È possibile individuare i pazienti a rischio di morte improvvisa utilizzando semplici indici di laboratorio?

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Indice

Inquadramento

L’individuazione di soggetti a rischio di morte improvvisa, soprattutto tra coloro che non hanno una storia di malattia cardiovascolare e sono asintomatici al momento dell’osservazione, costituirebbe un risultato di grande rilevanza clinica. Alcuni studi hanno evidenziato come il rilievo di valori basali aumentati di troponina ad alta sensibilità (hsTnI), NTproBNP e indici infiammatori come la proteina C reattiva (hsCRP) si correlino con un rischio aumentato di morte improvvisa nel follow-up, ma sinora nessuno studio aveva approfondito questo aspetto utilizzando congiuntamente alcuni studi di coorte in modo tale da avere una casistica molto ampia. Individuare in modo semplice una popolazione a rischio potrebbe permettere di condurre studi randomizzati di prevenzione (sia farmacologica che non farmacologica) di una manifestazione fatale che molto spesso non è preceduta da situazioni cliniche che destino allarme clinico.

Lo studio in esame

Gli Autori hanno utilizzato la casistica congiunta di sei studi finanziati da NIH (con un follow-up medio di oltre 11 anni) individuando 565 soggetti andati incontro a morte improvvisa che sono stati confrontati con 1.090 soggetti di controllo (“matchati” sulla base di caratteristiche cliniche quali età, sesso, precedente malattia cardiovascolare, etnia, abitudine al fumo, durata di follow-up, ipertensione, indice di massa corporea, uso di ASA). In essi era disponibile il valore del rapporto colesterolo totale/colesterolo LDL (TC:HDL-C ratio), il valore di hsTnI, NT-proBNP e hsCRP. È stato costruito uno score che assegnava un punto per ogni valore di questi indici di laboratorio che fosse compreso nel quartile più alto dei soggetti di controllo. L’età media era di 64 anni, le donne rappresentavano il 40% dei soggetti e circa un terzo aveva avuto una manifestazione clinica cardiovascolare (infarto, ictus, intervento di bypass aortocoronarico). Le concentrazioni basali di TC:HDL-C ratio, hsCRP, hsTnI e NTproBNP erano associate in modo indipendente col rischio di morte improvvisa, anche nei pazienti senza malattia cardiovascoare pregressa. L’analisi dello score mostrava che i soggetti con i quattro indici di laboratorio compresi nel quartile più alto avevano un rischio 7 volte superiore di morte improvvisa rispetto a chi non aveva nessun indice elevato (Figura).

Take home message

L’analisi di quattro indici di laboratorio, facilmente ottenibili, permette di individuare una popolazione a elevato rischio di morte improvvisa (anche in pazienti senza precedenti cardiovascolari e asintomatici) e apre la strada a possibili studi di prevenzione di questa temibile manifestazione clinica.

Commento

L’aspetto più interessante dello studio riguarda il dato che quattro indici di laboratorio, ciascuno espressione di momenti fisiopatologici differenti (alterato metabolismo lipidico, iniziale danno miocardico, eccessivo “strain” di parete e infiammazione) si correlano in modo indipendente da fattori di rischio tradizionali (come fumo, ipertensione, diabete) con il rischio di morte improvvisa. Vi è da dire che per alcuni indici (CRP, troponina) bisogna disporre di metodi di misurazione ad alta sensibilità perché i valori “sospetti” sono inclusi nel range considerato di normalità per i quesiti clinici per cui solitamente questi esami vengono richiesti. Poiché lo studio si propone di avere un risvolto pratico di “screening” di popolazione a rischio, bisognerebbe capire quale sia il limite di età da considerare per questa valutazione laboratoristica (la popolazione con morte improvvisa, così come il gruppo di controllo, aveva una età media di 64 anni) e se debba avere almeno un fattore di rischio tradizionale (oltre il 50% dei pazienti erano ipertesi). Benché gli autori sostengano che i risultati non sarebbero cambiati escludendo dall’analisi i pazienti con precedenti cardiovascolari (il 35% dei casi) è evidente che questa disomogeneità di casistica introduca un rumore di fondo nella valutazione dei dati. L’assenza, poi, di dati sulla funzione ventricolare sinistra (almeno nei pazienti con cardiopatia nota) suscita ulteriori perplessità.

