Inquadramento
Quale sia la migliore tecnica per trattare le biforcazioni coronariche è da anni oggetto di controversia. Sino ad ora la tecnica consigliata è quella del “provisional stenting”, cioè di stentare il ramo secondario (SB) solo quando il risultato della procedura con un solo stent è insoddisfacente e il SB ha una elevata probabilità di occludersi spesso causando infarto periprocedurale. Ridurre questa complicanza è un “must” per il cardiologo interventista, visti anche i risultati dello studio ISCHEMIA nel quale l’infarto procedurale pesa nel computo finale degli eventi a svantaggio della strategia interventista rispetto a quella conservativa nei pazienti con coronaropatia stabile.
Lo studio in esame
Gli Autori hanno condotto uno studio randomizzato in pazienti con biforcazioni a rischio elevato di occlusione del SB, valutato in base a uno score ad hoc (il V-RESOLVE score), per verificare se un approccio di protezione attiva del ramo secondario (active SB-P) risultasse superiore a una tecnica convenzionale. I rami principali (MV) trattati dovevano avere un diametro tra 2.25 e 4 mm mentre il SB doveva essere >2 mm. La “active SB-P” consisteva nella tecnica del solo “pallone incarcerato” (jailed balloon) quando il diametro del SB era <2.5 mm, mentre si effettuava “pallone incarcerato” seguito da stenting elettivo di entrambi i rami coronarici (MV e SB) quando il diametro del SB era >2.5 mm. La strategia convenzionale, invece, si basava sull’utilizzo della sola “guidina incarcerata” (jailed wire) (quando il diametro del SB era <2.5 mm) o nell’utilizzo della jailed wire associata a “provisional stenting” quando il diametro del SB era >2.5 mm. L’endpoint principale dello studio consisteva nell’occlusione del SB, definito come riduzione del grado di flusso TIMI o occlusione totale del SB dopo impianto di stent nel MV. Sono stati randomizzati 335 pazienti in 13 centri cinesi. L’età media era di 61 anni e circa la metà dei pazienti nei due gruppi era diabetico. La quasi totalità dei pazienti aveva una coronaropatia multivasale (con un Syntax score medio=17.5) e le biforcazioni in oltre l’80% dei casi riguardavano la discendente anteriore e un ramo diagonale. Le biforcazioni erano di tipo 1,1,1, secondo la classificazione di Medina in circa i due terzi dei pazienti. I pazienti nel gruppo “active SB-P” hanno avuto una percentuale significativamente inferiore di occlusione del SB, mentre l’infarto periprocedurale non è stato significativamente diverso (Tabella).
Take home message
Secondo gli Autori, una strategia di protezione attiva del SB durante PCI di una biforcazione ad alto rischio riduce il rischio di occlusione del SB rispetto alla strategia convenzionale del “provisional stenting”.
Commento
L’interpretazione dei risultati dello studio appare per lo meno controversa. Se è vero che la tecnica di attiva protezione del SB è risultata superiore rispetto al “provisional stenting”, è semplicemente perchè l’endpoint era puramente angiografico, mentre l’equivalente clinico (infarto miocardico periprocedurale), molto più importante, non è risultato significativamente diverso utilizzando le due strategie. Non credo, quindi, che questi dati siano sufficienti per cambiare lo stato dell’arte della PCI in questo importante setting. Nell’editoriale di accompagnamento Chieffo e Beneduce, oltre a sottolineare la non convergenza tra i dati angiografici e quelli clinici, evidenziano il fatto che circa l’80% delle biforcazioni arruolate nello studio coinvolgeva un SB di piccole dimensioni (<2,5 mm) limitando così la valutazione della strategia di protezione attiva del SB con l’utilizzo di due stent nei confronti della strategia convenzionale di “provisional stenting” a un numero esiguo di casi, insufficiente per un giudizio conclusivo.
