Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia
Inquadramento
È noto che le stenosi ostruttive non-culprit dei pazienti con infarto miocardico possono essere causa di successivi eventi acuti[1]Park D-W, Clare RM, Schulte PJ, et al. Extent, location, and clinical significance of non–infarct-related coronary artery disease among patients with ST-elevation myocardial infarction. JAMA. … Continua a leggere. Non è chiaro se il rischio connesso alla presenza di queste stenosi sia secondario alla severità del restringimento o alle caratteristiche morfologiche che le contraddistinguono come potenziali fonti di complicanze. Inoltre resta da chiarire se la presenza di numerose placche non ostruttive, ma morfologicamente vulnerabili, possa contribuire a mantenere alto il rischio di eventi cardiovascolari successivi all’infarto.
Lo studio in esame
Tra il gennaio 2017 e il dicembre 2021, 1.312 pazienti con infarto acuto del miocardio (AMI) sono stati sottoposti a indagine con OCT (optical coherence tomography) delle tre coronarie principali. L’età media era 57 anni, 7% erano maschi, 24% avevano diabete mellito e il 71% aveva avuto uno STEMI. I pazienti (e le lesioni) sono stati classificati in base alla presenza o assenza di stenosi non culprit significative (diametro all’angiografia ≥50%) e della presenza o assenza all’OCT di morfologia ad alto rischio (TCFA, thin-cap fibroatheroma). Globalmente, 492 pazienti (37.5%) avevano almeno una stenosi ostruttiva non-culprit (352 una singola lesione, 140 multiple lesioni). Essi erano più anziani, più frequentemente diabetici, con insufficienza renale e ipertensione rispetto ai pazienti senza stenosi significative. All’indagine OCT, la presenza di placche TCFA era più frequentemente osservata nei pazienti con placche ostruttive (47.8%) che in quelli senza placche ostruttive (23.2%, P<0.001). I pazienti sottoposti a PCI multivasale (n=82) non sono stati esclusi, ma la lesione non culprit trattata non veniva considerata nell’analisi. Globalmente, i MACE (morte cardiaca, infarto non fatale, rivascolarizzazione non pianificata) si sono verificati a una mediana di follow-up di 4.1 anni nel 14.5% dei pazienti (158 di 1.312), e includevano 35 morti cardiache, 31 infarti nonfatali e 99 rivascolarizzazioni non pianificate). Essi erano più frequenti nei pazienti con stenosi non culprit ostruttive che nei pazienti con stenosi non culprit non ostruttive (17.7% versus 12.8%; HR, 1.39 [95% CI, 1.02–1.91]) e riguardavano soprattutto la necessità di nuove rivascolarizzazioni. I pazienti con placche non culprit ostruttive e presenza di TCFA avevano il più alto numero di eventi (Figura). L’analisi per lesione ha rivelato la presenza di TCFA in 145 di 682 lesioni ostruttive non-culprit versus 477 di 4.591 lesioni non-culprit non ostruttive (21.3% versus 10.4%, P<0.001). Le lesioni ostruttive con TCFA avevano un arco lipidico maggiormente rappresentato. Le lesioni nonculprit ostruttive con TCFA avevano la più alta probabilità di MACE a 5 anni (3.6%) seguite dalle lesioni non-culprit non ostruttive, ma con presenza di TCFA (2.6%). All’analisi multivariata sia a livello di paziente che di lesione, la presenza di TCFA, ma non di lesioni ostruttive, si associava in modo indipendente ai MACE.

Take home message
Il rilievo prognostico delle lesioni ostruttive non culprit dei pazienti con infarto acuto del miocardio, è dipendente dalla loro morfologia all’OCT, una indagine che si rivela preziosa per individuare i pazienti che necessitano di rivascolarizzazione e di trattamenti intensivi di prevenzione secondaria.
