PCI

Abbreviated or Standard Dual Antiplatelet Therapy by Sex in Patients at High Bleeding Risk: A Prespecified Secondary Analysis of a Randomized Clinical Trial.

I pazienti ad alto rischio di sanguinamento (HBR) rappresentano una proporzione considerevole (fino al 40%) dei soggetti sottoposti a rivascolarizzazione percutanea (PCI). Nonostante le crescenti evidenze abbiano dimostrato un beneficio di una duplice terapia antiaggregante (DAPT) abbreviata, in questi pazienti (N Engl J Med. 2021;385(18):1643-1655; doi:10.1056/NEJMoa2108749), l’impatto del sesso sugli outcome clinici dopo la PCI rimane sconosciuto. In questa analisi pre-specificata del MASTER DAPT, abbiamo analizzato gli outcome clinici nei pazienti maschi e femmine ad alto rischio di sanguinamento sottoposti a PCI e l’efficacia/sicurezza di una DAPT abbreviata versus terapia standard in base al sesso. I principali risultati della nostra analisi…

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Thrombotic risk in patients with acute coronary syndromes discharged on prasugrel or clopidogrel: results from the PROMETHEUS study

Aims: Based on recent clinical data, the 2020 ESC guidelines on non-ST-elevation acute coronary syndrome (NSTE-ACS) suggest to tailor antithrombotic strategy on individual thrombotic risk. Nonetheless, prevalence and prognostic impact of the high thrombotic risk (HTR) criteria proposed are yet to be described. In this analysis from the PROMETHEUS registry, we assessed prevalence and prognostic impact of HTR, defined according to the 2020 ESC NSTE-ACS guidelines, and if the benefits associated with prasugrel vs. clopidogrel vary with thrombotic risk.

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Validation of a Contemporary Acute Kidney Injury Risk Score in Patients With Acute Coronary Syndrome

Background: A simple, contemporary risk score for the prediction of contrast-associated acute kidney injury (CA-AKI) after percutaneous coronary intervention (PCI) was recently updated, although its external validation is lacking.

Objectives: The aim of this study was to validate the updated CA-AKI risk score in a large cohort of acute coronary syndrome patients from the MATRIX (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX) trial.

Methods: The risk score identifies 4 risk categories for CA-AKI. The primary endpoint was to appraise the receiver-operating characteristics of an 8-component and a 12-component CA-AKI model. Independent predictors of Kidney Disease Improving Global Outcomes-based acute kidney injury and the impact of CA-AKI on 1-year mortality and bleeding were also investigated.

Results: The MATRIX trial included 8,201 patients with complete creatinine values and no end-stage renal disease. CA-AKI occurred in 5.5% of the patients, with a stepwise increase of the 4 risk categories. The receiver-operating characteristic area under the curve was 0.67 (95% CI: 0.64-0.70) with model 1 and 0.71 (95% CI: 0.68-0.74) with model 2. CA-AKI risk was systematically overestimated with both models (Hosmer-Lemeshow goodness-offit test: P<0.05). The 1-year risks of all-cause mortality and bleeding were higher in CA-AKI patients (HR: 7.03 [95% CI: 5.47-9.05] and HR: 3.20 [95% CI: 2.56-3.99]; respectively). There was a gradual risk increase for mortality and bleeding as a function of the CA-AKI risk category for both models. Conclusions: The updated CA-AKI risk score identifies patients at incremental risks of acute kidney injury, bleeding, and mortality. (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX [MATRIX]; NCT01433627).

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PCI delle lesioni ostiali dell’arteria circonflessa: un vero “challenge” per l’interventista!

Il trattamento interventistico delle stenosi ostiali è spesso problematico per i cardiologi emodinamisti. Queste lesioni, infatti, presentano spesso calcificazioni e sono più prone al recoil elastico, per cui sono gravate da un’incidenza di ristenosi più elevata rispetto alle lesioni non ostiali. Inoltre, i dati della letteratura sono scarsi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici da considerare durante la procedura e l’outcome dei pazienti trattati per stenosi ostiale dell’arteria circonflessa (LCx).

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Determinanti biochimici della riperfusione spontanea nell’infarto STEMI: rilevanza clinica

La riperfusione spontanea negli infarti STEMI è un segnale favorevole che si accompagna a infarti di dimensioni ridotte e a una buona prognosi anche a distanza. Il fenomeno è stato messo in correlazione con una più potente attività fibrinolitica e a alla presenza di un trombo occlusivo con tralci fibrinici meno densi rispetto ai trombi che non riperfondono spontaneamente. Tuttavia uno studio ampio che consideri biomarker di coagulazione, attività fibrinolitica endogena e correlati clinici e prognostici nei pazienti STEMI nei pazienti con riperfusione spontanea non è stato sinora condotto.

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Serum levels of 25-oh vitamin d levels predict cognitive impairments among acute coronary syndrome patients.