L’opinione di Antonio Bartorelli
Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Università degli Studi di Milano
Dall’avvento dell’angioplastica coronarica, nel settembre 1977, gli interventi coronarici percutanei (PCI) per trattare le stenosi localizzate nei punti di biforcazione – che attualmente rappresentano fino al 20% di tutte le procedure – hanno sempre costituito una sfida tecnica. In effetti, la strategia ottimale per l’approccio procedurale alle biforcazioni coronariche è stato per molti anni oggetto di intenso dibattito e molteplici studi, che attualmente hanno raggiunto un consenso condiviso: utilizzo di uno stent singolo nel vaso principale (MV) (così detto “provisional stenting”)[1] Darremont D, Leymarie JL, Lefevre T, et al. Technical aspects of the provisional side branch stenting strategy. EuroIntervention 2015;11 Suppl V:V86-90. associato o meno a protezione con filo guida del ramo secondario (SB) e a eventuale impianto, se necessario, di uno stent nel SB o, nei casi di particolare complessità anatomica, a impianto elettivo di due stent, uno nel MV e il secondo nel SB utilizzando svariate tecniche, frutto della fervida inventiva dei cardiologi interventisti[2]Banning AP, Lassen JF, Burzotta F, et al. Percutaneous coronary intervention for obstructive bifurcation lesions: the 14th consensus document from the European Bifurcation Club. EuroIntervention … Continua a leggere. Quando si opta per il “provisional stenting”, una decisione importante prima di impiantare lo stent nel MV è se posizionare un filo guida nel SB per facilitare l’accesso in caso di grave compromissione del flusso o di occlusione totale del vaso. Le due opzioni da prendere in considerazione sono se eseguire la protezione con il filo guida in tutti i casi o se invece selezionare una minoranza di biforcazioni nelle quali attuare questa tecnica. Teoricamente poter disporre di un dato angiografico che possa prevedere l’occlusione del SB potrebbe consentire di selezionare quelle stenosi nelle quali il vaso realmente necessita di protezione, con il vantaggio di massimizzare le risorse e ridurre la durata della procedura senza comprometterne la sicurezza. Gli stessi autori dello studio CIT-RESOLVE[3]Dou K, Zhang D, Pan H, et al. Active SB-P versus conventional approach to the protection of high-risk side branches: the CIT-RESOLVE trial. J Am Coll Cardiol Intv 2020;13:1112-22. avevano in precedenza messo a punto un nuovo score chiamato RESOLVE (Risk prEdiction of Side branch OccLusion in coronary bifurcation interVention) per valutare il rischio di occlusione del SB nel corso di PCI di biforcazioni coronariche[4]Dou K, Zhang D, Xu B, et al. An angiographic tool for risk prediction of side branch occlusion in coronary bifurcation intervention: the RESOLVE score system (Risk prEdiction of Side branch OccLusion … Continua a leggere. Lo score, che utilizza cinque variabili angiografiche di tipo primario (distribuzione della placca, grado di flusso TIMI del MV prima dell’impianto dello stent, diametro minimo preprocedurale della stenosi nel punto centrale della biforcazione, angolo della biforcazione e diametro minimo preprocedurale della stenosi del SB) e una variabile derivata (rapporto tra il diametro del MV e quello del SB), ha dimostrato di predire con accuratezza il rischio di occlusione del SB. Nello studio attuale gli autori hanno utilizzato lo score V-RESOLVE[5]Dou K, Zhang D, Xu B, et al. An angiographic tool based on visual estimation for risk prediction of side branch occlusion in coronary bifurcation intervention: the V-RESOLVE score system. … Continua a leggere che, rispetto al precedente, si basa sull’analisi visiva e non sulla angiografia coronarica quantitativa (QCA) per definire le stesse variabili angiografiche. L’evidente vantaggio dello score V-RESOLVE, che ha dimostrato di avere il medesimo valore predittivo del rischio di occlusione del SB, è di non derivare le variabili dalla QCA e quindi di permettere l’utilizzo dello score in tempo reale durante le procedure con la sola osservazione dell’angiografia