Stenosi aortica severa associata a coronaropatia: meglio la TAVI e la PCI o la sostituzione valvolare chirurgica associata al bypass aortocoronarico?

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Indice

Inquadramento

La coesistenza di una coronaropatia moderato/ severa ha rappresentato un criterio di esclusione all’arruolamento dei pazienti con stenosi aortica severa sintomatica nei trial di confronto tra TAVI e sostituzione valvolare chirurgica (SAVR)[1]Popma JJ, Michael Deeb G, Yakubov SJ, et al. Transcatheter aortic-valve replacement with a self-expanding valve in low-risk patients. N. Engl. J. Med. 2019;380:1706–1715.. Tuttavia molti pazienti con stenosi aortica ed età avanzata presentano una coronaropatia significativa e non è noto quale sia il loro destino quando alla TAVI si associa la PCI piuttosto che alla SAVR un intervento di bypass aortocoronarico (CABG).

Lo studio in esame

Gli autori hanno selezionato da un registro multicentrico (14 centri negli USA e in Europa) 800 pazienti con coronaropatia moderato/severa (definita in base a un SYNTAX score >22 o alla presenza di una malattia del tronco comune) sottoposti a TAVI trans-femorale e PCI (n=202), oppure a SAVR e CABG (n= 598). Una analisi propensity-matched è stata eseguita in 156 pazienti per gruppo (età media 79 anni, STS score 5.8%, 58% pazienti in classe NYHA 3/4, FE 52%). A una mediana di follow-up di 3 anni gli eventi cardio-cerebrovascolari (MACCE = mortalità per ogni causa, infarto miocardico spontaneo, necessità di nuova rivascolarizzazione e ictus) non sono risultati significativamente differenti tra i due gruppi (HR TAVI vs SAVR 1.33, 95% CI: 0.89-1.98). Gli endpoint singoli sono riportati nella Tabella. L’unica differenza statisticamente significativa ha riguardato la necessità di nuove rivascolarizzazioni, più elevate con TAVI e PCI (HR 5.38, 95% CI: 1.73-16.7). Nella analisi “landmark” a partire dal primo mese dopo la procedura i MACCE risultavano significativamente minori nel gruppo SAVR+CABG.

Take home message

Nei pazienti con stenosi aortica severa e coronaropatia moderato/severa, trattati con TAVI+PCI o SAVR+CABG, i MACCE sono risultati non significativamente differenti a 3 anni di follow-up. Tuttavia, i pazienti TAVI+PCI sono andati incontro con maggiore frequenza a nuove rivascolarizzazioni.

Interpretazione dei dati

Una ovvia limitazione, riconosciuta dagli autori, è la natura osservazionale dello studio, non essendo randomizzati i due gruppi confrontati. Inoltre, la numerosità limitata può avere contribuito al mancato raggiungimento di una significatività statistica in presenza di differenze numeriche di eventi tra i due gruppi. Vanno considerati anche alcuni aspetti di diversità osservati tra i pazienti sottoposti a TAVI rispetto a quelli chirurgici. I primi infatti hanno avuto una minor completezza di rivascolarizzazione (50% versus 97%) e una maggiore incidenza postprocedurale di insufficienza aortica moderato/ severa (7.8% versus 0.6%). È possibile che queste differenze abbiano giocato un ruolo importante nel determinare la miglior prognosi dei pazienti chirurgici, rispetto ai pazienti TAVI nella analisi di sopravvivenza a partire dal 30 giorno post-intervento.

L’opinione di Enrico Cerrato

Unità funzionale interaziendale di emodinamica, A.O.U. San Luigi Gonzaga, Orbassano e Ospedale degli Infermi ASLTO3 Rivoli, Torino

Nell’era contemporanea e alla luce dei nuovi studi sul medio e basso rischio, i pazienti indirizzati a TAVI costituiscono una percentuale sempre più ampia dei pazienti con stenosi valvolare aortica che accedono nelle nostre cardiologie. Nello studio in questione la strategia TAVI+PCI sembra risultare inferiore alla strategia SAVR+CABG in termini di rivascolarizzazioni ripetute nel follow-up. In realtà, dall’analisi dei dati (riportati in tabella supplementare) si può notare come in questa coorte la PCI sia stata effettuata senza un utilizzo dell’attuale standard procedurale, ovvero con un 16% di utilizzo di BMS e non è noto l’utilizzo di fisiologia intracoronarica o imaging per ottimizzazione del risultato secondo gli attuali standard interventistici. Gli eventi di rivascolarizzazione riportati (n=10, 6.4%) sono costituiti, peraltro, da 4 restenosi intrastent, 3 progressioni di malattia su stesso vaso e 3 progressioni di malattia su altro vaso, mentre non sono state riportate trombosi di stent. Pertanto, a mio avviso, la differenza evidenziata dallo studio non costituisce allo stato attuale dell’arte un parametro di confronto e saranno necessari ulteriori studi che includano pazienti TAVI trattati con PCI eseguita secondo la miglior pratica clinica attuale (DES ultrasottili, eventuale uso di indici fisiologici non iperemici in stenosi intermedie e ottimizzazione con imaging IVUS in caso di trattamenti complessi). Nella realtà, ancor prima di questo quesito, è certamente lecito chiedersi nell’ambito di entrambe le metodiche (SAVR o TAVI) la reale necessità di sottoporre il paziente a una rivascolarizzazione completa, che sia questa chirurgica o percutanea. Mentre una lesione prossimale come il tronco comune lascia pochi dubbi sul beneficio atteso, molto discutibile rimane il trattamento di stenosi distali (che peraltro possono essere potenzialmente più prone a failure). Nell’ambito dei pazienti TAVI, sicuramente molti trial potranno dare delle risposte. Per esempio nel NOTION-3 trial (ClinicalTrials. Gov Identifier: NCT03058627) 452 pazienti saranno randomizzati a rivascolarizzazione guidata da FFR prima di TAVI vs solo TAVI o il COMPLETE TAVR, (ClinicalTrials.gov Identifier: NCT04634240), che ambisce a randomizzare 3.000 pazienti a PCI angio-guidata post TAVI o trattamento medico. Un altro punto da sottolineare nello studio in oggetto è anche la mancanza di un endpoint legato al bleeding (in relazione all’utilizzo prolungata di DAT) che tuttavia nei DES di nuova generazione risulta ormai accorciabile specie in pazienti trattati elettivamente, diminuendo ulteriormente questo eventuale “svantaggio” della PCI. In conclusione allo stato attuale nell’ambito del trattamento della stenosi valvolare aortica, se, quando e come trattare una concomitante coronaropatia rimane una questione aperta. A mio avviso nel paziente indirizzato a TAVI rimangono pochi dubbi in relazione a stenosi “prognostiche” di vasi principali che vanno trattate, quando possibile, prima di affrontare la TAVI e soprattutto utilizzando tutti i device e le metodiche di ultima generazione per ridurre al minimo il rischio di failure e anche la conseguente difficoltà tecnica di re-incannulamento dell’ostio coronarico post TAVI.

Bibliografia

Bibliografia
1 Popma JJ, Michael Deeb G, Yakubov SJ, et al. Transcatheter aortic-valve replacement with a self-expanding valve in low-risk patients. N. Engl. J. Med. 2019;380:1706–1715.

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