Settembre 21, 2022

Instantaneous wave-free ratio eseguita dopo procedura di angioplastica coronarica (PCI): quali informazioni ci può dare? Un’analisi dello studio Define PCI.

La fractional flow reserve (FFR) e la instantaneous wave-free ratio (iFR) sono utilizzate per valutare il significato fisiopatologico delle stenosi coronariche, e individuare quelle per le quali il trattamento invasivo con PCI è clinicamente indicato. Sono invece raramente utilizzate per esaminare il risultato finale della PCI. Lo studio DEFINE PCI ha dimostrato come, in circa un quarto delle procedure, il valore finale di iFR sia patologico (iFR ≤0.89) nella maggior parte dei casi (81.6%) per la presenza di una stenosi focale non trattata (definita come una variazione di iFR >0.03 unità entro un segmento di 15 mm). Non è chiaro, tuttavia, quale sia il correlato clinico a distanza di questo dato e quale sia il valore soglia di iFR post-procedurale per il quale si possa prevedere un rischio di eventi nel successivo anno di follow-up.

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De-escalation da doppia terapia antipiastrinica con ASA e ticagrelor mediante switch ad ASA e clopidogrel dopo il primo mese in pazienti con sindrome coronarica acuta: una soluzione vincente?

Le Linee Guida ESC raccomandano doppia terapia antipiastrinica con ASA e un inibitore potente del recettore P2Y12 come prasugrel o ticagrelor (DAPT standard) per 12 mesi dopo una sindrome coronarica acuta (ACS), con periodi più brevi (3 mesi) utilizzando ASA e clopidogrel nei pazienti considerati ad alto rischio emorragico. Tuttavia gli eventi ischemici tendono a essere più numerosi di quelli emorragici nel primo mese dopo l’evento indice, mentre il rischio di bleeding rimane uniforme anche nei mesi successivi. Questa osservazione apre la strada a strategie di “de-escalation”, basate su un utilizzo di inibitori potenti del recettore P2Y12 solo nelle prime settimane successive all’evento acuto, con l’utilizzo di ASA associato a clopidogrel nei mesi successivi. Un confronto diretto tra una DAPT standard verso una strategia di “de-escalation” basata su DAPT composta da ASA e clopidogrel non guidata da test genetici o di funzione piastrinica, non è stato condotto in una ampia popolazione di pazienti ACS.

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Effetti di alirocumab associato a statine ad alta intensità sulla composizione delle placche coronariche.

L’efficacia di alirocumab, un inibitore del PCSK9, nel ridurre il colesterolo LDL e gli eventi ischemici, inclusa la mortalità globale, è stata dimostrata nello studio ODYSSEY OUTCOMES (vedi Journal Map n. 5) in pazienti con anamnesi positiva per sindrome coronarica acuta (ACS). Non è noto, tuttavia, se questi effetti terapeutici favorevoli si esplichino anche attraverso una modificazione della composizione delle placche coronariche, rese meno “vulnerabili” dall’utilizzo di questi farmaci.

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Management of acute coronary syndromes in older adults

La presentazione clinica del paziente anziano con sindrome coronarica acuta è spesso caratterizzata dalla presenza di sindromi geriatriche. La Tabella mostra alcune definizioni delle più comuni. Nonostante la frequenza di questi quadri, le evidenze cliniche sono a favore di un trattamento del paziente anziano analogo a quello che si intraprende nel paziente più giovane, incluso un approccio invasivo precoce. Vi è peraltro da osservare che gli studi condotti nei pazienti anziani non hanno incluso i più fragili o quelli con sindromi geriatriche avanzate. Sono necessari, perciò, ulteriori studi in questa popolazione che sta sempre più crescendo numericamente.

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Predictors of early discharge after transcatheter aortic valve implantation: insight from the core valve clinical service.

L’identificazione di predittori procedurali ed elettrocardiografici di una dimissione precoce nei pazienti sottoposti a impianto transcatetere di bioprotesi aortica (TAVI), rappresenta un obiettivo importante. In questo studio, gli Autori hanno categorizzato 1.501 pazienti sottoposti a TAVI in due gruppi in base alla durata dell’ospedalizzazione (LoS): “Fast-Track” (LoS post-procedurale inferiore o uguale a 3 giorni) e “Slow-Track” (LoS post-procedurale >3 giorni). I pazienti nel gruppo “Slow-Track” presentavano un rischio chirurgico più elevato (P<0.001) e più frequentemente venivano trattati in anestesia generale (P=0.002). A 30 giorni, non è stata osservata alcuna differenza tra pazienti “Slow-Track” e “Fast-Track” per quanto riguarda la morte e la re-ospedalizzazione cardiovascolare. All’analisi multivariata, il punteggio STS di almeno il 4% [odds ratio (OR): 1.64], l’anestesia generale (OR: 2.80), la pre-dilatazione (OR: 0.45), la classe NYHA III o IV al baseline (OR: 1.65), l’insorgenza di disturbi di conduzione (OR: 2,41) e impianto di PM durante l’ospedalizzazione (OR: 2,63; P<0,001) sono risultati predittori indipendenti di “Slow-Track”.

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Association of statin pretreatment with presentation characteristics, infarct size and outcome in older patients with acute coronary syndrome: the Eldery ACS-2 trial.

Background: prior statin treatment has been shown to have favourable effects on shortand long-term prognosis in patients with acute coronary syndrome (ACS). There are limited data in older patients. The aim of this study was to investigate the association of previous statin therapy and presentation characteristics, infarct size and clinical outcome in older patients, with or without atherosclerotic cardiovascular disease (ASCVD), included in the Elderly-ACS 2 trial.

Methods: data on statin use pre-admission were available for 1,192 of the 1,443 patients enrolled in the original trial. Of these, 531 (44.5%) were already taking statins. Patients were stratified based on established ASCVD and statin therapy. ACS was classified as non-ST elevation or ST elevation myocardial infarction (STEMI). Infarct size was measured by peak creatine kinase MB (CK-MB). All-cause death in-hospital and within 1 year were the major end points.

Results: there was a significantly lower frequency of STEMI in statin patients, in both ASCVD and No-ASCVD groups. Peak CK-MB levels were lower in statin users (10 versus 25 ng/ml, P< 0.0001). There was lower all-cause death in-hospital and within 1 year for subjects with ASCVD already on statins independent of other baseline variables. There were no differences in all-cause death for No-ASCVD patients whether or not on statins. Conclusions: statin pretreatment was associated with more favourable ACS presentation and lower myocardial damage in older ACS patients both ASCVD and No-ASCVD. The incidence of all-cause death (in-hospital and within 1 year) was significantly lower in the statin treated ASCVD patients.

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