Utilizzo della fractional flow reserve (FFR) per valutare il risultato finale della angioplastica coronarica. I risultati di uno studio randomizzato

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Indice

Inquadramento

La FFR è utilizzata per individuare le stenosi di grado intermedio all’angiografia che sono emodinamicamente significative e, perciò, trattabili con angioplastica coronarica (PCI). L’utilizzo invece di FFR post-PCI per giudicare il risultato della procedura è poco praticato, sia perchè il suo significato non è validato da ampi studi, sia perchè un risultato subottimale della procedura è spesso attribuito alla presenza di una malattia diffusa dei rami coronarici non generalmente trattabile. Tuttavia, vi sono dati che indicano come il valore post-procedurale di FFR si correli con eventi futuri: in particolare un valore ≥0.90 si associa significativamente a un minor rischio di nuovi eventi coronarici e di nuove PCI[1]Rimac G, Fearon WF, De Bruyne B, et al. Clinical value of post-percutaneous coronary intervention fractional flow reserve value: a systematic review and meta-analysis. Am Heart J 2017;183:1–9..

Lo studio in esame

Studio monocentrico randomizzato (Trial of Angiography vs. pressure-Ratio-Guided Enhancement Techniques-Fractional Flow Reserve -TARGET-FFR) che ha paragonato due strategie di valutazione del risultato finale della PCI in 260 pazienti (età media 59 anni): una basata sull’ottimizzazione con dilatazioni ulteriori del vaso stentato o con impianto di ulteriori stent, quando il risultato della PCI era subottimale (FFR post-PCI <0.90) ed era presente al pull-back un gradiente pressorio non indicativo di aterosclerosi diffusa (post-PCI physiology-guided incremental optimization strategy -PIOS-), l’altra, “standard”, basata sul solo giudizio angiografico. Un risultato subottimale della PCI (FFR finale <0.90) era globalmente presente nel 68.1% dei pazienti. Nel gruppo randomizzato a PIOS, in circa un terzo dei pazienti (30.5%) si è proceduto a una ottimizzazione del risultato come previsto dal protocollo. Il risultato finale (vedi Tabella) non ha mostrato alcuna differenza tra i due gruppi per quanto riguarda la proporzione di pazienti con FFR finale >0.90 (endpoint primario) mentre i pazienti randomizzati a PIOS presentavano, con minore frequenza, un valore di FFR finale <0.80 (endpoint secondario).

Take home message

Circa due terzi dei pazienti sottoposti a PCI mostra un risultato subottimale al termine della procedura. Una strategia di ottimizzazione FFR-guidata non permette di aumentare la percentuale di pazienti con FFR finale >0.90, ma riduce significativamente la proporzione di coloro che presentano una FFR finale <0.80.

Interpretazione dei dati

Gli Autori, nella discussione, segnalano come sia difficile nella pratica routinaria di esecuzione di PCI ottenere una FFR post-procedurale ≥0.90 in una ampia proporzione di pazienti (circa un terzo dei pazienti nel TARGET–FFR trial). Anche la strategia di ottimizzazione del risultato FFR-guidata riesce a raggiungere questo risultato solo in un ulteriore 2.2% dei casi. Una ragione può risiedere nel fatto che la maggior parte delle lesioni trattate (57.7%) riguardavano l’arteria discendente anteriore che si distribuisce a un ampio territorio miocardico. È noto infatti che il gradiente pressorio a livello di una stenosi dipende, anche, dal flusso che la attraversa. La presenza di una stenosi sull’arteria discendente anteriore era già stata indicata come una importante variabile associata a un risultato post-PCI subottimale, e uno studio precedente aveva indicato un cut-off di FFR finale più basso per l’arteria discendente anteriore (0.82) che per altri rami coronarici (0.88) quale predittore di eventi futuri[2]Hwang D, Lee JM, Lee H-J, et al. Influence of target vessel on prognostic relevance of fractional flow reserve after coronary stenting. EuroIntervention 2019;15:457–464..

L’opinione di Massimo Fineschi

Cardiovascular Department, Interventional Cardiology, Policlinico Le Scotte, Siena, Italy

