Studio della fisiologia coronarica in pazienti con angina in assenza di lesioni ostruttive significative: un esempio di “medicina stratificata”

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Indice

Inquadramento

La diagnosi di angina, in assenza di lesioni ostruttive, ha come base fisiopatologica una patologia microvascolare o uno spasmo coronarico. Le Linee Guida[1]Knuuti J, Wijns W, Saraste A, et al. ESC Scientific Document Group. 2019 ESC guidelines for the diagnosis andmanagement of chronic coronary syndromes. Eur Heart J. 2020;41:407–477. … Continua a leggere raccomandano una indagine invasiva che includa la misurazione della riserva coronarica (CFR) e/o della resistenza del microcircolo (classe IIa, evidenza B) e un test provocativo di spasmo, utilizzando acetilolina intracoronarica (classe IIa, evidenza B). Non è noto se tale valutazione fisiopatologica invasiva comporti benefici dal punto di vista clinico per il paziente, sia in termini di presenza di sintomi e di qualità di vita.

Lo studio in esame

Nello studio sono stati inclusi pazienti con sintomi di angina (tipica 51%, atipica 49%) secondo il questionario di Rose[2]Rose GA. The diagnosis of ischaemic heart pain and intermittent claudication in field surveys. Bull World Health Organ. 1962;27:645e658., sottoposti a TC coronarica che mostrasse coronarie normali o assenza di lesioni >50% in due segmenti o >70% in un segmento. Erano esclusi i pazienti con anemia, stenosi aortica o altre condizioni che giustificassero il sintomo anginoso. Lo studio comprendeva 250 pazienti sottoposti a studio fisiopatologico invasivo: di essi, 19 (7.6%) avevano alla coronarografia una patologia ostruttiva significativa (con FFR <.80) e venivano esclusi dallo studio, 127 (55.0%) avevano angina microvascolare, 27 (11.7%) angina vasospastica, 17 (7.4%) entrambe, mentre 60 (26.0%) non mostravano alcuna anomalia. Di conseguenza, i 231 pazienti con FFR negativa (età media 55.7 anni; 64.5% donne, 3,5% infarto pregresso, rischio cardiovascolare predetto a 10 anni secondo SCORE 2 = 4) venivano randomizzati a un trattamento sulla base dei dati fisiopatologici emersi (Interventional group), oppure trattati senza conoscerne l’esito (Control group). Un test da sforzo (Bruce protocol) risultava non conclusivo nel 70.7% dei pazienti e patologico solo nel 5.7% dei casi. Dopo l’esecuzione dei test invasivi i pazienti dell’“intervention group” ricevevano una diagnosi di angina microvascolare o da spasmo nel 76.5% versus 49.1% del “control group” con una riclassificazione ad angina microvascolare o vasospastica nell’invasive group 4 volte superiore rispetto al “control group” (odds ratio, 4.05 [95% CI, 2.32–7.24]; P<0.001). Tuttavia, a un follow-up mediano a 19 mesi (vedi Tabella) i sintomi anginosi valutati con il Seattle Questionnaire risultavano simili nei due gruppi, così come la qualità di vita, la percezione di malattia e di stress psicologico. Anche i dati di outcome risultavano simili nei due gruppi. Viene segnalata, tuttavia, una migliore soddisfazione del trattamento (indagata con apposito questionario) nell’“intervention group”.

Take home message

Uno studio fisiopatologico invasivo nei pazienti ANOCA permette una più accurata classificazione dei sintomi, ma non migliora la sintomatologia anginosa nè la qualità di vita nel follow-up.

Interpretazione dei dati

Gli Autori sostengono che il loro studio è un esempio di “medicina stratificata”, cioè l’identificazione di sottogruppi con fisiopatologia analoga all’interno di un gruppo eterogeneo. Questa metodologia ha permesso di diagnosticare la presenza di angina microvascolare e vasospastica in un numero significativamente più ampio di pazienti rispetto al gruppo di controllo, nel quale la diagnosi finale (spesso di funzione cardiaca normale) si basava sul risultato di test da sforzo e TC coronarica. Nonostante lo sforzo di giungere a una valutazione diagnostica più approfondita, i pazienti dell’“intervention group” non hanno avuto alcun miglioramento nella loro sintomatologia nella qualità di vita o nell’outcome rispetto ai pazienti del “control group”. Gli Autori attribuiscono questi risultati deludenti alla casistica di pazienti con angina non severa e alla pandemia Covid-19 che può aver influito sullo stato di benessere e causato interruzione nel ricorso alle cure mediche. Questi risultati sono apparentemente in contrasto con quelli dello studio CorMicA[3]Ford TJ, Stanley B, Good R, et al. Stratified medical therapy using invasive coronary function testing in angina: theCorMicA trial. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2841–2855. … Continua a leggere, condotto dallo stesso gruppo di Glasgow che ha firmato lo studio presente: in CorMicA, benchè vi fossero meno pazienti, la selezione era più accurata, in quanto la metà dei pazienti arruolati aveva un test di ischemia positivo (contro il 5% in questo studio) e solo un quarto presentava angina atipica (contro la metà in questo studio). Un’altra differenza risiede nella completa normalità dell’albero coronarico (38% in questo studio contro il 21% dello studio CorMicA). Le similitudini tra i due studi riguardano l’outcome, con follow-up a 19 mesi che indica un’ottima prognosi nei due gruppi indipendentemente dall’essere stati sottoposti o meno alle indagini funzionali invasive. Nello studio in esame, non è stata segnalata mortalità cardiovascolare nei due gruppi e anche gli altri eventi appaiono molto limitati. Visto l’esito di questo studio ci si deve domandare se abbia effettivamente senso una stratificazione fisiopatologica invasiva, che può apparire elegante ma non produce alcun risultato nè sui sintomi nè sull’outcome.

Bibliografia

Bibliografia
1 Knuuti J, Wijns W, Saraste A, et al. ESC Scientific Document Group. 2019 ESC guidelines for the diagnosis andmanagement of chronic coronary syndromes. Eur Heart J. 2020;41:407–477. doi:10.1093/eurheartj/ehz425.
2 Rose GA. The diagnosis of ischaemic heart pain and intermittent claudication in field surveys. Bull World Health Organ. 1962;27:645e658.
3 Ford TJ, Stanley B, Good R, et al. Stratified medical therapy using invasive coronary function testing in angina: theCorMicA trial. J Am Coll Cardiol. 2018;72:2841–2855. doi:10.1016/j.jacc.2018.09.006.

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