Danno microvascolare da riperfusione: una spada di damocle nello STEMI trattato con PCI primaria

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Clinical Outcomes Associated With Various Microvascular Injury Patterns Identified by CMR After STEMI.

Lechner I, Reindl M, Stiermaier T et al. J Am Coll Cardiol 2024;83:2052-2062. doi:10.1016/j.jacc.2024.03.408.

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Benchè i risultati della PCI primaria abbiano notevolmente migliorato il trattamento dei pazienti  con  infarto  STEMI,  cambiandone la prognosi rispetto alla terapia fibrinolitica, il  salvataggio  del  miocardio  acutamente ischemico è limitato in oltre la metà dei pazienti dal danno microvascolare[1]Reinstadler SJ, Stiermaier T, Fuernau G, et al. The challenges and impact of microvascular injury in ST-elevation myocardial infarction. Expert Rev Cardiovasc Ther. 2016;14:431.. Questo fenomeno è multifattoriale, in quanto ad esso contribuiscono sia  fenomeni  microembolici,  che  causano una ostruzione del microcircolo, sia fenomeni emorragici  intramiocardici.  La risonanza magnetica (MRI) permette di evidenziare e distinguere i due fenomeni, permettendo in tal modo di stabilire il loro ruolo patogenetico nell’evoluzione dell’area infartuale e il rispettivo significato prognostico[2]Liu T, Howarth AG, Chen Y, et al. Intramyocardial hemorrhage and the “wave front” of reperfusion injury compromising myocardial salvage. J Am Coll Cardiol. 2022;79:35–48.443..

Lo studio in esame

Lo studio ha analizzato 1.109 pazienti STEMI trattati con PCI primaria arruolati in 3 studi prospettici eseguiti in Austria, Scozia e Germania, nei quali veniva eseguita una MRI a una mediana di 3 giorni dall’evento acuto: l’indagine includeva l’analisi del “late gadolinium enhancement” per evidenziare una ostruzione microvascolare (MVO) e il T2* mapping per individuare emorragie intramiocardiche (IMH). I pazienti sono stati divisi in 3 gruppi, a seconda che non avessero danno microvascolare (MVO-/ IMH-; n= 476), solo ostruzione microvascolare (MVO+/ IMH -; n= 274) oppure solo emorragia intramiocardica (MVO-/IMH+; n=359). I pazienti di quest’ultimo gruppo rispetto a quelli con MVO+/ IMH – avevano un’area infartuale più ampia (27% vs 19%), una FE minore (45% vs 50%), più frequentemente un TIMI flow basale =0 (77% vs 66%) e una patologia della discendente anteriore (50% vs 45%). Non era osservata alcuna differenza significativa per quanto riguardava il tempo di ischemia (200 min vs 182 min, p=0.11). A un follow-up mediano di 12 mesi, l’endpoint primario (MACE = morte per ogni causa, nuovo episodio di scompenso) si è verificato nel 19.5 % dei pazienti MVO-/IMH+, nel 4.4% dei pazienti MVO+/ IMH e nel 3.6% dei pazienti MVO-/IMH- (P< 0.001). L’endpoint secondario morte per ogni causa + infarto miocardico è occorso nel 18.3% dei pazienti IMH+ e nel 4.4% dei pazienti MVO+ (P< 0.001). All’analisi multivariata IMH+ era l’unica variabile derivata da MRI che risultava predittiva indipendente di MACE (Tabella). All’analisi delle curve ROC per i MACE, l’area sotto la curva era maggiore per IMH+ (0.71) che per MVO+ (0.63, differenza 0.09;95% CI: 0.04-0.14; P< 0.001).

Take home message

La lesione microvascolare che si osserva nei pazienti STEMI sottoposti a PCI primaria ha significato prognostico sfavorevole, quando si manifesta con un quadro fenotipico di emorragia, mentre l’ostruzione microvascolare non è una variabile indipendente di outcome.

