Gender Issues in Italian Catheterization Laboratories: The Gender‐CATH Study.

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Abstract

Background: Women represent an increasing percentage of interventional cardiologists in Italy compared with other countries. However, gaps exist in understanding and adapting to the impact of these changing demographics.
Methods and results: We performed a national survey to analyze demographics, genderbased professional difference, needs in terms of catheterization laboratory (Cath‐Lab) abstention, and radiation safety issues in Italian Cath‐Lab settings. A survey supported by the Italian Society of Interventional Cardiology (Società Italiana di Cardiologia Interventistica–Gruppo Italiano di Studi Emodinamici SICI‐GISE) was mailed to all SICI‐GISE members. Categorical data were compared using the χ2 test. P<0.05 was considered significant. There were 326 respondents: 20.2% were <35 years old, and 64.4% had >10 years of Cath‐Lab experience. Notably, 26.4% were women. Workload was not gender‐influenced (women performed “on‐call” duty 69.8% versus men 68.3%; P=0.97). Women were more frequently unmarried (22.1% women versus 8.7% men; P=0.002) and childless (43.9% versus 56.1%; P<0.001). Interestingly, 69.8% of women versus 44.6% of men (P<0.001) argued that pregnancy/breastfeeding negatively impacts professional skill development and career advancement. For Cath‐Lab abstention, 38.9% and 69.6% of respondents considered it useful to perform percutaneous coronary intervention robotic simulations and “refresh‐skill” sessions while they were absent or on return to work, respectively, without gender differences. Overall, 80% of respondents described current radioprotection counseling efforts as inadequate and not gender specific. Finally, 26.7% faced some type of job discrimination, a significantly higher proportion of whom were women.
Conclusion: Several gender‐based differences exist or are perceived to exist among interventional cardiologists in Italian Cath‐Labs. Joint strategies addressing Cath‐Lab abstention and radiation exposure education should be developed to promote gender equity in interventional cardiologists.


Intervista a Chiara Bernelli

Cardiology Department, Interventional Cardiology Unit, Ospedale Santa Corona, ASL2 Sistema Sanitario Liguria, Italy.

Gentile dottoressa Bernelli, qual è il take home message della vostra analisi?
La nostra survey, “The Gender Issues in Cath-Lab”, estesa a tutti i cardiologi interventisti italiani iscritti alla società scientifica SICI-GISE, condotta nell’anno 2018, ha voluto analizzare eventuali differenze di genere nei Cath-Lab italiani, cercando di individuare potenziali bisogni segnalati dai Cardiologi interventisti.
Il divario di genere, infatti, è ancora ampio in alcune sottospecialità della medicina, quali la cardiologia interventistica, in cui l’esposizione radiologica gioca un ruolo chiave. Un totale di 326 cardiologi interventisti hanno aderito alla survey: il 20,2% aveva <35 anni e il 64,4% più di 10 anni di esperienza lavorativa in Cath-Lab. Un quarto della popolazione (26,4%) era costituita da donne.
I “take home message” emersi con questo sondaggio, che per la prima volta è andato a esaminare anche le caratteristiche di vita privata degli interventisti italiani, sono stati molteplici e importanti. Si conferma a oggi una preponderanza del sesso maschile nei Cath-Lab, ma abbiamo notato un’inversione di rotta: vi è un aumento della popolazione femminile nei Cath-Lab, nelle più giovani fasce di età, una realtà molto importante se confrontata con altri paesi. In Italia abbiamo, infatti, una maggiore percentuale di giovani donne interventiste, rispetto agli altri paesi UE e non UE[1]Khan MS, Mahmood S, Khan SU, Fatima K, Khosa F, Sharma G, Michos ED. Women training in cardiology and its subspecialties in the United States: a decade of little progress in representation. … Continua a leggere[2]Burgess S, Shaw E, Ellenberger K, Thomas L, Grines C, Zaman S. Women in medicine: addressing the gender gap in interventional cardi- ology. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2663–2667.[3]Burgess S, Shaw E, Zaman S. Women in cardiology. Circulation. 2019;139:1001–1002.[4]Capranzano P, Kunadian V, Mauri J, Petronio AS, Salvatella N, Appelman Y, Gilard M, Mikhail GW, Schüpke S, Radu MD, et al. Motivations for and barriers to choosing an interventional cardiology … Continua a leggere.
Un altro dei principali “take home message” emersi è il seguente: l’assenza di un supporto predefinito in caso di astensione dal Cath-Lab, riguardante entrambi i sessi. Per la prima volta è stato affrontato il tema di astensione dal Cath-Lab e il potenziale impatto sulla formazione sia per i giovani che hanno appena intrapreso un percorso formativo, sia per il mantenimento degli skill anche nei soggetti che hanno già completato l’attività di training. Sono state ipotizzate diverse opzioni per colmare questo gap. Un ulteriore importante messaggio derivato è relativo al tema della radioprotezione: esso rimane ancora carente. Non esiste un counselling specialistico per sessi volto a prevenire le potenziali complicanze associate all’esposizione radiologica non solo in termini di prevenzione tumorale, ma in termini di riduzione di malattie degenerative e potenziale infertilità. Infine, ma non ultimo, come già noto in precedenti lavori e in similitudine con altre nazioni, le donne rispetto agli uomini soffrono di maggiore discriminazione sulla vita lavorativa nonostante un simile carico lavorativo (svolgimento “guardia cardiologica attiva” e di reperibilità). Inoltre, pagano sulla vita privata: hanno meno frequentemente famiglia e figli.