L’opinione di Gaetano Maria De Ferrari

Divisione di Cardiologia, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, Sezione di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino

Spesso la morte cardiaca improvvisa è la prima manifestazione di una cardiopatia misconosciuta. Anche se il rischio di morte improvvisa è molto più alto tra i pazienti con grave cardiopatia, e in particolare con depressa frazione di eiezione VS, la maggior parte delle morti improvvise avvengono in soggetti asintomatici per cardiopatia (che hanno un rischio molto minore ma sono enormemente più rappresentati nella popolazione). Perciò, poter disporre di indicatori di rischio aumentato nella popolazione generale può aprire la strada a strategie di prevenzione mirata. Una quota importante delle morti improvvise è associata a sindromi coronariche acute. In questo ambito un rischio aumentato di malattia coronarica (aterotrombotico) identificherà anche un rischio aumentato di morte improvvisa. In una quota altrettanto importante una alterazione strutturale, anche se asintomatica (ad esempio una ipertrofia o una iniziale dilatazione VS) potrà essere la spia di un rischio aumentato. Semplificando, possiamo ritenere che dei 4 marker proposti da Everett et al, uno individui il solo rischio coronarico (i lipidi) uno il solo rischio strutturale (NTproBNP) uno prevalentemente, ma non esclusivamente, il rischio coronarico (PCR), uno entrambi i rischi (troponina). Fare esami ematici a soggetti asintomatici è certamente facile e potrebbe perciò portare benefici diagnostici. In diverse nazioni, incluse l’Italia, è anche frequente che la popolazione generale esegua un ECG, esame che manca tra le variabili di aggiustamento dello studio di Everett. Holkeri et al.[1] Holkeri A, et al. Heart 2020;106:427–433. doi:10.1136/heartjnl-2019-315437. hanno identificato 5 variabili ECG associate a un aumento di morte improvvisa: FC>80 b/min, PR> 220 ms, durata QRS >110 ms, ipertrofia VS e inversione delle onde T. I soggetti che avevano almeno 3 alterazioni (1.4% della popolazione) avevano un rischio 10 volte aumentato di morte improvvisa. Sarebbe perciò importante unire le informazioni dei biomarker alle informazioni dell’ECG. L’ECG potrebbe anche identificare una categoria di soggetti giovani a rischio elevato di morte improvvisa per una cardiopatia prevalentemente “elettrica”, spesso geneticamente determinata. Va ricordato che una predisposizione (genetica o acquisita) può influenzare anche il rischio aritmico in soggetti che manifestano la loro prima sindrome coronarica acuta. Noi abbiamo identificato 5 fattori che predispongono all’insorgenza di fibrillazione ventricolare in questa condizione: la sede anteriore dell’infarto, una bassa pressione sistolica, una familiarità per morte improvvisa, una condizione di inattività fisica e bassi valori di potassio[2]De Ferrari GM et al . Int J Cardiol 2020;302 :164-170. doi.org/10.1016/j.ijcard.2019.10.060.. Gli ultimi due fattori sono modificabili. Sulla base di questi dati, pertanto, l’individuazione di una condizione di rischio aumentato in un soggetto asintomatico sulla base, per esempio, di elevati valori di troponina e di una storia familiare per morte improvvisa dovrebbe portare all’esecuzione di un ECG e a evitare elevati valori lipidici, bassi valori di potassio e inattività fisica.

Bibliografia

Bibliografia
1 Holkeri A, et al. Heart 2020;106:427–433. doi:10.1136/heartjnl-2019-315437.
2 De Ferrari GM et al . Int J Cardiol 2020;302 :164-170. doi.org/10.1016/j.ijcard.2019.10.060.

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