L’infarto miocardico dopo angioplastica coronarica: quale definizione utilizzare?

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Indice

Inquadramento

L’infarto miocardico periprocedurale (PPMI) è una complicanza non infrequente delle procedure di angioplastica coronarica (PCI) che limita l’impatto clinico favorevole della procedura. Ne sono state proposte alcune definizioni che differiscono tra loro, sia per le soglie di incremento postprocedurale della troponina (cTn), che per la presenza o meno di criteri ancillari che indichino il rischio di complicanze angiografiche o di nuova ischemia miocardica. Tuttavia, non c’è consenso su quale definizione utilizzare, anche se si concorda sull’impatto prognostico che una corretta definizione deve avere, in particolare sulla successiva mortalità cardiovascolare[1]Prasad A, HerrmannJ. Myocardial Infarction Due to Percutaneous Coronary Intervention. N Engl J Medc2011;364:453-64.. Il problema non è di poco conto, in quanto l’incidenza di PPMI può variare dal 2% al 18% in base alle diverse definizioni, modificando, a seconda di quella utilizzata, il risultato di trial che confrontino la PCI sia con la terapia medica che con il bypass aortocoronarico[2]Gregson J, Stone GW, Ben-Yehuda O, Redfors B, Kandzari DE, Morice MC, Leon MB, Kosmidou I, Lembo NJ, Brown WM 3rd, Karmpaliotis D, Banning AP, Pomar J, Sabaté M, Simonton CA, Dressler O, Kappetein … Continua a leggere.

Lo studio in esame

Analisi del Bern PCI registry, che ha incluso le procedure di PCI eseguite in quel centro in pazienti con sindrome coronarica cronica, tra gennaio 2009 e dicembre 2018. Sono state applicate le diverse definizioni di PPMI recentemente proposte: la terza e quarta[3]Thygesen K, Alpert JS, Allan S, Simoons ML, Chaitman BR, White HD; Joint ESC/ACCF/AHA/WHF Task Force for Universal Definition of Myocardial Infarction. Third universal definition of myocardial … Continua a leggere[4]Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, Chaitman BR, Bax JJ, Morrow DA, White HD; Executive Group on behalf of the Joint European Society of Cardiology (ESC)/American College of Cardiology (ACC)/American … Continua a leggere Universal Myocardial Infarction Definition (UDMI), la definizione dell’Academic Research Consortium -2- (ARC-2)[5]Garcia-Garcia HM, McFadden EP, Farb A, Mehran R, Stone GW, Spertus J, Onuma Y, Morel MA, van Es GA, Zuckerman B, Fearon WF, Taggart D, Kappetein AP, Krucoff MW, Vranckx P, Windecker S, Cutlip D, … Continua a leggere e della Society for Cardiovascular Angiography and Interventions (SCAI)[6]Moussa ID, Klein LW, Shah B, Mehran R, Mack MJ, Brilakis ES, Reilly JP, Zoghbi G, Holper E, Stone GW. Consideration of a new definition of clinically relevant myocardial infarction after coronary … Continua a leggere.
Tutte queste definizioni utilizzano incrementi postprocedurali di cTn con varie soglie proposte per la diagnosi associata, o meno a, “criteri ancillari” (vedi Tabella). In tutti i pazienti inclusi nello studio (età media 69 anni, diabete 26%, precedente infarto 18%, 1 lesione trattata 57%) erano disponibili i dati clinici, angiografici elettrocardiografici e di laboratorio per diagnosticare la presenza di PPMI in base alle varie definizioni. L’incidenza di PPMI era più elevata per la terza (18%) e quarta (14.9%) definizione UDMI che per quelle di ARC-2 (2%) e SCAI (2%). La mortalità cardiaca a 1 anno (endpoint primario) risultava invece più alta per i PPMI diagnosticati in base ad ARC-2 (5.8%) e SCAI (10%), che per terza (2.9%) e quarta (3%) definizione UDMI. La “major myocardial injury” secondo la quarta UDMI (aumento troponina >5 URL senza “criteri ancillari”) non risultava significativamente correlata alla mortalità cardiaca. All’analisi multivariata l’hazard ratio (HR), per la mortalità cardiaca, risultava più elevato per le definizioni ARC-2 (HR: 3.90; 95% CI: 1.54-9.93) e SCAI (HR: 7.66; 95% CI: 3.64-16.11) che per la terza (HR: 1.76; 95% CI: 1.04-3.00) e quarta UDMI (HR: 1.93; 95% CI: 1.11-3.37).

