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Negli ultimi anni, una serie di studi ha messo in discussione che la doppia terapia antipiastrinica (DAPT) prescritta dopo una procedura di PCI con impianto di stent, dovesse essere continuata per 12 mesi nei pazienti con sindrome coronarica acuta e per 6 mesi in quelli con coronaropatia cronica. Una “short DAPT”, da 1 a 3 mesi, ha il vantaggio di ridurre le complicanze emorragiche ed è particolarmente indicata nei pazienti ad alto rischio di bleeding. I dati a favore di questa strategia antipiastrinica sono a oggi...

Mentre l’angioplastica coronarica (PCI) può migliorare i sintomi e la qualità di vita nei pazienti anginosi, il suo ruolo nel trattamento della disfunzione ventricolare sinistra dei pazienti coronaropatici con HFrEF risulta controverso. La cardiomiopatia ischemica è il risultato di aree disfunzionanti per presenza di tessuto cicatriziale, esito irreversibile di un infarto miocardico, e di tessuto “ibernato” la cui funzione è potenzialmente reversibile con un intervento di...

Studi recenti hanno mostrato che, nei pazienti sottoposti a PCI con impianto di stent, periodi brevi di doppia terapia antipiastrinica (1-3 mesi), seguiti da monoterapia con inibitori del recettore P2Y12 riducono gli eventi emorragici senza aumentare gli eventi ischemici. Al termine dei 12 mesi di terapia, tuttavia, le Linee Guida...

Le Linee Guida, che aggiornano le precedenti del 2015, sono state redatte con approccio multidisciplinare, soprattutto focalizzando gli aspetti clinici e cercando di fornire raccomandazioni e consigli pratici nella cura dei pazienti, spesso problematici, affetti da endocardite. Le aree trattate riguardano la prevenzione, la diagnosi, il trattamento antibiotico, le indicazioni chirurgiche, le complicanze sistemiche e il trattamento a lungo termine. Sono state incluse nel documento...

Il trattamento farmacologico ottimale nei pazienti non ospedalizzati con Coronavirus 2019 (COVID-19) rimane dibattuto. Nello studio randomizzato CONVINCE, 59 pazienti con COVID-19 sono stati randomizzati (disegno fattoriale 2 × 2) a colchicina versus nessun trattamento (ipotesi anti infiammatoria) e a edoxaban versus nessun trattamento (ipotesi anticoagulante). Lo studio presentava due co-primary endpoint...

Le linee guida della Società Europea di Cardiologia raccomandano nei pazienti con stenosi aortica isolata (AS) l’intervento di TAVI se l’età dei pazienti è >75 anni, mentre per i soggetti più giovani la sostituzione valvolare aortica (SAVR) rappresenta la prima scelta. Tuttavia, dati recenti indicano che l’intervento di TAVI ...

La TAVI è la modalità di sostituzione valvolare attualmente effettuata con maggiore frequenza nei pazienti con stenosi aortica severa. Tra le tipologie di protesi valvolari utilizzate, quelle “selfexpanding” presentano un comportamento emodinamico superiore rispetto alle protesi “balloon-expandable”. Queste differenze giocano un ruolo importante, particolarmente quando l’annulus aortico è piccolo, evenienza che si verifica in circa un terzo dei pazienti, più frequentemente se di sesso femminile...

Le linee guida raccomandano di sottoporre a rivascolarizzazione solo le stenosi coronariche epicardiche che siano fisiopatologicamente significative, cioè capaci di limitare il flusso in condizioni di massima vasodilatazione (positive quindi alla valutazione della riserva frazionale di flusso) o che causino una sindrome coronarica acuta. Una serie di studi prospettici ha tuttavia dimostrato come placche coronariche, che non limitino significativamente il flusso, ma posseggano alcune caratteristiche morfologiche all’imaging intravascolare...

Nei pazienti STEMI la rivascolarizzazione di lesioni non-culprit è raccomandata dalle linee guida, con una classe I, livello di evidenza A. Questa indicazione proviene soprattutto dall’ampio studio COMPLETE , nel quale la decisione sul trattamento delle stenosi non culprit derivava soprattutto da una valutazione angiografica (stenosi ≥70%). In quello studio l’endpoint primario (morte cardiovascolare, infarto miocardico) veniva ridotto del 26% da una rivascolarizzazione completa mediante PCI. Gli studi in cui la decisione era basata sul valore di FFR hanno mostrato una riduzione della necessità di nuove rivascolarizzazioni, ma non avevano una numerosità tale da permettere di valutare endpoint più “hard” quali la mortalità e l’evenienza di un nuovo infarto miocardico...

1. Rajkumar CA, Foley MJ, Ahmed-Jushuf F, Nowbar AN, Simader FA, Davies JR, et al. A placebo-controlled trial of percutaneous coronary intervention for stable angina. Among patients with stable angina who were receiving little or no antianginal medication and had objective evidence of ischemia, PCI resulted in a lower angina symptom score than a placebo procedure, indicating a better health status with respect to angina. 2. Biscaglia S, Guiducci V, Escaned J, Moreno R, Lanzilotti V, Santarelli A, et al. Complete or culprit-only PCI in older patients with myocardial infarction. N Engl J Med 2023;389: 889–98. Among patients who were 75 years of age or older with myocardial infarction and multivessel disease, those who underwent physiology-guided complete revascularization had a lower risk of a composite of death, myocardial infarction, stroke, or ischemiadriven revascularization at 1 year than those who received culprit-lesion–only PCI. 3. Ali ZA, Landmesser U, Maehara A, Matsumura M, Shlofmitz RA, Guagliumi G, et al. Optical coherence tomographyguided versus angiography-guided PCI. N Engl J Med 2023;389:1466–76. Among patients undergoing PCI, OCT guidance resulted in a larger minimum stent area than angiography guidance, but there was no apparent between-group difference in the percentage of patients with targetvessel failure at 2 years.

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