coronarica. Gli autori dello studio CIT-RESOLVE hanno randomizzato 335 pazienti con uno score V-RESOLVE >12 punti confrontando una strategia tradizionale (filo guida di protezione e “provisional stenting” nei SB di diametro >2,5 mm o solo filo guida di protezione nei SB di diametro <2,5 mm) a una strategia di massima protezione (impianto elettivo di due stent nei SB di diametro >2,5 mm o solo filo guida o palloncino di protezione nei SB di diametro <2,5 mm). I risultati hanno dimostrato un chiaro vantaggio della strategia di massima protezione nei confronti di quella tradizionale in termini di percentuale di occlusione del SB (definita come qualsiasi diminuzione del grado di flusso TIMI o assenza di flusso dopo impianto dello stent nel SB) (7,7% vs. 18,0%, p=0,006). Tale divario è emerso principalmente dal confronto delle due tecniche applicate nei SB di diametro minore e non si è associato a una differenza significativa di infarto miocardico maggiore, ma solo a una maggiore incidenza dell’infarto periprocedurale diagnosticato secondo le definizioni della World Health Organization o dell’Academic Research Consortium-2. Questo studio fornisce alcuni importanti messaggi. Il primo è che le biforcazioni di elevata complessità anatomica, come quelle identificabili mediante lo score V-RESOLVE, presentano un elevato rischio di occlusione del SB anche nelle mani di esperti cardiologi interventisti, quali gli autori dello studio che avevano al loro attivo circa 200 PCI all’anno. Il secondo è che l’utilizzo di questo score può aiutare a ridurre il rischio di occlusione del SB stimolando l’uso di strategie attive di protezione. Infatti, in considerazione del fatto che il “provisional stenting” è oggi la strategia preferita, in presenza di stenosi ad “alto rischio”, come quelle sopra descritte dallo score, vi dovrebbe essere un soglia molto bassa per decidere di proteggere il SB prima dell’impianto dello stent nel MV. Il rischio di inserimento del filo guida (o più raramente di un palloncino di piccole dimensioni) nel SB è minimo e facilmente controbilanciato dalla consapevolezza che il ripristino di un flusso normale può essere molto difficoltoso o addirittura impossibile quando l’impianto dello stent nel MV causi l’occlusione di un SB non protetto, con conseguente necrosi miocardica o addirittura, in certi casi, il decesso del paziente. Il limite maggiore dello studio CIT-RESOLVE consiste nel fatto che, nella maggioranza dei casi, le biforcazioni coinvolgevano SB di piccole dimensioni nei quali è stata adottata la strategia di protezione con filo guida o palloncino. Ciò non permette di fornire dati di rilievo clinico dal confronto tra la strategia di massima protezione e quella tradizionale nei SB di diametro maggiore (>2,5 mm) che rappresentano i vasi con il maggior impatto prognostico sfavorevole in caso di occlusione.
Bibliografia[+]
↑1 | Darremont D, Leymarie JL, Lefevre T, et al. Technical aspects of the provisional side branch stenting strategy. EuroIntervention 2015;11 Suppl V:V86-90. |
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↑2 | Banning AP, Lassen JF, Burzotta F, et al. Percutaneous coronary intervention for obstructive bifurcation lesions: the 14th consensus document from the European Bifurcation Club. EuroIntervention 2019;15:90-98. |
↑3 | Dou K, Zhang D, Pan H, et al. Active SB-P versus conventional approach to the protection of high-risk side branches: the CIT-RESOLVE trial. J Am Coll Cardiol Intv 2020;13:1112-22. |
↑4 | Dou K, Zhang D, Xu B, et al. An angiographic tool for risk prediction of side branch occlusion in coronary bifurcation intervention: the RESOLVE score system (Risk prEdiction of Side branch OccLusion in coronary bifurcation interVEntion). J Am Coll Cardiol Interv 2015;8:39-46. |
↑5 | Dou K, Zhang D, Xu B, et al. An angiographic tool based on visual estimation for risk prediction of side branch occlusion in coronary bifurcation intervention: the V-RESOLVE score system. EuroIntervention 2016;11:e1604-11. |
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