Abstract
Background: Cardiac magnetic resonance (CMR) plays a pivotal diagnostic role in myocardial infarction with nonobstructive coronary arteries (MINOCA). To date, a prognostic stratification of these patients is still lacking.
Methods: The authors assessed 437 MINOCA from January 2017 to October 2021. They excluded acute myocarditis, takotsubo syndromes, cardiomyopathies, and other nonischemic etiologies. Patients were classified into 3 subgroups according to the CMR phenotype:
- presence of late gadolinium enhancement (LGE) and abnormal mapping (M) values (LGE+/M+);
- regional ischemic injury with abnormal mapping and no LGE (LGE-/M+); and
- nonpathological CMRs (LGE-/M-). The primary outcome was the presence of major adverse cardiovascular events (MACE). The mean follow-up was 33.7 ± 12.0 months and CMR was performed on average at 4.8 ± 1.5 days from the acute presentation.
Results: The final cohort included 198 MINOCA; 116 (58.6%) comprised the LGE+/M+ group. During follow-up, MACE occurred significantly more frequently in MINOCA LGE+/M+ than in the LGE+/M- and normal-CMR (LGE-/M-) subgroups (20.7% vs 6.7% and 2.7%; P=0.006). The extension of myocardial damage at CMR was significantly greater in patients who developed MACE. In multivariable Cox regression, %LGE was an independent predictor of MACE (HR:1.123 [95% CI: 1.064-1.185]; P<0.001) together with T2 mapping values (HR: 1.190 [95% CI: 1.145-1.237]; P=0.001).
Conclusions: In MINOCA with early CMR execution, the %LGE and abnormal T2 mapping values were identified as independent predictors of adverse cardiac events at ~3.0 years of follow-up. These parameters can be considered as high-risk markers in MINOCA.
Intervista a: Luca Bergamaschi
IRCCS Policlinico Sant’Orsola, Bologna
Dottor Bergamaschi, può illustrarci i messaggi principali dello studio?
Il nostro studio si propone di migliorare la comprensione e la stratificazione prognostica del cosiddetto infarto miocardico acuto senza stenosi coronariche significative (MINOCA) affrontando due aspetti cruciali. Inizialmente, il MINOCA è stato considerato come un’unica entità, ma in realtà comprende una varietà di diagnosi finali con prognosi di per sé molto diverse, dalla miocardite alle cardiomiopatie e alla sindrome di Takotsubo. In secondo luogo, la prognosi di questi pazienti è stata erroneamente ritenuta benigna a causa, probabilmente, dell’assenza di significative stenosi coronariche. Nel nostro studio, abbiamo affrontato direttamente queste questioni utilizzando in modo ampio e precoce la risonanza magnetica cardiaca (CMR) nei pazienti con MINOCA. I risultati chiave del nostro studio dimostrano che, dopo aver escluso altre diagnosi non legate all’ischemia (come miocarditi, sindrome di Takotsubo e cardiomiopatie), i pazienti con MINOCA possono essere suddivisi in tre fenotipi distinti in base alla CMR precoce (eseguita entro 7 giorni dalla presentazione clinica):
- presenza di late gadolinium enhancement (LGE) con pattern ischemico, associato a danno miocardico ischemico acuto (rilevabile mediante edema attraverso le sequenze di mapping e T2 pesate);
- presenza di solo edema a pattern ischemico, senza LGE (LGE negativo / mapping positivo);
- CMR normale (LGE negativo/mapping negativo).
Il primo gruppo, ovvero quelli con MINOCA LGE positivo / mapping positivo, presenta una prognosi notevolmente peggiore rispetto agli altri due gruppi in termini di eventi avversi cardiovascolari compositi (MACE). In particolare, il gruppo con una CMR normale ha dimostrato una prognosi notevolmente più favorevole durante il periodo di follow-up. Pertanto, la risonanza magnetica cardiaca precoce non solo aiuta a stabilire una diagnosi accurata, ma svolge anche un ruolo cruciale nella stratificazione prognostica e successiva gestione dei pazienti con MINOCA.
Le Linee Guida raccomandano in questi pazienti un algoritmo diagnostico che comprende l’utilizzo di imaging intra-coronarico e test provocativi di spasmo coronarico. Nel vostro studio solo una parte dei pazienti è stata sottoposta a tali indagini che, come ben scrivete nella Discussione, sono impegnative, richiedono tempo e materiale costoso e non sono prive di complicanze. In quali casi selettivi consigliate di utilizzare tale approccio?
