Ticagrelor Monotherapy or Dual Antiplatelet Therapy After Drug-Eluting Stent Implantation: Per-Protocol Analysis of the GLOBAL LEADERS Trial.

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Abstract

Background: In the GLOBAL LEADERS trial, ticagrelor monotherapy beyond 1 month compared with standard antiplatelet regimens after coronary stent implantation did not improve outcomes at intention-to-treat analysis. Considerable differences in treatment adherence between the experimental and control groups may have affected the intention-to-treat results. In this reanalysis of the GLOBAL LEADERS trial, we compared the experimental and control treatment strategies in a per-protocol analysis of patients who did not deviate from the study protocol.

Methods and results: Baseline and postrandomization information were used to classify whether and when patients were deviating from the study protocol. With logistic regressions, we derived time-varying inverse probabilities of nondeviation from protocol to reconstruct the trial population without protocol deviation. The primary endpoint was a composite of all-cause mortality or nonfatal Q-wave myocardial infarction at 2 years. At 2-year follow-up, 1.103 (13.8%) of 7.980 patients in the experimental group and 785 (9.8%) of 7.988 patients in the control group qualified as protocol deviators. At per-protocol analysis, the rate ratio for the primary endpoint was 0.88 (95% CI, 0.75-1.03; p=0.10) on the basis of 274 versus 325 events in the experimental versus control group. The rate ratio for the key safety endpoint of major bleeding was 1.00 (95% CI, 0.79-1.26; p=0.99). The per-protocol and intention-to-treat effect estimates were overall consistent.

Conclusions: Among patients who complied with the study protocol in the GLOBAL LEADERS trial, ticagrelor plus ASA for 1 month followed by ticagrelor monotherapy was not superior to 1-year standard dual antiplatelet therapy followed by ASA alone at 2 years after coronary stenting.


Intervista a Felice Gragnano

Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli; Divisione di Cardiologia Clinica a Direzione Universitaria, AORN “Sant’Anna e San Sebastiano”, Caserta.

Dottor Gragnano, da dove nasce l’analisi “per-protocol” di un trial clinico randomizzato come il GLOBAL LEADERS?
Il GLOBAL LEADERS è un ampio trial clinico randomizzato che ha confrontato l’utilizzo di una strategia sperimentale con una doppia terapia antiaggregante (DAPT) per 1 solo mese seguita da una monoterapia con ticagrelor nei 23 mesi successivi rispetto a un trattamento “standard” con DAPT per 12 mesi, seguito da monoterapia con ASA in pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico. L’obiettivo dello studio era quello di dimostrare la superiorità della monoterapia con ticagrelor rispetto a una terapia antipiastrinica convenzionale per un endpoint primario di morte per tutte le cause e infarto miocardico di tipo Q a 2 anni. L’analisi primaria dello studio, condotta seguendo il principio di “intention-to-treat” (gold standard in studi randomizzati) ha mostrato una riduzione del 13% dell’endpoint primario a favore della strategia sperimentale che non raggiungeva però la significatività statistica (rate ratio [RR]: 0.87; intervallo di confidenza 95%: 0.75-1.01; p=0.073). Alla luce dei dati, che suggerivano una “tendenza” al beneficio con ticagrelor in monoterapia, e dell’incidenza relativamente elevata di non aderenza al protocollo di studio (in particolare nel braccio sperimentale), ci siamo chiesti se l’analisi intention-to-treat avesse sottostimato il reale effetto del trattamento sperimentale e, quindi, il possibile beneficio rispetto alla terapia standard. In questi casi, è importante effettuare un’analisi “per-protocol” per confrontare l’effetto dei trattamenti in pazienti che hanno seguito in modo corretto il protocollo di studio.

Quali sono stati i risultati principali e quali sono le possibili implicazioni del vostro studio?
Il take home message della nostra analisi è che l’effetto della monoterapia con ticagrelor, rispetto ad una terapia antiaggregante standard nella popolazione che ha seguito il protocollo di studio, è consistente con quello emerso nella popolazione intention-to-treat, sia per quanto riguarda l’endpoint primario di morte e infarto miocardico, che per l’endpoint secondario di sicurezza di sanguinamenti maggiori (entrambi non significativamente ridotti dalla strategia sperimentale). Un dato nuovo e di potenziale interesse della nostra analisi è che ticagrelor in monoterapia riduceva in modo significativo il rischio di Net Adverse Clinical Events (NACE, un endpoint composito di eventi ischemici ed emorragici maggiori). Questo dato è in linea con altri trial che hanno confrontato la monoterapia con inibitori del P2Y12 versus DAPT, e supporta l’utilizzo di ticagrelor in monoterapia dopo 1 mese di DAPT in pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico. È importante sottolineare come questi risultati rimangano esplorativi e non conclusivi in considerazione dei risultati neutrali del trial e della natura post-hoc di questo endpoint.