Take home message

In questo studio, l’unico sinora che abbia confrontato l’impatto prognostico di quattro definizioni di PPMI basate su incrementi di troponina e sulla presenza di “criteri ancillari”, l’incidenza di PPMI risultava minore per le definizioni ARC-2 e SCAI. Queste definizioni avevano tuttavia un maggiore impatto prognostico, soprattutto per quanto riguarda la mortalità cardiaca, rispetto alla terza e quarta UDMI.

Interpretazione dei dati

La rilevanza e attualità dello studio è sottolineata dagli Autori: la definizione di PPMI può modificare l’esito di trial di confronto tra PCI e terapia medica ottimale, come mostra il recente dibattito sull’esito dello studio ISCHEMIA, che ha mostrato risultati divergenti a seconda che venisse utilizzata una definizione conservativa di PPMI (nessuna differenza di outcome tra PCI e terapia medica ottimale) o una definizione più ampia di PPMI (risultato migliore sull’outcome della terapia medica rispetto alla PCI). L’argomento è diventato particolarmente caldo, anche con la pubblicazione di un documento di consenso della European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions della Società Europea di Cardiologia[7]Bulluck H, Paradies V, Barbato E, Baumbach A, Bøtker HE, Capodanno D, De Caterina R, Cavallini C, Davidson SM, Feldman DN, Ferdinandy P, Gili S, Gyongy ¨ osi ¨ M, Kunadian V, Ooi SY, Madonna R, … Continua a leggere, che sosteneva l’importanza prognostica non solo dei PPMI diagnosticati in base alla quarta UDMI (Type 4a MI), ma anche della “major myocardial injury” asserendone la legittimità a essere valutati come endpoint surrogati di trial clinici. Gli Autori, riferendosi a quel documento, ne confutano la validità e le conclusioni alla luce dei loro risultati. Poiché PPMI è spesso associato agli MI spontanei nell’endpoint dei trial clinici, è importante che l’impatto prognostico delle due tipologie di MI sulla successiva mortalità cardiaca sia simile. Questo studio offre perciò elementi importanti e innovativi su un argomento controverso.

L’opinione di Claudio Cavallini

Struttura Complessa di Cardiologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria di Perugia

L’argomento dell’impatto prognostico degli infarti peri-procedurali (PPMI), durante interventi di rivascolarizzazione coronarica percutanea, rappresenta uno dei temi più dibattuti nell’ambito della cardiologia interventistica negli ultimi 25 anni[8]Herrmann J. Peri-procedural myocardial injury: 2005 update. Eur Heart J. 2005;26:2493–2519.. Molte sono le problematiche tuttora aperte: l’impatto prognostico sfavorevole dei PPMI è legato a un rapporto di causa/effetto oppure il PPMI è semplicemente un marker di una condizione di maggior rischio di base? Qual è la soglia di elevazione del biomarcatore al di sopra della quale l’impatto prognostico del PPMI diventa “clinicamente” rilevante? Ha senso accomunare nei trial clinici PPMI e infarti spontanei in un unico endpoint “infarto miocardico”? Qual è il biomarcatore da preferire per la diagnosi di PPMI? Queste incertezze hanno portato negli anni a proporre varie definizioni di PPMI nelle quali il tipo di marcatore (CK-MB, cTn, HsTn), l’entità della elevazione dello stesso (>3; >5; >35; >70), l’associazione con elementi “ancillari” indicativi di necrosi o ischemia miocardica (modificazioni dell’ST-T o nuove onde Q o nuovo blocco di branca sinistra all’ECG; dimostrazione di perdita di miocardio vitale ai test di imaging; dimostrazione di compromissione di flusso a livello di rami coronarici), appaiono ampiamente variabili. Ciascuna di queste definizioni si caratterizza per la presenza di “maglie” diagnostiche più o meno larghe per l’evento infarto procedurale (sensibilità) e per l’impatto prognostico più o meno rilevante nel follow-up (specificità). Il grande pregio di questo lavoro è quello di aver confrontato per la prima volta, all’interno di uno stesso corposo gruppo di pazienti con coronaropatia stabile sottoposti a PCI, definizioni differenti di infarto miocardico procedurale e di “Major Myocardial Injury” (MMI: elevazione di cTn >5x non associato a elementi ancillari sopra definiti[9]Bulluck H, Paradies V, Barbato E, Baumbach A, Bøtker HE, Capodanno D, De Caterina R, Cavallini C, Davidson SM, Feldman DN, Ferdinandy P, Gili S, Gyongy ¨ osi ¨ M, Kunadian V, Ooi SY, Madonna R, … Continua a leggere.

