Prevenzione secondaria

Effects of pirfenidone on scar size and ventricular remodeling after myocardial infarction: a preclinical study

Un’intensa risposta fibrotica dopo infarto miocardico (MI) può condurre a un rimodellamento avverso del ventricolo sinistro (LV). In questo studio preclinico, gli autori hanno analizzato gli effetti del farmaco antifibrotico in ratti Wistar maschi randomizzati a: procedura fittizia (n = 13), MI riperfuso indotto legando l’arteria discendente anteriore sinistra (LAD) per 45 minuti (n = 17), MI riperfuso più terapia standard (ASA, ACE inibitore, beta bloccante e antagonista del recettore dei mineralcorticoidi) (n = 17), MI riperfuso più pirfenidone da solo (n = 17) o MI riperfuso più terapia standard e pirfenidone (n = 17). Non sono emerse differenze significative tra i volumi del ventricolo sinistro, la frazione di eiezione o la massa ventricolare valutate mediante risonanza magnetica cardiaca a 30 giorni. Sono emerse piccole differenze non statisticamente significative tra i ratti trattati con solo pirfenidone rispetto a quelli trattati con la terapia standard.

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Pazienti a rischio molto alto di eventi cardiovascolari: quale terapia ipolipemizzante utilizzare?

Le Linee Guida recenti indicano la necessità di utilizzare statine ad alta intensità nei pazienti con esiti di malattia cardiovascolare (ASCVD), particolarmente in quelli a rischio molto elevato (VHR) definiti in base alla storia clinica con >1 evento cardiovascolare, oppure di malattia cardiovascolare associata a multiple comorbilità (vedi Tabella 1) nei quali farmaci addizionali (ezetimibe, inibitori PCSK9) debbono essere somministrati se il colesterolo LDL rimane >70 mg/dl. Tuttavia, nella pratica clinica, queste raccomandazioni non sono seguite e dati osservazionali mostrano come le statine ad alta intensità siano assunte da meno di un terzo dei pazienti con ASCVD. Lo studio RACING ha mostrato la non-inferiorità di una terapia con statine a media intensità (rosuvastatina 10 mg) associate a ezetimibe 10 mg rispetto a una terapia con statine ad alta intensità (rosuvastatina 20 mg) in pazienti con ASCVD. Tuttavia, non è chiaro se i pazienti VHR possano avere un vantaggio dai dosaggi più elevati di statine.

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P2Y12 Inhibitor or Aspirin Monotherapy for Secondary Prevention of Coronary Events.

Background: ASA is the only antiplatelet agent with a Class I recommendation for long-term prevention of cardiovascular events in patients with coronary artery disease (CAD). There is inconsistent evidence on how it compares with alternative antiplatelet agents.

Methods: We conducted a patient-level metaanalysis of randomized trials comparing P2Y12 inhibitor monotherapy vs ASA monotherapy for the prevention of cardiovascular events in patients with established CAD. The primary outcome was the composite of cardiovascular death, myocardial infarction, and stroke. Prespecified key secondary outcomes were major bleeding and net adverse clinical events (the composite of the primary outcome and major bleeding). Data were pooled in a 1-step meta-analysis.

Results: Patient-level data were obtained from 7 trials. Overall, 24,325 participants were available for analysis, including 12,178 patients assigned to receive P2Y12 inhibitor monotherapy (clopidogrel in 7,545 [62.0%], ticagrelor in 4,633 [38.0%]) and 12,147 assigned to receive ASA. Risk of the primary outcome was lower with P2Y12 inhibitor monotherapy compared with ASA over 2 years (HR: 0.88; 95% CI: 0.79-0.97; P=0.012), mainly owing to less myocardial infarction (HR: 0.77; 95% CI: 0.66-0.90; P<0.001). Major bleeding was similar (HR: 0.87; 95% CI: 0.70-1.09; P=0.23) and net adverse clinical events were lower (HR: 0.89; 95% CI: 0.81-0.98; P=0.020) with P2Y12 inhibitors. The treatment effect was consistent across prespecified subgroups and types of P2Y12 inhibitors.