Come suggerito dall’algoritmo “traffic light” per l’approccio diagnostico nei casi di sospetto MINOCA, è fondamentale integrare la risonanza magnetica cardiaca con ulteriori indagini di imaging intracoronarico e test provocativi. L’obiettivo principale è caratterizzare, in modo approfondito, il meccanismo di danno miocardico in questi pazienti. Tuttavia, nella pratica clinica, non tutti i pazienti con sospetto MINOCA hanno accesso sistematicamente a tali approcci invasivi, spesso a causa di ostacoli logistici/economici e organizzativi. Nella nostra visione, riteniamo che i test di imaging invasivo, in particolare l’optical coherence tomography (OCT), siano fondamentali quando si rileva una stenosi coronarica, anche se angiograficamente non significativa. Questo approccio aiuta a caratterizzare la presenza di placche coronariche instabili che potrebbero spiegare un meccanismo di infarto miocardico di tipo 1 anche nei pazienti con sospetto MINOCA. Inoltre, se sospettiamo una dissezione coronarica come causa, l’imaging intracoronarico può confermare o escludere tale diagnosi. Nel caso in cui l’imaging intracoronarico non fornisca informazioni conclusive o sia negativo, è essenziale proseguire con test di fisiologia coronarica utilizzando l’adenosina. Se anche questi test non forniscono chiare indicazioni diagnostiche, si possono eseguire test provocativi per identificare eventuali spasmi coronarici, ad esempio utilizzando l’acetilcolina. Un approccio “a step”, con una fase invasiva e una non, è fondamentale per migliorare la definizione eziologica dei pazienti con sospetto MINOCA. È probabile che tali indagini invasive diventeranno sempre più comuni nella pratica clinica per affrontare questa condizione in modo completo ed efficace.
Il dato che maggiormente colpisce guardando i dati del follow-up è l’incidenza di nuovo infarto molto bassa. L’assenza di coronaropatia significativa potrebbe gio-careun ruolo “protettivo” al riguardo. Quanto intensa deve essere la prevenzione secondaria in questi pazienti?
Un’ampia metanalisi condotta da Pasupathy et al., ha rivelato un tasso di re-infarti annuo del 2,6% (non corretto) nei sospetti MINOCA. Tuttavia, questo dato è di difficile valutazione in quanto la maggior parte degli studi relativi ai pazienti MINOCA non ha ampiamente utilizzato la CMR per una diagnosi definitiva. Ciò porta a valutare insieme diverse eziologie di danno miocardico all’interno della categoria di sospetti MINOCA. Anche nel nostro studio, l’incidenza di reinfarti non è risultata elevata. È importante sottolineare che, sebbene l’assenza di significative occlusioni coronariche riduca il rischio di eventi ischemici futuri rispetto agli infarti “classici” con ostruzioni coronariche, tale rischio non viene completamente eliminato. Attualmente, le evidenze scientifiche suggeriscono la necessità di adottare una terapia di prevenzione secondaria adeguata nei pazienti con MINOCA confermato, proprio come si farebbe per un infarto miocardico “tradizionale”. Nel caso in cui, grazie all’utilizzo dell’imaging intravascolare o alla tomografia computerizzata coronarica, si identifichi un meccanismo di infarto di tipo 1 con evidenza di complicanze di placca, è ragionevole considerare necessaria una duplice terapia antiaggregante, tenendo conto del rischio emorragico specifico del paziente per la sua durata. Inoltre, ogni paziente con MINOCA confermato, in particolare quelli del gruppo 1 (con LGE/Mapping positivo), dovrebbe essere trattato con una terapia di prevenzione cardiovascolare in linea con le Linee Guida relative alle sindromi coronariche acute. Un recentissimo studio condotto da Ciliberti et al. ha rilevato che la maggior parte dei pazienti con MINOCA che hanno subito un re-infarto miocardico mostra una progressione dell’aterosclerosi coronarica, spesso richiedendo un intervento di rivascolarizzazione. Inoltre, i livelli raccomandati di colesterolo LDL non sono stati raggiunti nella maggioranza dei pazienti, suggerendo che il rischio cardiovascolare in questa popolazione potrebbe essere globalmente sottovalutato.
Come ci si deve comportare nei pazienti MINOCA con un fenotipo completamente negativo alla CMR, cioè pazienti che presentano dati di normalità. Il follow-up in questi pazienti è molto buono con una incidenza di eventi molto limitata. Dobbiamo attribuire ad essi una diagnosi formale di infarto miocardico, probabilmente causando ripercussioni emotive che possono incidere sul ritorno al lavoro e sulla qualità di vita?
Il nostro studio conferma che è possibile e non infrequente riscontrare pazienti con MINOCA e CMR normale. È confermato che, in generale, i pazienti con questo profilo tendono a presentare una prognosi benigna, anche se spesso non ricevono l’attenzione necessaria in termini di prevenzione secondaria. Dobbiamo riconoscere che, come mostrato da un recente studio, la presenza di stress e depressione è diffusa sia durante che dopo un infarto miocardico, soprattutto nel sesso femminile. Le pazienti con MINOCA hanno riportato minori livelli di stress rispetto alle pazienti con infarto miocardico ostruttivo. Tuttavia, non è emersa una differenza significativa nella frequenza dei sintomi depressivi tra i due gruppi. Da un punto di vista psicologico, è essenziale spiegare bene al paziente che, nonostante il ricovero per un evento cardiaco acuto, il danno miocardico è stato limitato e che il fatto di avere una CMR normale indica una prognosi generalmente benigna. Al momento, rimane ancora un’incognita la terapia ottimale e la gestione psicologica dei pazienti con MINOCA e CMR normale, dato che mancano studi randomizzati de-dicati o metanalisi con campioni di pazienti sufficientemente ampi da fornire una risposta definitiva a questa domanda. Questo aspetto rimane ancora purtroppo un “gap in knowledge” importante.
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