamente ampia serie di pazienti HFpEF fu pubblicata da Dougherty et al nel 1984: essi rappresentavano circa un terzo di tutti i pazienti ricoverati con scompenso di cuore riportati in quell’articolo. L’incidenza nelle casistiche più recenti è di circa il 50%. La diagnosi può essere facilitata dall’uso di uno score proposto in un documento di consenso dell’Heart Failure Association della Società Europea di Cardiologia (vedi Figura). La terapia si è basata per anni sull’uso di diuretici e sul controllo delle patologie concomitanti (ipertensione, obesità). Studi che hanno proposto l’utilizzo di spironolattone e di sacubitril/valsartan non hanno dato esito positivo. Al contrario, lo studio Emperor-Preserved ha mostrato che empaglifozin, un inibitore di SGLT2, ha ridotto del 21% rispetto a placebo l’endpoint composito di morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso in una ampia popolazione di pazienti con HFpEF[4]. Risultati simili sono stati recentemente ottenuti con dapaglifozin nello studio DELIVER.

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Qual è il rischio di mortalità dopo un evento emorragico o un infarto miocardico successivi a impianto di stent in una popolazione “high bleeding risk”

Uno dei dilemmi tuttora irrisolti della terapia antipiastrinica dopo impianto di stent è la durata della doppia terapia antipiastrinica, soprattutto in una popolazione ad alto rischio emorragico. Recentemente l’Academic Research Consortium (ARC) ha proposto una definizione di “high bleeding risk” (HBR), basata sulla presenza di criteri maggiori e minori. Journal Map ha già dedicato spazio e commenti a questo tema (vedi numero 5). Tuttavia alcuni di questi criteri ARC-HBR si associano non solo a un alto rischio emorragico, ma anche a un rischio ischemico elevato. Quale sia poi la mortalità successiva al verificarsi di un evento emorragico o ischemico in questa popolazione non è noto.

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Quantified mitral regurgitation and left atrial function in heart failure with reduced ejection fraction: interplay and outcome implications

Aims: The clinical and prognostic importance of functional mitral regurgitation (FMR) in heart failure patients with reduced ejection fraction, (HFrEF) has been highly debated. This study aims to define FMR linkage to cardiovascular (CV) outcomes and the interplay with left atrial (LA) function in a prospective cohort of consecutive HFrEF outpatients.

Methods and results: Overall, 286 consecutive outpatients, with chronic HFrEF, were prospectively enrolled. FMR was quantified by effective regurgitant orifice area (EROA). Global peak atrial longitudinal strain (PALS) was measured by speckle tracking echocardiography. The primary endpoint was a composite of congestive heart failure hospitalization or CV death. During a mean follow-up of 4.1 ± 1.5 years, the primary endpoint occurred in 99 patients (35%). The spline modelling of the risk by FMR severity showed an excess event risk starting at about the EROA value of 0.1 cm2 . There was a remarkable graded association between the EROA strata, even if tested per 0.1 cm2 increase, and the risk of CV events (hazard ratio [HR] EROA per 0.10 cm2 increase: 1.42, 95% confidence interval [CI] 1.19-1.68; p<0.0001). E><0.0001). EROA ≥0.30 cm2 was associated with CV events regardless of LA function (HR 2.34, 95% CI 1.29-4.19; p=0.005). Less severe FMR (EROA ≥0.10 cm2 ) was associated with a dismal outcome only in patients with reduced LA function (PALS <14% (5-year CV event rate 51 ± 4%); conversely, the risk of events was relative reduced when preserved global PALS and FMR coexisted (5-year CV event rate 38 ± 6%). Conclusions: Our results refine the independent association between FMR and CV outcome among HFrEF outpatients. Within a moderate EROA range, LA function mitigates the clinical consequences of mitral regurgitation, providing measurable proof of the interplay between regurgitation and LA compliance.

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ECG Challenge-COVID Case

In PS la paziente si presentava emodinamicamente stabile (pressione arteriosa 120/70 mmHg, frequenza cardiaca 70 bpm), febbrile (TC 38.5°C), con tachipnea (30 respiri al minuto) e desaturazione arteriosa (SpO2 80% in aria ambiente).

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