Questo studio ci dice che:

  • quanto più sono selettivi i criteri per la definizione di PPMI tanto minore è la rilevanza epidemiologica del fenomeno (che progressivamente scende dal 18% al 2%), ma tanto maggiore è l’impatto sulla mortalità a 1 anno (HR per la mortalità cardiaca cresce inversamente da 1,7 a 7,66);
  • la dimostrazione di elevazione “isolata” di cTn >5 volte il valore massimo di normalità e non associata a criteri ancillari di documentata ischemia/necrosi (MMI), non ha impatto prognostico statisticamente rilevante.

Manca, purtroppo, in questo studio la valutazione del marcatore ideale per la definizione di infarto miocardico procedurale: essendo il dosaggio di CK-MB disponibile solo in una minoranza di casi analizzati il confronto con cTn non era possibile. Dati precedenti documentavano chiaramente una superiorità sul piano prognostico della elevazione della CK-MB rispetto alla cTn[10]Cavallini C, Savonitto S, Violini R, on behalf of the Italian “Atherosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology” and“Society for Invasive Cardiology–GISE” Investigators. Impact of the … Continua a leggere[11]Cavallini C, Verdecchia P, Savonitto S, Arraiz G, Violini R, Olivari Z, Rubartelli P, De Servi S, Plebani M, Steffenino G, Sbarzaglia P, Ardissino D; Italian Atherosclerosis, Thrombosis and Vascular … Continua a leggere, la quale tuttavia, avendo soppiantato la prima nella diagnosi di infarto “spontaneo”, ne ha di fatto oscurato l’utilizzo anche nel contesto peri-procedurale. La conclusione che possiamo trarre da questo studio è che il PPMI rappresenta sempre un evento “sgradito” della procedura di rivascolarizzazione percutanea: tutti gli infarti procedurali (ma non i MMI) si associano infatti, a prescindere dalla definizione utilizzata, a un impatto prognostico negativo. Tuttavia, le ricadute sulla prognosi a lungo termine saranno tanto maggiori e clinicamente rilevanti, quanto maggiore è la elevazione della cTn (per es. >70X). Per tale motivo, ogniqualvolta nei trial clinici si vogliano valutare procedure di rivascolarizzazione in confronto con terapia medica sarà necessario, nell’analisi degli endpoint clinici, utilizzare definizioni di PPMI che siano avvicinabili sul piano prognostico a quelli degli infarti spontanei (per es. definizione SCAI). Ciò che questo studio non può ovviamente dire, lasciando quindi irrisolto il quesito, è quale sia la strategia terapeutica più opportuna cui sottoporre pazienti con PPMI o MMI. I pazienti con elevazioni post-procedurali di cTn presentano condizioni di rischio di base peggiori; pur in assenza di Linee Guida specifiche, appare quindi opportuno adottare in questi pazienti tutti gli interventi di prevenzione secondaria dimostratisi efficaci nella malattia coronarica stabile.