Dalla survey risulta che ci sono più cardiologhe interventiste non sposate che tra i colleghi uomini. Questo potrebbe dipendere dalla più giovane età della popolazione femminile rispetto a quella maschile oppure ci sono cause differenti?
Il tema del differente status civile tra uomini e donne cardiologi interventisti è oggetto ampiamente conosciuto anche in realtà europee e americane[5]Khan MS, Mahmood S, Khan SU, Fatima K, Khosa F, Sharma G, Michos ED. Women training in cardiology and its subspecialties in the United States: a decade of little progress in representation. … Continua a leggere[6]Burgess S, Shaw E, Ellenberger K, Thomas L, Grines C, Zaman S. Women in medicine: addressing the gender gap in interventional cardi- ology. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2663–2667.[7]Burgess S, Shaw E, Zaman S. Women in cardiology. Circulation. 2019;139:1001–1002.[8]Capranzano P, Kunadian V, Mauri J, Petronio AS, Salvatella N, Appelman Y, Gilard M, Mikhail GW, Schüpke S, Radu MD, et al. Motivations for and barriers to choosing an interventional cardiology … Continua a leggere. In linea con questi dati, il nostro sondaggio ha dimostrato come le donne interventiste Italiane siano più frequentemente single e non sposate. Questo può essere ovviamente secondario a un effetto bias, legato al fatto che le donne interventiste che hanno partecipato alla survey sono più frequentemente giovani e spesso il periodo formativo e l’inizio dell’attività in Cath-Lab coincide per le donne nell’età critica per investire sul piano famigliare e sulla costruzione di una famiglia. Tuttavia, abbiamo notato che anche per età avanzate, le donne sono più frequentemente sigle e nullipare rispetto agli uomini. Queste osservazioni vengono probabilmente giustificate dal fatto che la donna deve in parte rinunciare o posticipare la pianificazione di una vita familiare per ovviare a quel gap fisiologico biologico, che ha inizio in fase formativa ritarderebbe il training e laformazione, e successivamente influenzerebbe il carico lavorativo. Tale percezione è emersa anche dalle donne interventiste madri che hanno vissuto gravidanza/allattamento e maternità come discriminazione sullo sviluppo delle proprie competenze professionali e sull’avanzamento di carriera.