Interpretazione dei dati

Il risultato principale dello studio, che è il più ampio sinora pubblicato per numerosità di pazienti studiati con imaging da risonanza magnetica cardiaca, risiede nel differente impatto prognostico dell’emorragia intramiocardica (che si manifesta in circa un terzo dei pazienti con STEMI trattati con PCI primaria e la cui presenza incide  significativamente sull’outcome a distanza del paziente), rispetto all’ostruzione  microvascolare,  che  invece è  caratterizzata  da  benignità  prognostica. Quest’ultima infatti è fenomeno reversibile, che tende a risolversi nel giro di poche settimane successive all’evento acuto, mentre l’emorragia intramiocardica è un fenomeno persistente, in quanto l’emosiderina che contiene ferro tende a rimanere in situ anche per molti anni. Questi depositi ferrosi possono causare una infiammazione cronica che promuove la degenerazione grassa del tessuto miocardico ostacolandone la fase di cicatrizzazione[3]Cokic I, Chan SF, Guan X, et al. Intramyocardial hemorrhage drives fatty degeneration of infarcted myocardium. Nat Commun. 2022;13:6394.. Ne può risultare una tendenza all’espansione della parete con un rimodellamento sfavorevole della cavità ventricolare sinistra[4]Liu T, Howarth AG, Chen Y, et al. Intramyocardial hemorrhage and the “wave front” of reperfusion injury compromising myocardial salvage. J Am Coll Cardiol. 2022;79:35–48.443.. I dati dello studio presente confermano precedenti osservazioni  che  hanno  proposto  per  la stratificazione prognostica dei pazienti STEMI uno score che consideri la frazione di eiezione e la presenza di emorragia intramiocardica[5]Bulluck H, Carberry J, Carrick D, et al. A noncontrast CMR risk score for long-term risk stratification in reperfused ST-segment elevation myocardial infarction. J Am Coll Cardiol Img. … Continua a leggere, variabili che sono derivate da una risonanza magnetica eseguita senza contrasto, indagine che ha un ottimo profilo di safety e un costo minore rispetto a una risonanza magnetica eseguita con utilizzo di mezzo di contrasto. I  dati di questo studio, sottolineando l’importanza prognostica dell’emorragia intramiocardica e  ridimensionando  il  ruolo  dell’ostruzione microvascolare, permettono di indirizzare la ricerca  clinica  verso  una  cardioprotezione specifica del danno microvascolare che segue una riperfusione solo apparentemente efficace.

Editoriale: “Risonanza magnetica cardiaca e danno microvascolare: stratificazione prognostica nel paziente con STEMI”

A cura di: Luca Bergamaschi, Matteo Armillotta, Francesco Angeli

Cardiovascular Division Morgagni-Pierantoni University Hospital Forlì; Department of Medical and Surgical Sciences-DIMEC-Alma Mater Studiorum, University of Bologna. 