Bibliografia

Bibliografia
1 Prasad A, HerrmannJ. Myocardial Infarction Due to Percutaneous Coronary Intervention. N Engl J Medc2011;364:453-64.
2 Gregson J, Stone GW, Ben-Yehuda O, Redfors B, Kandzari DE, Morice MC, Leon MB, Kosmidou I, Lembo NJ, Brown WM 3rd, Karmpaliotis D, Banning AP, Pomar J, Sabaté M, Simonton CA, Dressler O, Kappetein AP, Sabik JF 3rd, Serruys PW, Pocock SJ. Implications of Alternative Definitions of Peri-Procedural Myocardial Infarction After Coronary Revascularization. J Am Coll Cardiol. 2020 Oct 6;76(14):1609-1621. doi: 10.1016/j.jacc.2020.08.016.
3 Thygesen K, Alpert JS, Allan S, Simoons ML, Chaitman BR, White HD; Joint ESC/ACCF/AHA/WHF Task Force for Universal Definition of Myocardial Infarction. Third universal definition of myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2012;60:1581–98.
4 Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, Chaitman BR, Bax JJ, Morrow DA, White HD; Executive Group on behalf of the Joint European Society of Cardiology (ESC)/American College of Cardiology (ACC)/American Heart Association (AHA)/World Heart Federation (WHF) Task Force for the Universal Definition of Myocardial Infarction et al. Fourth universal definition of myocardial infarction Eur Heart J. 2019;40:237–269.
5 Garcia-Garcia HM, McFadden EP, Farb A, Mehran R, Stone GW, Spertus J, Onuma Y, Morel MA, van Es GA, Zuckerman B, Fearon WF, Taggart D, Kappetein AP, Krucoff MW, Vranckx P, Windecker S, Cutlip D, Serruys PW; Academic Research Consortium. Standardized end point definitions for coronary intervention trials: the Academic Research Consortium-2 Consensus Document. Circulation 2018;137:2635–265.
6 Moussa ID, Klein LW, Shah B, Mehran R, Mack MJ, Brilakis ES, Reilly JP, Zoghbi G, Holper E, Stone GW. Consideration of a new definition of clinically relevant myocardial infarction after coronary revascularization:an expert consensus document from the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions (SCAI). J Am Coll Cardiol. 2013;62:1563–1570.
7, 9 Bulluck H, Paradies V, Barbato E, Baumbach A, Bøtker HE, Capodanno D, De Caterina R, Cavallini C, Davidson SM, Feldman DN, Ferdinandy P, Gili S, Gyongy ¨ osi ¨ M, Kunadian V, Ooi SY, Madonna R, Marber M, Mehran R, Ndrepepa G, Perrino C, Schüpke S, Silvain J, Sluijter JPG, Tarantini G, Toth GG, Van Laake LW, von Birgelen C, Zeitouni M, Jaffe AS, Thygesen K, Hausenloy DJ. Prognostically relevant periprocedural myocardial injury and infarction associated with percutaneous coronary interventions: a Consensus Document of the ESC Working Group on Cellular Biology of the Heart and European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI). Eur Heart J 2021;42:2630–42.
8 Herrmann J. Peri-procedural myocardial injury: 2005 update. Eur Heart J. 2005;26:2493–2519.
10 Cavallini C, Savonitto S, Violini R, on behalf of the Italian “Atherosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology” and“Society for Invasive Cardiology–GISE” Investigators. Impact of the elevation of biochemical markers of myocardial damage on long-term mortality after percutaneous coronary intervention: results of the CK-MB and PCI study. Eur Heart J. 2005;26:1494 –1498.
11 Cavallini C, Verdecchia P, Savonitto S, Arraiz G, Violini R, Olivari Z, Rubartelli P, De Servi S, Plebani M, Steffenino G, Sbarzaglia P, Ardissino D; Italian Atherosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology and Society for Invasive Cardiology– GISE Investigators. Prognostic value of isolated troponin I elevation after percutaneous coronary intervention. Circ Cardiovasc Interv 2010;3:431–435.

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