Thrombotic risk in patients with acute coronary syndromes discharged on prasugrel or clopidogrel: results from the PROMETHEUS study

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Abstract

Aims: Based on recent clinical data, the 2020 ESC guidelines on non-ST-elevation acute coronary syndrome (NSTE-ACS) suggest to tailor antithrombotic strategy on individual thrombotic risk. Nonetheless, prevalence and prognostic impact of the high thrombotic risk (HTR) criteria proposed are yet to be described. In this analysis from the PROMETHEUS registry, we assessed prevalence and prognostic impact of HTR, defined according to the 2020 ESC NSTE-ACS guidelines, and if the benefits associated with prasugrel vs. clopidogrel vary with thrombotic risk.

Methods and results: PROMETHEUS was a multicentre prospective study comparing prasugrel vs clopidogrel in ACS patients undergoing percutaneous coronary intervention (PCI). Patients were at HTR if presenting with one clinical plus one procedural risk feature. The primary endpoint was major adverse cardiac events (MACE), composite of death, myocardial infarction, stroke, or unplanned revascularization, at 1 year. Adjusted hazard ratio (adjHR) and 95% confidence intervals (CIs) were calculated with propensity score stratification and multivariableCox regression. Among 16.065 patients, 4.293 (26.7%) were at HTR and 11.772 (73.3%) at lowto- moderate thrombotic risk. The HTR conferred increased incidence of MACE (23.3 vs. 13.6%, HR 1.85, 95% CI 1.71-2.00, P<0.001) and its single components. Prasugrel was prescribed in patients with less comorbidities and risk factors and was associated with reduced risk of MACE (HTR: adjHR 0.83, 95% CI 0.68-1.02; low-to-moderate risk: adjHR 0.75, 95% CI 0.64-0.88; pinteraction = 0.32).

Conclusion: High thrombotic risk, as defined by the 2020 ESC NSTE-ACS guidelines, is highly prevalent among ACS patients undergoing PCI. The HTR definition had a strong prognostic impact, as it successfully identified patients at increased 1 year risk of ischaemic events.


Intervista a Mauro Chiarito a cura di Antonio Landi

Mauro Chiarito – The Zena and Michael A. Wiener Cardiovascular Institute, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York (NY); Cardio Center, Humanitas Clinical and Research Hospital IRCCS, Rozzano (MI) – Antonio Landi – Fondazione Cardiocentro Ticino, Lugano, Svizzera

Dottor Chiarito, ci può riassumere gli aspetti salienti del vostro studio?
Le ultime Linee Guida ESC sulla gestione dei pazienti con sindrome coronarica acuta, raccomandano la valutazione del rischio trombotico per selezionare pazienti che possano beneficiare di una doppia terapia antiaggregante prolungata sulla base di alcuni criteri di rischio clinici e procedurali. In letteratura manca però una validazione di questi criteri. L’obiettivo primario del nostro studio era di valutare la prevalenza e l’impatto prognostico dei criteri di rischio trombotico proposti dalle Linee Guida ESC in una coorte di 16.065 pazienti con SCA, trattati con PCI e dimessi con DAPT: clopidogrel o prasugrel. In secondo luogo, abbiamo valutato se in questi pazienti i benefici della terapia con prasugrel fossero modificati o meno dal rischio trombotico definito sulla base di questi criteri. In base a questa definizione di rischio trombotico, abbiamo riportato una prevalenza di pazienti ad alto rischio del 25%, con un rate di eventi cardiovascolari a un anno del 23%, doppio rispetto a quello dei pazienti a rischio basso o intermedio. Per quanto riguarda il confronto fra prasugrel e clopidogrel, abbiamo osservato una riduzione significativa del rischio di eventi nei pazienti dimessi con prasugrel.

Il registro PROMETHEUS ha incluso pazienti sottoposti a PCI più di dieci anni fa (2010-2013). Nell’ultima decade si sono verificati importanti progressi sia dal punto di vista farmacologico (e.g., DAPT abbreviata, terapie ipolipemizzanti più intensificate) che interventistico (DES, tecniche di rivascolarizzazione più avanzate). Come pensa che questi risultati possano essere interpretati nella pratica clinica attuale?
Le innovazioni farmacologiche e interventistiche degli ultimi dieci anni hanno migliorato significativamente la prognosi dei pazienti con SCA. Non credo, però, che questo possa avere un impatto sull’obiettivo primario dello studio, che era innanzitutto di fornire un dato epidemiologico, in quanto i progressi citati non hanno impatto sulla prevalenza dell’alto rischio trombotico come definito dalle ultime Linee Guida. Al contrario, il rate di eventi osservato e il beneficio associato all’uso di prasugrel vanno valutati tenendo conto delle grosse differenze che ci sono fra la pratica clinica di circa dieci anni fa e quella attuale.

Nella figura 5 del manoscritto, le curve Kaplan-Meier mostrano che l’incidenza di sanguinamento è inferiore con prasugrel rispetto a clopidogrel. Come interpreta questo dato alla luce di trial randomizzati che hanno dimostrato consistentemente un rischio di sanguinamento maggiore con prasugrel?
Lo studio è di natura osservazionale, per cui dobbiamo sempre tenere in conto il rischio che i risultati siano alterati da un bias di selezione. Le tecniche di aggiustamento, basate sul propensity score, aiutano a minimizzare questo rischio, ma non possono annullarlo del tutto. Per cui, l’interpretazione più semplice è che questa differenza risenta della selezione di pazienti per cui è stato scelto prasugrel (alto rischio ischemico e basso rischio emorragico) o clopidogrel (anziani e alto rischio emorragico). C’è anche da ribadire come la differenza di sanguinamenti osservata nel TRITON-TIMI 48 non è stata confermata in maniera consistente in tutti gli studi successivi, a partire dal TRILOGY-ACS.

Le nuove Linee Guida della Società Europea di Cardiologia nei pazienti con sindrome coronarica acuta sono state pubblicate recentemente. I criteri di alto/moderato rischio trombotico appaiono gli stessi rispetto alle precedenti Linee Guida nei pazienti con ACS senza sopraslivellamento persistente del tratto ST. In che modo pensa che questo studio possa supportare il clinico nella scelta dei pazienti da trattare con una terapia antitrombotica più intensificata?
Il nostro studio rimarca la rilevanza epidemiologica e prognostica dell’alto rischio trombotico: i pazienti con alto rischio trombotico, definito sulla base dei criteri proposti dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia per la gestione dei pazienti con sindrome coronarica acuta, sono molto comuni (25% della popolazione arruolata nel registro PROMETHEUS) e hanno un rate di eventi ischemici raddoppiato rispetto ai pazienti a più basso rischio. Fornire l’evidenza che questi pazienti sono molto comuni nella pratica clinica è fondamentale per spingere il clinico a valutare il rischio trombotico dei pazienti che si presentano con SCA. Inoltre, associare al dato di prevalenza quello del significativo impatto prognostico osservato nel nostro studio rimarca la necessità di valutare quale sia la giusta terapia antitrombotica per ogni paziente, in maniera tale da limitare l’inerzia terapeutica che porta ad applicare l’approccio standard della doppia terapia antiaggregante per un anno, seguita dalla singola con ASA per tutti i pazienti.


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