L’infarto miocardico acuto (IMA) è  una delle principali cause di mortalità a livello globale. Nei pazienti con infarto acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), la prognosi è notevolmente migliorata negli ultimi anni grazie all’introduzione nella pratica clinica dell’angioplastica primaria (PCI), che ripristina il flusso epicardico in oltre il 90% dei casi[6]Reinstadler SJ, Stiermaier T, Fuernau G et al. The challenges and impact of microvascular injury in ST-elevation myocardial infarction. Expert Rev Cardiovasc Ther 2016;14:431-43.. Tuttavia, in una quota significativa di pazienti persiste un danno a carico del microcircolo nonostante il ripristino del flusso epicardico, condizione associata a una prognosi peggiore[7]Niccoli G, Scalone G, Lerman A, Crea F. Coronary microvascular obstruction in acute myocardial infarction. Eur Heart J 2016;37:1024-33.. Questo evidenzia l’importanza di una stratificazione del rischio post-IMA, che deve tenere conto anche di questi parametri per ottimizzare la gestione dei pazienti STEMI.  La risonanza magnetica cardiaca (RMC) ha assunto un ruolo fondamentale nella stratificazione prognostica post-IMA[8]Ibanez B, Aletras AH, Arai AE et al. Cardiac MRI Endpoints in Myocardial Infarction Experimental and Clinical Trials: JACC Scientific Expert Panel. J Am Coll Cardiol 2019;74:238-256.; Bulluck H, … Continua a leggere. Il ruolo prognostico di alcuni parametri classici, come le dimensioni dell’infarto (“infarct size”) e l’area a rischio (“area at risk”), è stato ampiamente studiato. Le dimensioni dell’infarto possono essere analizzate qualitativamente e quantitativamente nelle sequenze tardive basate sulla distribuzione del gadolinio nel miocardio (indicativo dell’estensione della necrosi in fase acuta), mentre l’area a rischio può essere misurata tramite le sequenze T2 pesate o T2 mapping, utile per valutare il miocardio “salvato”  rispetto  all’estensione dell’infarto. Questi parametri sono validi per la stratificazione dei pazienti STEMI tramite RMC[9]Bulluck H, Dharmakumar R, Arai AE, Berry C, Hausenloy DJ. Cardiovascular Magnetic Resonance in Acute ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction: Recent Advances, Controversies, and Future Directions. … Continua a leggere. Oltre a questi parametri classici, la RMC consente di analizzare in modo indiretto le lesioni microvascolari, in particolare  la microvascular obstruction (MVO) e l’emorragia intramiocardica (IMH). La MVO appare come un’area ipodensa all’interno dell’area infartuata (assenza di gadolinio), mentre l’IMH, causata da uno stravaso  emorragico,  è  rilevabile nelle sequenze T2* per la loro sensibilità alla presenza di ferro. Sebbene la MVO e l’IMH siano correlate fisiopatologicamente,  l’IMH  tende a manifestarsi successivamente e indica un danno microvascolare più grave[10]Bulluck H, Dharmakumar R, Arai AE, Berry C, Hausenloy DJ. Cardiovascular Magnetic Resonance in Acute ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction: Recent Advances, Controversies, and Future Directions. … Continua a leggere. Studi recenti suggeriscono come l’IMH possa contribuire all’espansione dell’infarto dopo la riperfusione, compromettendo il recupero del miocardio. Una metanalisi ha mostrato che la MVO tardiva è più efficace della MVO precoce nel predire eventi avversi maggiori (MACE) al follow-up[11]Hamirani YS, Wong A, Kramer CM, Salerno M. Effect of microvascular obstruction and intramyocardial hemorrhage by CMR on LV remodeling and outcomes after myocardial infarction: a systematic review and … Continua a leggere. Inoltre, un modello di scoring ricavato in pazienti STEMI ha indicato che la frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), le dimensioni dell’infarto e la presenza di  MVO  sono parametri predittivi più efficaci dei soli fattori clinici per MACE[12]Stiermaier T, Jobs A, de Waha S et al. Optimized Prognosis Assessment in ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction Using a Cardiac Magnetic Resonance Imaging Risk Score. Circ Cardiovasc Imaging … Continua a leggere. Uno studio di oltre 1.100 pazienti ha riscontrato che l’IMH è associata a volumi ventricolari maggiori, riduzione della LVEF e aumento delle dimensioni dell’infarto[13]Mather AN, Fairbairn TA, Ball SG, Greenwood JP, Plein S. Reperfusion haemorrhage as determined by cardiovascular MRI is a predictor of adverse left ventricular remodelling and markers of late … Continua a leggere. Tuttavia, il valore prognostico comparativo della MVO e dell’IMH non è stato ancora studiato in modo standardizzato. A tal proposito, l’articolo di Lechner et al., pubblicato nel Journal of the American College of Cardiology, ha effettuato una valutazione comparativa delle lesioni microvascolari alla RMC (MVO e IMH) per la stratificazione prognostica dei pazienti STEMI trattati con PCI[14]Lechner I, Reindl M, Stiermaier T et al. Clinical Outcomes Associated With Various Microvascular Injury Patterns Identified by CMR After STEMI. J Am Coll Cardiol 2024;83:2052-2062..

DESCRIZIONE DELLO STUDIO | Questo studio multicentrico ha analizzato un campione di 1.109 pazienti con STEMI sottoposti a RMC precoce (mediana di 3 giorni dopo PCI), concentrandosi sulle differenze prognostiche tra vari  modelli  di  lesioni  microvascolari. La MVO è stata definita come un’area ipodensa all’interno dell’area infartuata nelle sequenze tardive (LGE), mentre l’IMH è stata rilevata nelle sequenze T2*, sensibili, come già accennato, alla presenza di ferro. L’endpoint primario dello studio era un composito di eventi MACE, definito come la presenza di morte per tutte le cause o scompenso cardiaco congestizio. I pazienti STEMI sono stati suddivisi in tre gruppi basati sul profilo di lesione microvascolare: pazienti senza lesioni microvascolari (MVO−/ IMH−), con MVO ma senza IMH (MVO+/IMH−), e con IMH (IMH+). Dallo studio è emerso che le lesioni microvascolari (MVO e/o IMH) erano presenti nel 57% dei pazienti, evidenziandone l’importanza prognostica. Tra queste, la più comune era l’IMH (32%), mentre la MVO si repertava in una percentuale inferiore di pazienti (25%). Inoltre, i pazienti con IMH avevano dimensioni dell’infarto maggiori e una LVEF minore rispetto a quelli con solo MVO (p<0.001). Infine, i pazienti con IMH presentavano un tasso di eventi avversi significativamente superiore rispetto a quelli con MVO o senza lesioni microvascolari. Il fenotipo emorragico (IMH+) era indipendentemente associato a MACE e morte per tutte le cause, mentre la sola MVO non era correlata a tali esiti. I pazienti con MVO isolata mostravano una prognosi simile a quelli senza danno microvascolare. Gli autori concludevano che il principale fattore prognostico tra le lesioni microvascolari fosse rappresentato dalla presenza di IMH, e non dalla MVO[15]Lechner I, Reindl M, Stiermaier T et al. Clinical Outcomes Associated With Various Microvascular Injury Patterns Identified by CMR After STEMI. J Am Coll Cardiol 2024;83:2052-2062..