Interpretazione dei dati
I dati rilevanti dello studio sono:
- i pazienti con infarto acuto (AMI) e stenosi non culprit ostruttive o con morfologia a tipo “thin cap fibroatheroma (TCFA)” hanno un rischio aumentato di eventi cardiaci nel follow-up, che è proporzionale al numero delle lesioni con quelle caratteristiche;
- le stenosi non culprit con TCFA sono più numerose, circa il doppio, tra quelle ostruttive che tra quelle non-ostruttive;
- benché gli eventi siano stati più numerosi tra le lesioni non ostruttive che tra quelle ostruttive, il rischio di eventi correlato alle singole lesioni era maggiore per queste ultime;
- il dato OCT (TCFA) e non quello angiografico (stenosi ostruttiva) era predittore indipendente di eventi avversi nel follow-up all’analisi multivariata.
A proposito di quest’ultimo punto, va ricordato che le stenosi non culprit più severe erano già state sottoposte a PCI e che quindi le lesioni rimanenti (e indagate nello studio) erano meno severe e meno impattanti dal punto di vista prognostico. Come ricordano gli Autori commentando i loro dati, una analisi dello studio COMPLETE ha mostrato una riduzione di morte cardiaca e infarto miocardico nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione con PCI delle lesioni non culprit ≥60%, non era presente alcun beneficio quando le stenosi erano <60%[2]Sheth T, Pinilla-Echeverri N, Moreno R, et al. Nonculprit lesion severity and outcome of revascularization in patients with STEMI and multivessel coronary disease. J Am Coll Cardiol. … Continua a leggere.
L’esclusione dallo studio delle stenosi non culprit più severe, potrebbe aver quindi selezionato lesioni a più basso rischio di eventi avversi, quali morte cardiaca e infarto miocardico. Gli Autori affermano che la maggior parte delle stenosi considerate nella presente analisi avrebbero avuto una FFR negativa se indagate in tale senso.
Una rivascolarizzazione FFR-guidata delle lesioni non culprit non è risultata superiore alla guida angiografica in una serie di studi[3]Puymirat E, Cayla G, Simon T, et al. Multivessel PCI guided by FFR or angiography for myocardial infarction. N Engl J Med. 2021;385:297–308. doi:10.1056/NEJMoa2104650; Böhm F, Mogensen B, … Continua a leggere forse proprio perché, in base ai risultati dell’FFR, non sarebbero state sottoposte a rivascolarizzazione lesioni non molto severe che tuttavia, in base alle loro caratteristiche di vulnerabilità, avrebbero potuto essere foriere di eventi avversi nel follow-up. Resta aperta la problematica del trattamento delle lesioni non ostruttive con caratteristiche morfologiche ad alto rischio, in particolare è tuttora oggetto di discussione se debbano essere rivascolarizzate oppure trattate con una terapia intensiva ipolipemizzante che includa gli inibitori di PCSK9.
Bibliografia[+]
↑1 | Park D-W, Clare RM, Schulte PJ, et al. Extent, location, and clinical significance of non–infarct-related coronary artery disease among patients with ST-elevation myocardial infarction. JAMA. 2014;312:2019–2027. doi:10.1001/jama.2014.15095. |
---|---|
↑2 | Sheth T, Pinilla-Echeverri N, Moreno R, et al. Nonculprit lesion severity and outcome of revascularization in patients with STEMI and multivessel coronary disease. J Am Coll Cardiol. 2020;76:1277–1286. doi:10.1016/j.jacc.2020.07.034. |
↑3 | Puymirat E, Cayla G, Simon T, et al. Multivessel PCI guided by FFR or angiography for myocardial infarction. N Engl J Med. 2021;385:297–308. doi:10.1056/NEJMoa2104650; Böhm F, Mogensen B, Engstrøm T, et al. FULL REVASC Trial Investigators. FFR-guided complete or culprit-only PCI in patients with myocardial infarction. N Engl J Med. 2024;390:1481–1492. doi:10.1056/NEJMoa2314149. |
Accedi per leggere tutto l'articolo
Inserisci i dati del tuo account su Cardiotalk per accedere e leggere tutto il contenuto dell'articolo.
Se non hai un account, clicca sul pulsante registrati e verrai reindirizzato al portale Cardiotalk per la registrazione.