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Mitral annular calcification as a predictor of stroke in the multiethnic study of atherosclerosis.

La calcificazione dell’annulus mitralico (MAC) è associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Tuttavia, l’impatto della MAC sull’insorgenza di eventi cerebrovascolari rimane sconosciuto e rappresenta l’obiettivo del presente studio, che ha incluso 6.814 pazienti arruolati in studi multietnici sull’aterosclerosi, sottoposti a tomografia computerizzata (TC) cardiaca. Complessivamente, il 9% dei partecipanti presentava MAC al basale. A un follow-up di 15 anni, si sono verificati 304 ictus (di cui il 79% erano ischemici). Dopo l’aggiustamento per multipli fattori clinici, la MAC al basale è risultata associata a un aumento del rischio di ictus (hazard ratio [HR]: 1.68; intervallo di confidenza [CI] al 95%: 1.22-2.30; P=0.0013). Con l’inclusione di fibrillazione/flutter atriale e delle dimensioni dell’atrio sinistro nel modello multivariato finale, la MAC si è confermata predittore indipendente di ictus (HR: 1.93; 95% CI: 1.22-3.05; P<0.005) e di ictus ischemico (HR: 2.03; 95% CI: 1.24-3.31; P<0.005). In conclusione, la MAC è un predittore indipendente di rischio di ictus a lungo termine, in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare convenzionali e alla fibrillazione atriale.

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Strategia di de-escalation della terapia antipiastrinica nei pazienti con sindrome coronarica acuta: una scelta vincente?

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS), la de-escalation è una strategia di terapia antipiastrinica che consiste in un trattamento iniziale con ASA associata a un inibitore potente del recettore P2Y12 (ticagrelor o prasugrel fulldose) seguita da uno “switch” a un inibitore meno potente (clopidogrel o prasugrel lowdose). Essa si basa sull’osservazione che il rischio ischemico in questi pazienti è elevato nel periodo immediatamente successivo alla fase acuta, per diminuire progressivamente nelle fasi successive, mentre il rischio emorragico resta costante. L’efficacia e la sicurezza di questa strategia è stata oggetto di alcune metanalisi, basate sui risultati globali dei vari studi inclusi (study-level analyses), i cui esiti sono tuttavia inficiati dall’eterogeneità delle casistiche e dall’impossibilità di approfondire il rischio ischemico ed emorragico dei pazienti inseriti. Le metanalisi basate, invece, sui dati di tutti i pazienti (patient-level analyses) permettono di ottenere maggiori informazioni e di individuare gruppi di pazienti che potrebbero meglio rispondere clinicamente a questa strategia terapeutica.

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Rischio lipidico e rischio infiammatorio: quale pesa maggiormente sulla prognosi dei pazienti che assumono statine?

I pazienti affetti da malattia cardiovascolare sono potenziali candidati a nuovi eventi, se non viene adeguatamente controllato sia il rischio residuo derivante da livelli elevati di colesterolo LDL che il rischio infiammatorio. Quale dei due maggiormente contribuisca al verificarsi di successivi eventi cardiovascolari, una volta che il paziente sia posto in terapia con statine, non è ancora noto.

