Optical coherence tomography, intravascular ultrasound o angiography guidance for distal left main coronary stentig. The ROCK sohort II study.

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Abstract

Objectives: To test the safety and efficacy of intravascular imaging and specifically optical coherence tomography (OCT) as a diagnostic tool for left main angioplasty and analyze the mid-term outcome accordingly.

Background: Clinical data and international guidelines recommend the use of intravascular imaging ultrasound (IVUS) to guide left main (LM) angioplasty. Despite early experience using OCT in this setting is encouraging, the evidence supporting its use is still limited.

Methods: ROCK II is a multicenter, investigatordriven, retrospective European study to compare the performance of IVUS and OCT versus angiography in patients undergoing distal-LM stenting. The primary study endpoint was target-lesion failure (TLF) including cardiac death, target-vessel myocardial infarction and target-lesion revascularization. We designed this study hypothesizing the superiority of intravascular imaging over angiographic guidance alone, and the non-inferiority of OCT versus IVUS.

Results: A total of 730 patients, 377 with intravascular-imaging guidance (162 OCT, 215 IVUS) and 353 with angiographic guidance, were analyzed. The one-year rate of TLF was 21.2% with angiography and 12.7% with intravascularimaging (p=0.039), with no difference between OCT and IVUS (p=0.26). Intravascular-imaging was predictor of freedom from TLF (HR 0.46; 95% CI 0.23-0.93: p=0.03). Propensity-score matching identified three groups of 100 patients each with no significant differences in baseline characteristics. The one-year rate of TLF was 16% in the angiographic, 7% in the OCT and 6% in the IVUS group, respectively (p=0.03 for IVUS or OCT vs. angiography). No between-group significant differences in the rate of individual components of TLF were found.

Conclusions: Intravascular imaging was superior to angiography for distal LM stenting, with no difference between OCT and IVUS.


Intervista a Bernardo Cortese

Fondazione Ricerca e Innovazione Cardiovascolare, Milano, Italy

Dottor Cortese, può illustrarci il take home message del vostro studio?
ROCK II fa parte di un progetto scientifico molto ambizioso, volto allo sdoganamento della metodica “OCT” per il trattamento della patologia del tronco comune. Finora la metodica OCT è stata utilizzata per l’analisi delle lesioni su letti vascolare più distali, e per l’analisi finale dopo stenting, poiché si è sempre ritenuto che fornisse immagini di qualità non adeguata per il tratto prossimale delle coronarie. Noi abbiamo dimostrato che questo non è vero già con lo studio ROCK I, che ha sottolineato come l’impiego sistematico di guida OCT per angioplastica del tronco comune fosse la miglior metodica per la scoperta di malapposizione o sottoespansione di stent appena impiantati (problematica non valutabile con la sola angiografia e potenzialmente catastrofica). ROCK I ha anche mostrato una superiorità statisticamente significativa in termini di “late lumen loss” durante angiografia di controllo dopo 6 mesi, quando l’angioplastica era assistita da OCT rispetto alla pratica standard (angiografia assistita da IVUS in casi selezionati, come succede nella pratica clinica corrente). In realtà il problema di uno scarso impiego di imaging intravascolare in Europa o Stati Uniti (gli ultimi dati parlano di una penetrazione dell’imaging intorno al 10% sommando le due metodiche) è significativa: lo definirei un vero e proprio problema culturale, ingiustificato da scuse apportate da alcuni colleghi come la mancanza di un rimborso dedicato o il troppo tempo “perso”. Infatti, sono sempre di più gli studi che dimostrano un miglioramento dell’outcome clinico quando l’angioplastica è assistita da imaging, soprattutto quando si parla del tronco comune. Tornando alla domanda, con gli studi ROCK I & II abbiamo innanzitutto sdoganato questa metodica che è assolutamente adatta per una corretta analisi del tratto distale del tronco comune, magari adottando alcuni “tips & tricks”. Nello specifico, ROCK II ha confrontato 3 metodiche diagnostiche in ausilio dell’angioplastica del tronco comune: la sola angiografia, l’IVUS e l’OCT, volendo testarne l’efficacia e la sicurezza con un ambizioso endpoint primario composito, la TLF, ovvero l’insieme di morte cardiovascolare, infarto nel territorio sotteso al tronco comune e necessità di andare incontro a nuova rivascolarizzazione. I punti di forza di ROCK II sono a mio avviso l’assoluta qualità del panel di Sperimentatori Principali e Centri invitati, che annoverano alcuni tra i maggiori esperti mondiali, e i 730 pazienti arruolati (un numero molto ampio per questo tipo di studi). I risultati sono in linea con quanto ci aspettavamo. La TLF era simile tra i gruppi IVUS (6%) e OCT (7%), e in entrambi i casi significativamente ridotta rispetto a quella del gruppo angiografia (16%, HR 0.37 e 0.43 rispettivamente, CI<1).

