Anticoagulation in device-detected atrial fibrillation with or without vascular disease: a combined analysis of the NOAH-AFNET 6 and ARTESiA trials.

Schnabel RB, Benezet-Mazuecos J, Becher N, et al.

European Heart Journal (2024) 45, 4902–4916. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehae596.

Indice

Le aritmie atriali, riscontrate dai dispositivi impiantati, sono generalmente ritenute simili clinicamente alle fibrillazioni atriali documentate all’elettrocardiogramma e quindi suscettibili di trattamento con anticoagulanti orali sulla base del rischio tromboembolico del paziente. Lo studio NOAH-AFNET 6[1]Kirchhof P, Toennis T, Goette A, Camm AJ, Diener HC, Becher N, et al. Anticoagulation with edoxaban in patients with atrial high-rate episodes. N Engl J Med 2023;389:1167–79. … Continua a leggere ha randomizzato pazienti dotati di un dispositivo di rilevamento delle aritmie e nei quali si fossero rilevate aritmie atriali di almeno 6 minuti di durata a edoxaban o a “non-anticoagulanteˮ (tuttavia i pazienti che avevano un’indicazione ad ASA per una malattia vascolare potevano assumere tale farmaco). Lo studio è stato interrotto anticipatamente per eccesso di bleeding in assenza di efficacia nei pazienti del gruppo edoxaban. Un secondo studio, analogo al precedente, l’ARTESiA ha randomizzato pazienti con aritmie atriali rilevate da dispositivi impiantati (con durata compresa tra 6 minuti e 23:59 ore) ad apixaban o ASA 81 mg die, evidenziando una modesta riduzione di stroke minori nel gruppo anticoagulato rispetto ad ASA[2]Healey JS, Lopes RD, Granger CB, Alings M, Rivard L, McIntyre WF, et al. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. N Engl J Med 2024;390:107–17. … Continua a leggere.  Un ampio numero di pazienti in entrambi i trial (56% in NOAH-AFNET, 46% in ARTESiA) avevano una concomitante malattia vascolare che consigliava l’utilizzo di ASA in prevenzione secondaria. L’utilizzo di antiaggregante, che può essere fonte di bleeding, avrebbe potuto modificare i risultati del confronto tra gruppo “non-anticoagulante” e gruppo “anticoagulante”. Questa ipotesi ha spinto gli Autori dei due trial a verificare se i pazienti con malattia vascolare avessero avuto risposte differenti nel confronto testato nei due trial. Nei pazienti con malattia vascolare (prevalentemente storia di infarto miocardico e PCI/bypass) l’endpoint di efficacia (un composito di stroke, infarto miocardico, embolismo sistemico/polmonare o morte cardiovascolare) si è verificato nel 3.9% pazienti/anno nel gruppo anticoagulato versus 5.0% pazienti/anno nel gruppo “non-anticoagulatoˮ nello studio NOAH-AFNET 6 (HR 0.78, 95% CI 0.54–1.12). Le incidenze sono state analoghe nello studio ARTESiA (3.2% pazienti/anno versus 4.4% pazienti/anno, HR 0.74, 95% CI 0.57–0.96). Tali differenze non si sono manifestate nei pazienti senza malattia vascolare. La Figura mostra le curve dell’endpoint di efficacia nei due trial. Il bleeding maggiore è stato aumentato dalla terapia anticoagulante, anche se con differenze più ampie nei pazienti senza malattia vascolare. Una meta-analisi dei due studi ha fornito dati analoghi con bassa eterogeneità di risultati. L’incidence rate ratio (il rapporto tra eventi riscontrati nel gruppo anticoagulato rispetto a quello non-anticoagulato) è stato di 0.75 (95% CI 0.61–0.92) nei pazienti con malattia vascolare rispetto a un incidence rate ratio di 1.01 (95% CI 0.78–1.30) nei pazienti senza malattia vascolare, con una P di interazione ai limiti della significatività statistica (p=.08).

Bibliografia

Bibliografia
1 Kirchhof P, Toennis T, Goette A, Camm AJ, Diener HC, Becher N, et al. Anticoagulation with edoxaban in patients with atrial high-rate episodes. N Engl J Med 2023;389:1167–79. https://doi.org/10.1056/NEJMoa2303062
2 Healey JS, Lopes RD, Granger CB, Alings M, Rivard L, McIntyre WF, et al. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. N Engl J Med 2024;390:107–17. https://doi.org/10.1056/NEJMoa2310234.

Lascia un commento