La radioprotezione è obbligatoria all’interno degli ospedali. Dalla tipologia di risposte ottenute sembrerebbe tuttavia che i risultati siano deludenti. Come si può migliorare questo aspetto importante della professione medica?
Questa affermazione ha sicuramente centrato ed evidenziato uno dei principali punti critici emersi da questo sondaggio. Complessivamente, l’80% degli intervistati ha descritto come la prevenzione, in termini radioprotezionistici, sia ancora carente e non specifica per genere, basti pensare alla mancata promozione di campagne educative volte a promuovere la sensibilizzazione nei confronti della riduzione del danno delle radiazioni nello sviluppo di malattie degenerative o nel potenziale effetto sulla riduzione della fertilità oltre all’effetto neoplastico. Il servizio di radioprotezione, sebbene per legge sia attivo in tutte le strutture ospedaliere con il compito di educare al meglio i professionisti radioesposti, ancora oggi ha un impatto marginale sulla popolazione dei cardiologi interventisti. Questo aspetto andrebbe ulteriormente potenziato. La sensibilizzazione in termini radioprotezionistici dovrebbe ancor essere maggiormente rivolta alle fasce di età più giovani che stanno eseguendo un percorso di training e dovrebbe essere sesso specifica, sia a opera dei servizi di fisica sanitaria ospedaliera, sia della stessa società scientifica SICI-GISE. Inoltre, con l’incrementare del sesso femminile in Cath-Lab sarebbe necessario un percorso di supporto più definito in donne in stato di gravidanza e in allattamento, mediante campagne educazionali a hoc.

Nel vostro lavoro riportate che nei laboratori di Emodinamica la proporzione di cardiologhe interventiste è più alta in Italia che in altri paesi. Quali sono, secondo lei, le cause di questa “onda rosa“ nei nostri Cath-Labs?
La ringrazio per questa domanda, anche se è difficile rispondervi. Il motivo per cui la popolazione italiana attesti un tasso del 17% circa di donne in Cath-Lab, rispetto ad altre realtà quali l’USA e l’Australia in cui la proporzione di cardiologhe interventiste ammonta al 5%, è difficile da spiegare e può essere riconducibile a molteplici fattori[9]Khan MS, Mahmood S, Khan SU, Fatima K, Khosa F, Sharma G, Michos ED. Women training in cardiology and its subspecialties in the United States: a decade of little progress in representation. … Continua a leggere[10]Burgess S, Shaw E, Ellenberger K, Thomas L, Grines C, Zaman S. Women in medicine: addressing the gender gap in interventional cardi- ology. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2663–2667.[11]Burgess S, Shaw E, Zaman S. Women in cardiology. Circulation. 2019;139:1001–1002.[12]Capranzano P, Kunadian V, Mauri J, Petronio AS, Salvatella N, Appelman Y, Gilard M, Mikhail GW, Schüpke S, Radu MD, et al. Motivations for and barriers to choosing an interventional cardiology … Continua a leggere. Innanzi tutto, vi può essere un “bias” di selezione. Le donne sono state più motivate ad aderire e a rispondere a questo sondaggio rispetto agli uomini. Altresì, andrebbe comunque sottolineato che esaminando i dati della società SICI-GISE si conferma una percentuale di donne interventiste del 17% circa rispetto al totale dei soci. Tali differenze rispetto agli altri paesi possono essere motivate, dai diversi sistemi di supporto per il sesso femminile radioesposto. Ad esempio, in Italia la legge prevede l’astensione volontaria dal Cath-Lab durante la gravidanza e entro i primi 7 mesi di vita del bambino/a, mentre in America le donne gravide proseguono l’attività in Cath-Lab anche se gravide. Questo può indurre, ad esempio, più donne americane a non perseguire la carriera interventistica. Un’altra ragione può essere legata alla diversa formazione professionale nei diversi paesi. In Italia, infatti, negli ultimi anni per le donne frequentanti la scuola di specializzazione in malattie cardiovascolari, è previsto un sostegno con maternità obbligatoria. Nelle ultime generazioni questo potrebbe incentivare a programmare la gravidanza prima di intraprendere la formazione interventistica, e non rappresentare un ostacolo al perseguimento della carriera in emodinamica. Viceversa, il posporre una gravidanza nel periodo formativo potrebbe associarsi a problematiche per le donne in attesa di trovare una posizione lavorativa definitiva e a rimandare l’eventuale nascita dei figli con conseguenti problematiche sulla fertilità, il che può in parte spiegare il perché le donne interventiste siano più frequentemente senza figli rispetto agli uomini. In generale, il più alto numero di donne interventiste in Italia può dipendere da un effetto culturale. Pur persistendo la discriminazione dei sessi in ambito lavorativo, oggi il gap tra sessi rimane più contenuto. Sempre più spesso molte donne sono iscritte nelle facoltà di medicina e pertanto accedono più frequentemente a specializzazioni che storicamente venivano dominate dal sesso maschile. Ovviamente questo rappresenta un importante passo di cui la nostra nazione dovrebbe andare orgogliosa e dovrebbe essere un input per stimolare la ricerca di percorsi che si adeguino alle risposte degli interventisti italiani a 360 gradi, supportando maggiormente il sesso femminile.