IMPLICAZIONI CLINICHE | L’articolo di Lechner et al. evidenzia alcuni punti cruciali per una corretta stratificazione del rischio post-STEMI:

  • La presenza di danno microvascolare è frequente e rilevabile alla RMC precoce;
  • l’emorragia miocardica è un parametro più  rilevante  rispetto  alla  MVO  per  la stratificazione prognostica, suggerendo un continuum di gravità nella compromissione microvascolare anche dopo PCI;
  • la RMC offre una stratificazione accurata del rischio per i pazienti STEMI e dovrebbe essere utilizzata più ampiamente, soprattutto per pazienti selezionati.

Nonostante la riperfusione epicardica efficace tramite PCI, la disfunzione microvascolare persistente rimane un problema rilevante che influisce negativamente. In particolare, l’IMH non solo agisce come marcatore di infarto miocardico grave, ma può anche contribuire attivamente  all’espansione  dell’infarto  e compromettere il salvataggio del miocardio. Inoltre, rispetto alla natura transitoria del MVO, i prodotti di degradazione dell’emoglobina e quindi la presenza di IMH tendono a permanere nella maggior parte dei pazienti nella fase cronica, agendo da trigger  infiammatorio negativo. Quindi, a differenza della presenza transitoria della MVO, la persistenza nel tempo della IMH permette di ampliare il range temporale in cui la RMC può risultare diagnostica[16]Mayr A, Klug G, Reindl M et al. Evolution of Myocardial Tissue Injury: A CMR Study Over a Decade After STEMI. JACC Cardiovasc Imaging 2022;15:1030-1042.; Liu T, Howarth AG, Chen Y et al. … Continua a leggere. Queste osservazioni potrebbero avere anche un risvolto terapeutico. In particolare, potrebbero guidare un impiego più mirato di strategie di prevenzione secondaria in pazienti con IMH, come terapie anti-infiammatorie o anti-rimodellamento. Attualmente, non esiste un trattamento definitivo ed efficace per il danno microvascolare. Per quanto riguarda il trattamento antitrombotico, gli inibitori P2Y12 ad alte dosi e somministrati precocemente hanno mostrato un potenziale nel limitare il danno microvascolare. L’impiego di farmaci antiaggreganti più efficaci (come ticagrelor e  prasugrel)  potrebbe  essere  vantaggioso per  ridurre  fenomeni  microtrombotici  che contribuiscono alla MVO, ma necessita di ulteriore valutazione nei casi con IMH. Una stratificazione attraverso RMC e un’attenta scelta del timing dei P2Y12 potrebbero risultare cruciali per ottimizzare la terapia[17]van Leeuwen MAH, van der Hoeven NW, Janssens GN et al. Evaluation of Microvascular Injury in Revascularized Patients With ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction Treated With Ticagrelor Versus … Continua a leggere. Infine, la RMC consente una stratificazione accurata nei pazienti STEMI, valutando parametri multipli sia dell’area infartuata che del miocardio remoto, oltre che  fattori  extracardiaci[18]Bergamaschi L, Arangalage D, Maurizi N et al. Hepatic T1 Mapping as a Novel Cardio-Hepatic Axis Imaging Biomarker Early after STEMI. Eur Heart J Cardiovasc Imaging 2024.; Bergamaschi L, Landi A, … Continua a leggere.  Queste valutazioni potrebbero migliorare il follow-up per i pazienti a rischio elevato, ottimizzando la prevenzione secondaria e riducendo il rischio di morte cardiaca improvvisa. Tutto ciò rappresenta un importante ambito di ricerca futura per migliorare la prognosi nel post-infarto miocardico, valorizzando il ruolo dell’imaging avanzato. 