L’obiettivo principale della rivascolarizzazione miocardica è quello di rimuovere l’ischemia inducibile e quindi di migliorare i sintomi e la prognosi dei pazienti trattati; in quest’ottica, la valutazione funzionale post-PCI fornisce informazioni utili per capire l’efficacia effettiva della procedura interventistica.
Esistono numerose evidenze che confermano il ruolo della valutazione funzionale post-PCI nella ricerca dell’ischemia residua e nella stratificazione prognostica; il primo lavoro sul valore predittivo della FFR post-PCI risale a circa 20 anni fa, successivamente sono stati pubblicati numerosi studi che hanno confermato (con differenti valori di cut-off compresi tra 0.88 e 0.92) il valore prognostico della FFR post-PCI sugli eventi cardiovascolari[3]Hwang D, Lee JM, Yang S, et al. Role of post-stent physiological assessment in a risk prediction model after coronary stent implantation. J Am Coll Cardiol Intv. 2020;13:1639–1650..
Il valore post-PCI dell’FFR è quindi potenzialmente utile per la valutazione immediata del risultato procedurale (che talvolta potrà essere ottimizzato) e allo stesso tempo è predittivo dell’outcome.
È stato dimostrato che il valore dell’FFR post-PCI in circa la metà dei casi trattati è <0.90 (quindi subottimale) e in circa il 10% dei casi è addirittura <0.80, restando perciò ancora un valore funzionalmente critico. L’ottimizzazione della procedura con la post-dilatazione e/o con l’impianto di un ulteriore stent è in grado di dimezzare la percentuale di casi con FFR oltre il cut-off ischemico[4]Van Bommel RJ, Masdjedi K, Diletti R, Lemmert ME, van Zandvoort L, Wilschut J, Zijlstra F, de Jaegere P, Daemen J, van Mieghem NM. Routine Fractional Flow Reserve Measurement After Percutaneous … Continua a leggere[5]Agarwal SK, Kasula S, Hacioglu Y, Ahmed Z, Ulretsky BF, Hakeem A. Utilizing post-intervention fractional flow reserve to optimize acute results and the relationship to long-term outcomes J Am Coll … Continua a leggere. È importante ricordare che il valore dell’FFR post-PCI può dipendere non solo da un risultato subottimale dell’impianto dello stent ma anche dalla presenza di malattia coronarica diffusa o dalla presenza di una ulteriore stenosi focale. Quindi, in molti casi il valore dell’FFR post-PCI può essere solo un marker dell’estensione della malattia coronarica non modificabile in modo significativo con l’ottimizzazione della PCI. Lo studio TARGET FFR, ha valutato se una strategia di ottimizzazione della PCI guidata dalla valutazione funzionale con FFR (gruppo PIOS: post-PCI physiology-guided incremental optimization strategy) fosse superiore a una strategia guidata dalla sola angiografia. Anche in questo studiosi conferma che, nella maggioranza dei pazienti trattati, il valore post-PCI di FFR è subottimale cioè <0.90. Il pullback ha evidenziato, nella maggioranza dei casi, una malattia aterosclerotica diffusa prossimalmente o distalmente al segmento trattato con l’impianto di stent e più raramente un gradiente residuo all’interno dello stent (espansione non ottimale) o presenza di ulteriori lesioni focali. L’endpoint primario (percentuale di pazienti con FFR post-PCI ≥0.90) è stato raggiunto nel 38,1% dei pazienti nel gruppo PIOS e nel 28.1% nel gruppo controllo con una differenza non statisticamente significativa. Per quello che riguarda invece l’endpoint secondario (percentuale di pazienti con FFR ≤0.80) c’è stata una differenza statisticamente significativa a favore del gruppo PIOS (18.6% versus 29.8%; p=0.045). Questo lavoro conferma la difficoltà di uno studio randomizzato con valutazione funzionale associata alle procedure interventistiche. Nel gruppo PIOS solo nel 31% dei casi è stato tecnicamente possibile procedere a ottimizzazione della procedura a causa della presenza di aterosclerosi diffusa o per la preferenza del medico o del paziente. Dobbiamo infatti mettere in conto la durata della procedura e il tempo di fluoroscopia, il mezzo di contrasto usato e i possibili effetti collaterali dell’adenosina. Ma i rischi maggiori possono essere nelle procedure “forzate” di ottimizzazione. La bassa frequenza di interventi effettuati nel gruppo PIOS potrebbe rendere underpowered lo studio.
I risultati dell’analisi dell’endpoint secondario sono estremamente rilevanti circa il valore clinico della misurazione dell’FFR post-PCI: gli Autori desideravano, eventualmente, ridurre il numero di pazienti con angina persitente/ ricorrente dopo la PCI intervenendo sui risultati subottimali. I risultati a 3 mesi sulla SAQ-7 (valutazione della variazione dei sintomi) hanno invece mostrato l’assenza di differenza fra il gruppo PIOS e il gruppo di controllo (nonostante la diversa percentuale di pazienti con FFR ≥0.80) evidenziando come altri meccanismi di angina, oltre al risultato subottimale post-PCI, possono essere rilevanti come ad esempio alterazioni vasomotorie o disfunzione del microcircolo. Le conclusioni del TARGET FFR unitamente agli altri studi disponibili dimostrano che ad oggi il valore dell’FFR post-PCI non è ancora validato come target terapeutico per un uso routinario. In caso di lesioni in tandem è raccomandabile valutare il valore di FFR post-PCI, perché non è prevedibile il valore della stenosi residua, in caso di stenosi focale su di un vaso con malattia aterosclerotica diffusa il valore serve invece per stratificare il rischio di eventi futuri e per capire la eventuale persistenza di sintomi e/o la positività degli stress test non invasivi, piuttosto che per procedere a ulteriori ottimizzazioni della PCI. Solo in una percentuale limitata di casi è lo stent che determina un gradiente residuo significativo ed è perciò necessaria una ottimizzazione della PCI. I trial in corso serviranno a fare chiarezza sul ruolo della valutazione funzionale post-PCI che, ad oggi, resta di fondamentale importanza nella valutazione pre-procedurale.

Bibliografia

Bibliografia
1 Rimac G, Fearon WF, De Bruyne B, et al. Clinical value of post-percutaneous coronary intervention fractional flow reserve value: a systematic review and meta-analysis. Am Heart J 2017;183:1–9.
2 Hwang D, Lee JM, Lee H-J, et al. Influence of target vessel on prognostic relevance of fractional flow reserve after coronary stenting. EuroIntervention 2019;15:457–464.
3 Hwang D, Lee JM, Yang S, et al. Role of post-stent physiological assessment in a risk prediction model after coronary stent implantation. J Am Coll Cardiol Intv. 2020;13:1639–1650.
4 Van Bommel RJ, Masdjedi K, Diletti R, Lemmert ME, van Zandvoort L, Wilschut J, Zijlstra F, de Jaegere P, Daemen J, van Mieghem NM. Routine Fractional Flow Reserve Measurement After Percutaneous Coronary Intervention. Circ Cardiovasc Interv. 12 (2019) e007428.
5 Agarwal SK, Kasula S, Hacioglu Y, Ahmed Z, Ulretsky BF, Hakeem A. Utilizing post-intervention fractional flow reserve to optimize acute results and the relationship to long-term outcomes J Am Coll Cardiol Intv 2016;9:1022-31.

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