Nel vostro studio, come mostra la Tabella sotto riprodotta (modificata rispetto all’originale), vi sono differenze tra i gruppi, pur “matchati” per analisi di propensity score. Queste differenze indicano che l’utilizzo di una di queste tecniche di imaging (o il loro non-utilizzo) modifica anche la strategia procedurale. Può commentare?
Questa tabella in effetti è molto informativa, e ne potremmo parlare per ore. Il messaggio di fondo lo hai però già espresso: l’imaging intravascolare fa un buon servizio se determina un “cambio di rotta” nelle decisioni terapeutiche, e questi dati lo mostrano chiaramente. I miei commenti vorrei riassumerli nei seguenti punti.

  • Nel braccio OCT la lesione era stata preparata meno (solo il 50% dei pazienti era stato sottoposto a predilatazione) con anche un basso tasso di postdilatazione (57%). Ci si sarebbe potuti aspettare lesioni più semplici, e che fosse meno comune trovare complicanze acute come la malapposizione di stent, eppure l’OCT ha mostrato di poter individuare questa complicanza in una percentuale del 30% dei pazienti, un tasso di ben 4 volte superiore a quello dell’IVUS.
  • L’OCT può semplificare l’angioplastica del tronco comune. Il tasso di POT e KB finali erano entrambi inferiori al braccio IVUS: chi ha detto che debbano essere sempre fatti, se un buon imaging già permette di valutare una buona espansione e apposizione dello stent? – Ad altri elementi riscontrati dall’OCT come il prolasso di placca e la presenza di dissezioni non angiograficamente rilevabili al tratto distale dello stent non concedo grande importanza, infatti già altri studi hanno dimostrato che queste limitazioni insite nella metodica dello stenting non siano poi così importanti nel determinare un incremento degli eventi avversi.

Per quali pazienti e in quali situazioni anatomiche consiglierebbe un controllo OCT piuttosto che una guida IVUS?
Le informazioni raccolte dagli studi ROCK (come peraltro altri studi avevano precedentemente dimostrato in setting anatomici diversi) mostrano la superiorità dell’OCT per identificare una malapposizione di uno stent appena impiantato o una dissezione vascolare a valle o a monte della protesi. L’IVUS a mio avviso è superiore nella definizione dell’estensione delle calcificazioni (soprattutto quelle più profonde) e per l’analisi del tratto prossimale del tronco comune, dove l’OCT ha forti limitazioni tecniche e non dovrebbe essere impiegato. Gli studi ROCK hanno anche sfatato il mito che l’OCT sia controindicato in pazienti con insufficienza renale, visto che la quantità di mezzo di contrasto utilizzato in mani esperte per questo tipo di procedura, gravata da alto grado di complessità, era simile tra il gruppo IVUS e quello OCT.

Se le indicazioni per IVUS e OCT sono differenti, ha senso uno studio randomizzato di confronto tra le due tecniche di imaging?
Intanto dovremmo ricordarci che l’analisi con imaging intravascolare dovrebbe essere adottata prima per una corretta definizione della lesione, da cui derivano scelte terapeutiche potenzialmente cruciali (mi riferisco alle tecniche di trattamento delle lesioni calcifiche), e alla fine per valutare l’efficacia dell’angioplastica. IVUS ha già ottenuto una classe IIa per entrambe le indicazioni nelle ultime Linee Guida della Società Europea di Cardiologia, eppure sono ancora tanti i casi in cui il tronco comune viene trattato con eccessiva leggerezza senza alcun ausilio diagnostico. Io ritengo che il cardiologo debba scegliere la metodica con cui si sente più confidente e con cui abbia più esperienza, basta che dedichi a questo tipo di lesione il tempo necessario per impiantare adeguatamente gli stent.

Quali sono gli studi futuri per comprendere appieno questa metodica?
Non credo che uno studio randomizzato di confronto tra IVUS e OCT, che sarebbe estremamente oneroso e i cui risultati non sarebbero disponibili prima di 3-4 anni da oggi, sia il prossimo percorso da intraprendere. Il progetto ROCK prevede (in realtà ancora non abbiamo il budget completo, ma la Fondazione Ricerca e Innovazione Cardiovascolare ci sta lavorando) anche uno studio di confronto tra angioplastica del tronco comune OCT-guidata e bypass aorto-coronarico, una sorta di EXCEL rivisitato con le ultime tecniche a disposizione dell’emodinamista, chissà che questa volta non si riesca a fare goal, sopendo la poco entusiasmante striscia di polemiche ancora viva attorno a quello studio.

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