Il deterioramento cognitivo dopo rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) è stata poco investigata in passato. Questo studio ha esaminato la funzione cognitiva post-operatoria di 284 pazienti sottoposti a PCI (arruolati in un unico centro dal 2019 al 2022) suddivisi in due gruppi: deterioramento cognitivo (CI, n=82) e senza deterioramento cognitivo (NCI, n=186) in base alla scala di valutazione cognitiva di Montreal. I livelli sierici di 25(OH)D3 dei partecipanti al momento del ricovero e i livelli sierici di enolasi neurone-specifica (NSE), proteina gliale fibrillare acida (GFAP) e S100β sono stati misurati 21 giorni dopo la PCI. Età superiore a 65 anni, ipertensione, durata della PCI superiore a 60 minuti, frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 50% e 25(OH) D3 sierico inferiore a 31.4 ng/ml, sono risultati predittori indipendenti di rischio nei pazienti con ACS. I livelli sierici di 25(OH)D3, NSE, S100β e GFAP sono risultati significativamente più alti nei pazienti con deterioramento cognitivo. In conclusione, i livelli sierici di NSE, S100β e GFAP, nel periodo postoperatorio, correlano significativamente con i livelli sierici di 25(OH)D3 all’ammissione. I livelli sierici di 25(OH)D3 sono predittori di deterioramento cognitivo nei pazienti con ACS dopo PCI.

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Predictors of target lesion failure after treatment of left main, bifurcation, or chronic total occlusion lesions with ultrathin-strut drug-eluting coronary stents in the ULTRA registry.

Background: Data about the long-term performance of new-generation ultrathinstrut drug-eluting stents (DES) in challenging coronary lesions, such as left main (LM), bifurcation, and chronic total occlusion (CTO) lesions are scant.

Methods: The international multicenter retrospective observational ULTRA study included consecutive patients treated from September 2016 to August 2021 with ultrathinstrut (<70 μm) DES in challenging de novo lesions. Primary endpoint was target lesion failure (TLF): composite of cardiac death, target-lesion revascularization (TLR), target- vessel myocardial infarction (TVMI), or definite stent thrombosis (ST). Secondary endpoints included all-cause death, acute myocardial infarction (AMI), target vessel revascularization, and TLF components. TLF predictors were assessed with Cox multivariable analysis. Results: Of 1801 patients (age: 66.6 ± 11.2 years; male: 1410 [78.3%]), 170 (9.4%) experienced TLF during follow-up of 3.1 ± 1.4 years. In patients with LM, CTO, and bifurcation lesions, TLF rates were 13.5%, 9.9%, and 8.9%, respectively. Overall, 160 (8.9%) patients died (74 [4.1%] from cardiac causes). AMI and TVMI rates were 6.0% and 3.2%, respectively. ST occurred in 11 (1.1%) patients while 77 (4.3%) underwent TLR. Multivariable analysis identified the following predictors of TLF: age, STEMI with cardiogenic shock, impaired left ventricular ejection fraction, diabetes, and renal dysfunction. Among the procedural variables, total stent length increased TLF risk (HR: 1.01, 95% CI: 1-1.02 per mm increase), while intracoronary imaging reduced the risk substantially (HR: 0.35, 95% CI: 0.12-0.82).

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Rivascolarizzazione completa nel paziente con coronaropatia stabile: un’analisi dello studio ischemia

L’impatto prognostico di una rivascolarizzazione completa nei pazienti con sindrome coronarica acuta è ben noto e comprovato da studi randomizzati mentre la sua importanza nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica è tuttora dibattuto. Il miglior risultato clinico a distanza ottenuto con l’intervento di bypass aortocoronarico rispetto alla PCI, è stato proprio attribuito alla maggiore capacità dell’intervento cardiochirurgico di ottenere una rivascolarizzazione completa , ma l’impatto di quest’ultima in un confronto tra strategia conservativa e invasiva non è mai stato dimostrato.

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Guida angiografica o con “Optimal Coherence Tomography” per il trattamento percutaneo delle biforcazioni: i risultati dello studio OCTOBER

Il trattamento delle lesioni in biforcazione è particolarmente impegnativo e non privo di complicanze, soprattutto se la malattia aterosclerotica non riguarda solamente il vaso principale (“main vessel”) ma anche il ramo secondario (“side branch”) che da esso si dirama. Il valore prognostico di questa condizione anatomica è ben espresso dai dati dello studio SYNTAX che mostra nei pazienti trattati con PCI una mortalità a 10 anni del 30.1% che si confronta con il 19.8% se la PCI non è stata effettuata su una biforcazione . Non è noto se i risultati procedurali e a distanza possano essere migliorati utilizzando la guida OCT piuttosto che la sola guida angiografica.

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Rivascolarizzazione completa nel paziente STEMI multivasale emodinamicamente stabile: quando eseguirla?

Nei pazienti STEMI e coronaropatia multivasale, una rivascolarizzazione completa migliora la prognosi a distanza, come dimostrato dallo studio COMPLETE , nel quale è stata osservata la diminuzione di un endpoint composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico o rivascolarizzazione ischemia-driven) rispetto al trattamento della sola lesione culprit. Resta tuttavia ancora aperta la problematica del timing del completamento, se debba cioè essere eseguito con procedure seriate programmate (“staged procedures”) o possa essere eseguito, in pazienti emodinamicamente stabili, anche durante la PCI primaria.

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