La discriminazione sul luogo di lavoro è avvertita come molto maggiore tra le cardiologhe interventiste (63%) che tra i colleghi uomini (14%). Quali sono le cause e come si possono rimuovere?
Nonostante il “gender gap” si stia progressivamente riducendo, come già sovramenzionato, il nostro sondaggio ha sottolineato come esistano ancora divari di genere e, soprattutto, come manchino progetti volti a supportare la formazione durante l’astensione nei Cath-Lab, sia essa per motivi fisiologici quali la gravidanza che incide maggiormente nel processo formativo precoce, sia essa per motivi patologici che coinvolgono anche il sesso maschile con conseguente potenziale danno sugli skill professionali. Le cause principali della discriminazione, che vengono percepite in misura maggiore dalle donne, derivano innanzitutto da un vecchio concetto culturale, che sebbene stia cambiando, rende le donne ancora potenzialmente squalificate rispetto agli uomini. Una delle principali cause è che spesso, poiché la fase iniziale di formazione interventistica delle donne coincide con il periodo di concepimento, spesso non vi è la cultura a investire in donne in età fertile per la paura che esse possano, per ovvi motivi, astenersi dal Cath-Lab e conseguentemente a periodi di reperibilità per il periodo della gravidanza e allattamento. L’assunzione di una giovane donna in emodinamica viene pertanto posposta o vengono privilegiate le classi maschili, per non scoprire turni notturni e di reperibilità. Non viene spesso fatto un ragionamento su un investimento futuro pensando di ridistribuire le mansioni delle donne in altri settori quali quello ambulatoriale o di ricerca clinica. Pertanto, spesso le donne sono portate indirettamente a compiere scelte che pesano sulla propria vita privata per poter non soffrire di questa discriminazione. La strategia principale per correggere queste anomalie è quello di agire sul processo culturale. Inoltre, dovrebbero essere sviluppate strategie congiunte per promuovere formazione e avanzamento professionale del sesso femminile, quali:
• investimento con campagne educazionali rivolte a entrambi i sessi nel periodo di astensione al Cath-Lab quali utilizzo di simulatori di PCI robotica;
• sviluppo di programmi educativi sull’esposizione alle radiazioni specifica, “ad-hoc” per genere;
• consulenza specifica per operatrici Cath-Lab sia prima che durante e dopo la gravidanza;
• opportunità di finanziamento con borse di studio senza pregiudizi di genere specie nei giovani non ancor assunti dopo la specializzazione;
• sviluppo di politiche dedicate al congedo medico familiare: informazioni sulla politica del congedo parentale alla tirocinante/strutturata incinta;
• supporti nel post-partum prima del ritorno al lavoro quali opinioni per gestione dei figli (istituzione di servizi di baby-sitting e asili nidi per giovani donne medico);
• congedi parentali per padri cardiologi interventisti e servizi di supporto alla nascita e all’infanzia.

Bibliografia

Bibliografia
1, 5, 9 Khan MS, Mahmood S, Khan SU, Fatima K, Khosa F, Sharma G, Michos ED. Women training in cardiology and its subspecialties in the United States: a decade of little progress in representation. Circulation. 2020;141:609 – 611.
2, 6, 10 Burgess S, Shaw E, Ellenberger K, Thomas L, Grines C, Zaman S. Women in medicine: addressing the gender gap in interventional cardi- ology. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2663–2667.
3, 7, 11 Burgess S, Shaw E, Zaman S. Women in cardiology. Circulation. 2019;139:1001–1002.
4, 8, 12 Capranzano P, Kunadian V, Mauri J, Petronio AS, Salvatella N, Appelman Y, Gilard M, Mikhail GW, Schüpke S, Radu MD, et al. Motivations for and barriers to choosing an interventional cardiology career path: results from the EAPCI Women Committee worldwide survey. EuroIntervention. 2016;12:53–59.

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