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Sex differences of patients with acute chest pain evaluated through a chest pain unit

Sebbene le differenze cliniche nei pazienti con infarto miocardico acuto siano ben note, i dati relativi ai pazienti che accedono con dolore toracico (CP) sono limitati. Nel presente studio retrospettivo di 1.000 pazienti consecutivi (673 uomini e 327 donne) ammessi in un’unità del dolore toracico di un centro ospedaliero terziario, l’endpoint primario era il composito di nuovo accesso per dolore toracico, sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione e morte a 90 giorni e a 1 anno. Non si è osservata alcuna differenza per quanto riguarda la prevalenza di valutazione non invasiva tra le donne (87.8 %) e gli uomini (87.3%). Le donne avevano meno probabilità di presentare una malattia coronarica significativa alla coroTC (4.2 vs. 11.3%, P=0.005), oppure all’imaging di perfusione miocardica (4.4% vs. 7.6%, P=0.007). Di conseguenza, un minor numero di donne è stato sottoposto ad angiografia coronarica (8% vs. 14%, P=0.006) e rivascolarizzazione percutanea (2.8 vs. 7.3%, P=0.004). Durante il follow-up, non si sono osservate differenze nell’endpoint primario tra i due sessi sia a 90 giorni (odds ratio [OR] 0.91, 95% confidence interval [CI]: 0.39-2.09, P=0.82) che a 1 anno (OR 1.16, 95% CI 0.65-2.06, P=0.59).

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Doppia terapia antiaggregante prolungata dopo un infarto miocardico: a quali pazienti?

La doppia terapia antiaggregante (DAPT) è parte essenziale della prevenzione secondaria dopo una sindrome coronarica acuta. Le Linee Guida raccomandano (in assenza di un rischio emorragico rilevante) una durata di 12 mesi, ma quando il rischio ishemico è elevato la DAPT (ASA associata a ticagrelor al dosaggio di 60 mg x 2) può essere prolungata sulla base dello studio PEGASUS-TIMI 54(1), che ha mostrato una riduzione degli eventi ischemici rispetto alla monoterapia con ASA. Tuttavia, l’incremento degli eventi emorragici attenua la portata clinica di questa strategia terapeutica.

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Prevenzione secondaria a lungo termine dopo impianto di stent con farmaci antipiastrinici: ASA o clopidogrel?

Lo studio HOST-EXAM ha mostrato una superiorità di clopidogrel (CLO) 75 mg/die sull’ASA 100 mg/die, quale farmaco antipiastrinico somministrato in monoterapia al termine della doppia terapia antipiastrinica (DAPT) per la prevenzione di un endpoint composito (morte per ogni causa, infarto miocardico, stroke, riospedalizzazione per sindrome coronarica acuta -ACS- e bleeding maggiore -BARC ≥3-) in pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico a rilascio di farmaco (DES). Tuttavia, il follow-up è stato di solo due anni, un periodo troppo breve per decretare la superiorità di un farmaco che deve essere somministrato per tutta la vita; inoltre, l’utilizzo di CLO si associava a un incremento numerico (non significativo) di mortalità.

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Un nuovo score diagnostico per la cardiomiopatia amiloidotica da transtiretina

Lo scompenso cardiaco (SC) con frazione d’eiezione preservata (HFpEF) è una sindrome clinica che colpisce spesso persone anziane con cardiopatia ipertensiva e ipertrofia cardiaca((McDonagh TA, Metra M, Adamo M, Gardner RS, Baumbach A, Bohm M, et al. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J. 2021;42(36):3599-726.)). La cardiomiopatia amiloidotica da transtiretina (ATTR-CM) è una patologia infiltrativa caratterizzata da ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro e SC, di solito nel contesto di un HFpEF, di cui rappresenta un’eziologia ben identificabile con prevalenza signifi cativa nei pazienti anziani. La scintigrafia totalbody con tracciante osseo (PYP) ha un ruolo diagnostico principale: uno score di captazione miocardica del tracciante (“Perugini” grade) ≥2 è indicativo di ATTR-CM, quando i possibili falsi positivi (ossia i pazienti con amiloidosi cardiaca da catene leggere) sono esclusi dalle indagini di primo livello. Al contrario, in pazienti non selezionati la PYP potrebbe rivelarsi uno strumento diagnostico inefficiente e costoso. Uno score diagnostico semplice potrebbe avere un certo grado di utilità nell’individuare i pazienti da sottoporre a work-up diagnostico per ATTR-CM.

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