Bibliografia

Bibliografia
1 Reinstadler SJ, Stiermaier T, Fuernau G, et al. The challenges and impact of microvascular injury in ST-elevation myocardial infarction. Expert Rev Cardiovasc Ther. 2016;14:431.
2, 4 Liu T, Howarth AG, Chen Y, et al. Intramyocardial hemorrhage and the “wave front” of reperfusion injury compromising myocardial salvage. J Am Coll Cardiol. 2022;79:35–48.443.
3 Cokic I, Chan SF, Guan X, et al. Intramyocardial hemorrhage drives fatty degeneration of infarcted myocardium. Nat Commun. 2022;13:6394.
5 Bulluck H, Carberry J, Carrick D, et al. A noncontrast CMR risk score for long-term risk stratification in reperfused ST-segment elevation myocardial infarction. J Am Coll Cardiol Img. 2022;15:431–440
6 Reinstadler SJ, Stiermaier T, Fuernau G et al. The challenges and impact of microvascular injury in ST-elevation myocardial infarction. Expert Rev Cardiovasc Ther 2016;14:431-43.
7 Niccoli G, Scalone G, Lerman A, Crea F. Coronary microvascular obstruction in acute myocardial infarction. Eur Heart J 2016;37:1024-33.
8 Ibanez B, Aletras AH, Arai AE et al. Cardiac MRI Endpoints in Myocardial Infarction Experimental and Clinical Trials: JACC

Scientific Expert Panel. J Am Coll Cardiol 2019;74:238-256.; Bulluck H, Dharmakumar R, Arai AE, Berry C, Hausenloy DJ. Cardiovascular Magnetic Resonance in Acute ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction: Recent Advances, Controversies, and Future Directions. Circulation 2018;137:1949-1964.

9, 10 Bulluck H, Dharmakumar R, Arai AE, Berry C, Hausenloy DJ. Cardiovascular Magnetic Resonance in Acute ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction: Recent Advances, Controversies, and Future Directions. Circulation 2018;137:1949-1964.
11 Hamirani YS, Wong A, Kramer CM, Salerno M. Effect of microvascular obstruction and intramyocardial hemorrhage by CMR on LV remodeling and outcomes after myocardial infarction: a systematic review and meta-analysis. JACC Cardiovasc Imaging 2014;7:940-52
12 Stiermaier T, Jobs A, de Waha S et al. Optimized Prognosis Assessment in ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction Using a Cardiac Magnetic Resonance Imaging Risk Score. Circ Cardiovasc Imaging 2017;10
13 Mather AN, Fairbairn TA, Ball SG, Greenwood JP, Plein S. Reperfusion haemorrhage as determined by cardiovascular MRI is a predictor of adverse left ventricular remodelling and markers of late arrhythmic risk. Heart 2011;97:453-9.
14, 15 Lechner I, Reindl M, Stiermaier T et al. Clinical Outcomes Associated With Various Microvascular Injury Patterns Identified by CMR After STEMI. J Am Coll Cardiol 2024;83:2052-2062.
16 Mayr A, Klug G, Reindl M et al. Evolution of Myocardial Tissue Injury: A CMR Study Over a Decade After STEMI. JACC Cardiovasc Imaging 2022;15:1030-1042.; Liu T, Howarth AG, Chen Y et al. Intramyocardial Hemorrhage and the “Wave Front” of Reperfusion Injury Compromising Myocardial Salvage. J Am Coll Cardiol 2022;79:35-48.
17 van Leeuwen MAH, van der Hoeven NW, Janssens GN et al. Evaluation of Microvascular Injury in Revascularized Patients With ST-Segment-Elevation Myocardial Infarction Treated With Ticagrelor Versus Prasugrel. Circulation 2019;139:636- 646.
18 Bergamaschi L, Arangalage D, Maurizi N et al. Hepatic T1 Mapping as a Novel Cardio-Hepatic Axis Imaging Biomarker Early after STEMI. Eur Heart J Cardiovasc Imaging 2024.; Bergamaschi L, Landi A, Maurizi N et al. Acute Response of the Noninfarcted Myocardium and Surrounding Tissue Assessed by T2 Mapping After STEMI. JACC Cardiovasc Imaging 2024.

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