tricuspide

Association of right atrial strain and long-term outcome in severe secondary tricuspid regurgitation

Objective: Severe secondary tricuspid regurgitation (STR) causes significant right atrial (RA) volume overload, resulting in structural and functional RA-remodelling. This study evaluated whether patients with severe STR and reduced RA function, as assessed by RA-reservoirstrain (RASr), show lower long-term prognosis. Results: A total of 586 patients with severe STR (age 68±13 years; 52% male) were included. Patients presented with mild right ventricular (RV) dilatation (end-diastolic area 13.8±6.5 cm2/m2) and dysfunction (free-wall strain 16.2±7.2%), and with moderate-to-severe RA dilatation (max area 15.0±5.3 cm2/m2); the median value of RASr was 13%. In the overall population, 10-year overall survival was low (40%, 349 deaths), and was significantly lower in patients with lower RASr (defined by the median value): 36% (195 deaths) for RASr ≤13% compared with 45% (154 deaths) for RASr >13% (log-rank p=0.016). With a median follow-up of 6.6 years, RASr was independently associated with all-cause mortality (HR per 5% RASr increase:0.928; 95% CI 0.864 to 0.996; p=0.038), providing additional value over relevant clinical and echocardiographic covariates (including RA size and RV function/size).

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Associazione temporale tra episodi di fibrillazione atriale subclinica e rischio di ictus cerebrale.

La fibrillazione atriale (FA), rilevata all’ECG tradizionale in pazienti sintomatici, è un importante fattore di rischio per ictus cerebrale. In questi ultimi anni si sono accumulati studi che hanno dimostrato che anche gli episodi di FA asintomatica, rilevata da pacemakers o altri device a permanenza (CIEDs) siano predittivi di ictus cerebrale, sebbene con “potenza’ meno forte rispetto agli episodi di FA sintomatica rilevata tradizionalmente. Tuttavia, non sono state riscontrate evidenze a supporto dell’ipotesi che l’ictus cerebrale sia temporalmente preceduto da episodi di FA subclinica.

Lo studio delle relazioni temporali tra episodi di FA, anche asintomatica, e insorgenza di ictus cerebrale è di estrema importanza per due motivi principali. Il primo motivo è di ordine fisiopatologico: l’eventuale dimostrazione di una qualche associazione temporale tra episodio di FA e insorgenza di ictus cerebrale, darebbe forza all’ipotesi tradizionale dell’ictus come possibile conseguenza diretta di un trombo sviluppatosi nel cuore durante la FA e successivamente distaccatosi (ipotesi dell’ictus cardio-embolico). Al contrario, l’eventuale assenza di tale associazione temporale potrebbe far pendere la bilancia verso l’ipotesi alternativa che vedrebbe FA e ictus cerebrale come co-fenomeni di una situazione patologica di base ad effetti sia proaritmici che pro-trombotici. Il secondo motivo, non meno importante, è di ordine terapeutico: nei pazienti portatori di CIEDs, nei quali si evidenzino episodi di FA asintomatica, è giusto somministrare farmaci anticoagulanti allo scopo di prevenire l’ictus? In altri termini, il beneficio sulla riduzione dell’ictus cerebrale in questi pazienti giustificherebbe il rischio emorragico legato alla terapia anticoagulante?

Gli studi finora disponibili hanno avuto il grosso limite della relativamente scarsa numerosità della casistica. Uno studio, eseguito solo in soggetti di sesso maschile portatori di defibrillatori impiantabili, ha suggerito un aumento del rischio di ictus cerebrale nei 30 giorni successivi all’insorgenza di FA subclinica di lunga durata.

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