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Il timing dell’intervento cardiochirurgico nell’insufficienza aortica asintomatica (IAA) è oggetto di discussione e si basa generalmente sul valore del diametro telesistolico e della frazione di eiezione. . Non è noto se una più accurata misurazione dei volumi attraverso la risonanza magnetica cardiaca (CMR) possa fornire informazioni più corrette al riguardo, evitando situazioni di scompenso irreversibile e conseguente futilità di un intervento chirurgico tardivo.

Dati recenti della letteratura hanno mostrato come, nelle PCI complesse, l’utilizzo di IVUS, come guida alla procedure, riduca gli eventi cardiovascolari rispetto alla sola guida angiografica. L’OCT (optical coherence tomography) è stata utilizzata in alcuni studi come alternativa all’IVUS, ma l’esperienza al riguardo è piuttosto limitata. Questa tecnica di imaging, come guida alla PCI, non è stata confrontata con IVUS se non in piccole esperienze che non danno una risposta definitiva.

La terapia di resincronizzazione cardiaca mediante pacing biventricolare (BVP) si è dimostrata efficace nel ridurre riospedalizzazioni per scompenso e mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco, frazione di eiezione (EF) depressa e presenza di QRS largo all’elettrocardiogramma rispetto alla terapia medica convenzionale . Tuttavia, nella pratica clinica, alcuni pazienti non ricevono alcun beneficio, in particolare per resincronizzazione incompleta. Come alternativa è stata proposta la stimolazione del fascio di His, ma questa richiede alte soglie di stimolazione e ha basse probabilità di successo.

Un paziente sui 50 anni, iperteso fumatore, si presenta con dolore toracico intenso irradiato al braccio sinistro e al dorso, insorto 20 minuti prima. L’esame obbiettivo rivela toni ritmici, FC 58 bpm, saturazione 98% in aria ambiente, lieve soffio diastolico, assenza di rumori patologici polmonari, una differenza pressoria tra braccio destro e sinistro (rispettivamente 185/104 mmHg e 113/98 mmHg). Agli esami di laboratorio la troponina risulta nella norma, mentre il D-dimero è elevato (3.914μg/mL). L’elettrocardiogramma è mostrato nella Figura: il ritmo è sinusale, vi è un sopraslivellamento di ST in I, aVL, V1-V4 (frecce nere) con sottoslivellamento marcato di ST in II, III, aVF (freccia rossa).

I meccanismi fisiopatologici della riduzione del numero di ospedalizzazioni e della mortalità cardiovascolare documentata dagli inibitori del cotrasportatore 2 del sodio-glucosio (SGLT2i) restano sconosciuti. Lo scopo del presente studio retrospettivo (2019-2022) è stato quello di valutare se gli SGLT2i migliorino il rimodellamento dell’atrio sinistro nei pazienti con diabete di tipo 2 e insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). L’endpoint primario dello studio era la mortalità per tutte le cause.

Objectives: The authors sought to evaluate the incidence, predictors, and outcomes of new permanent pacemaker implantation (PPI) after transcatheter aortic valve replacement (TAVR) with contemporary self-expanding valves (SEV). Background: Need for PPI is frequent post-TAVR, but conflicting data exist on new-generation SEV and on the prognostic impact of PPI. Methods: This study included 3,211 patients enrolled in the multicenter NEOPRO (A Multicenter Comparison of Acurate NEO Versus Evolut PRO Transcatheter Heart Valves) and NEOPRO-2 (A Multicenter Comparison of ACURATE NEO2 Versus Evolut PRO/PRO+ Transcatheter Heart Valves 2) registries (January 2012 to December 2021) who underwent transfemoral TAVR with SEV. Implanted transcatheter heart valves (THV) were Acurate neo (n=1,090), Acurate neo2 (n=665), Evolut PRO (n=1,312), and Evolut PRO+ (n=144). Incidence and predictors of new PPI and 1-year outcomes were evaluated.

L’impatto prognostico di una rivascolarizzazione completa nei pazienti con sindrome coronarica acuta è ben noto e comprovato da studi randomizzati mentre la sua importanza nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica è tuttora dibattuto. Il miglior risultato clinico a distanza ottenuto con l’intervento di bypass aortocoronarico rispetto alla PCI, è stato proprio attribuito alla maggiore capacità dell’intervento cardiochirurgico di ottenere una rivascolarizzazione completa , ma l’impatto di quest’ultima in un confronto tra strategia conservativa e invasiva non è mai stato dimostrato.

Il trattamento delle lesioni in biforcazione è particolarmente impegnativo e non privo di complicanze, soprattutto se la malattia aterosclerotica non riguarda solamente il vaso principale (“main vessel”) ma anche il ramo secondario (“side branch”) che da esso si dirama. Il valore prognostico di questa condizione anatomica è ben espresso dai dati dello studio SYNTAX che mostra nei pazienti trattati con PCI una mortalità a 10 anni del 30.1% che si confronta con il 19.8% se la PCI non è stata effettuata su una biforcazione . Non è noto se i risultati procedurali e a distanza possano essere migliorati utilizzando la guida OCT piuttosto che la sola guida angiografica.

Nei pazienti STEMI e coronaropatia multivasale, una rivascolarizzazione completa migliora la prognosi a distanza, come dimostrato dallo studio COMPLETE , nel quale è stata osservata la diminuzione di un endpoint composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico o rivascolarizzazione ischemia-driven) rispetto al trattamento della sola lesione culprit. Resta tuttavia ancora aperta la problematica del timing del completamento, se debba cioè essere eseguito con procedure seriate programmate (“staged procedures”) o possa essere eseguito, in pazienti emodinamicamente stabili, anche durante la PCI primaria.

Pur essendo la terapia diuretica un pilastro fondamentale del trattamento farmacologico dello scompenso cardiaco, la ricerca clinica al riguardo è piuttosto modesta e non ha modificato negli anni le Linee Guida. Esse raccomandano un utilizzo di diuretici dell’ansa per via endovenosa come terapia di attacco, suggerendo un'associazione con diuretici tiazidici nei casi in cui vi sia una resistenza a questo trattamento per la riduzione dell’edema. Nel 2022, tuttavia, sono stati presentati tre studi che hanno verificato gli effetti dell’aggiunta a diuretici dell’ansa di diuretici che agiscano con un meccanismo differente: tra questi lo studio ADVOR ha mostrato una più accentuata riduzione della congestione e una più efficace diuresi associando per 3 giorni l’inibitore dell’anidrasi carbonica acetazolamide ai diuretici dell’ansa. Per altro sono stati ottenuti buoni risultati clinici anche quando l’associazione si basava sull’utilizzo di idroclorotiazide (studio CLOROTIC) e soprattutto quando veniva associato, peraltro a paziente stabilizzato, empaglifozin (studio EMPULSE).

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