L’analisi per-protocol del GLOBAL LEADERS ha incluso tutti i pazienti che hanno seguito le indicazioni del protocollo. Nel corso del trial, quanti pazienti “deviavano” dal protocollo di studio e quali erano le loro caratteristiche?
La selezione della popolazione per-protocol ha richiesto una lunga e intensa analisi del database del GLOBAL LEADERS. Abbiamo infatti esaminato le informazioni sull’aderenza al protocollo nell’intera popolazione, classificando come “protocol-deviators” tutti i pazienti che violavano i criteri di arruolamento e/o interrompevano prematuramente il trattamento in assenza di motivi clinici rilevanti. Analizzando i dati degli oltre 15.000 pazienti inclusi nel trial, abbiamo osservato che la percentuale di pazienti che deviava dal protocollo a 2 anni raggiungeva il 14% nel gruppo sperimentale e il 10% nel gruppo di controllo. La differenza di circa il 4% tra i gruppi emergeva precocemente e si manteneva costante nel tempo, con dati sostanzialmente in linea con quelli di trial clinici precedenti che hanno valutato terapie antitrombotiche. Per provare a capire le possibili ragioni di tale differenza tra i gruppi, dobbiamo considerare che l’ASA costituisce “storicamente” lo standard terapeutico in pazienti con malattia coronarica; al contrario, la monoterapia con inibitori del P2Y12 rappresenta una nuova strategia, proposta solo di recente e ancora in fase di studio. È interessante notare, inoltre, come le deviazioni dal protocollo nel gruppo sperimentale si siano verificate più frequentemente nelle donne. Nel contesto di un trial clinico “open-label” come il GLOBAL LEADERS, questi risultati potrebbero indicare una disparità tra i sessi nell’adesione ai protocolli di ricerca e/o nell’utilizzo di terapie sperimentali, potenzialmente dovuta a comportamenti differenti del personale di studio, del cardiologo curante, dei pazienti, o dei loro familiari. Questi dati suggeriscono quindi una possibile eterogeneità nella gestione dei pazienti di sesso differente nei programmi di ricerca, e meritano attenzione in considerazione delle possibili implicazioni.

L’analisi per-protocol di un trial clinico permette di esplorare ulteriormente i dati per trarre nuove informazioni da poter applicare alla pratica clinica o in studi futuri. Quali sono i vantaggi e i limiti di queste analisi e cosa aggiungono all’analisi intention-to-treat?
Trial clinici randomizzati come il GLOBAL LEADERS rappresentano una straordinaria opportunità di ricerca, e forniscono un numero immenso di dati clinicamente rilevanti che devono essere analizzati e interpretati in modo completo e corretto per poter trarre delle conclusioni che siano valide dal punto di vista scientifico e applicabili dal punto di vista clinico. Il principio intention-to-treat rappresenta oggi il gold standard per l’analisi primaria dei trial randomizzati e consente di minimizzare il rischio di bias, ma comporta alcuni svantaggi. In primo luogo, questo approccio valuta l’effetto “dell’assegnazione” a un determinato trattamento, e non “dell’assunzione” dello stesso. In secondo luogo, questa strategia è agnostica rispetto a tutto ciò che avviene dopo la randomizzazione. Infine, i risultati dell’analisi intention-to-treat possono essere influenzati da un’aderenza incompleta al trattamento, in particolare se questa è sbilanciata tra i gruppi di studio. Per questi motivi, una lettura acritica dei risultati intention-to-treat può rivelarsi problematica e potenzialmente fuorviante. Nel GLOBAL LEADERS, una percentuale non trascurabile di pazienti non ha aderito al protocollo, più spesso nel gruppo in monoterapia con ticagrelor. In casi come questo, l’analisi intention-to-treat può sottostimare il reale effetto del trattamento sperimentale, falsando i risultati e l’interpretazione dello studio. L’analisi per-protocol del trial ci ha permesso di valutare l’effetto delle due strategie di trattamento in pazienti che avevano aderito al protocollo (il cosiddetto “per-protocol effect”), limitando le possibili conseguenze di un’aderenza incompleta e sbilanciata tra i gruppi. È importante sottolineare come l’analisi perprotocol di un trial clinico randomizzato sia, per definizione, un’analisi di tipo osservazionale, la cui validità richiede un adeguato aggiustamento dei possibili fattori di confondimento. Nel nostro caso, attraverso una complessa analisi statistica che ha previsto l’implementazione di un esteso modello di aggiustamento che ha incluso possibili fattori di confondimento pre- e post randomizzazione, siamo riusciti a dimostrare che i risultati del trial rimanevano consistenti nei pazienti che avevano aderito al protocollo. I nostri dati hanno quindi confermato la validità dell’analisi primaria del GLOBAL LEADERS (già pubblicata su Lancet) supportandone l’iniziale interpretazione, con notevoli implicazioni per la pratica clinica contemporanea e il disegno di trial clinici futuri.

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