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L'endocardite infettiva (IE) è caratterizzata da un'elevata mortalità e morbidità la cui incidenza varia in base alla popolazione considerata. Lo scopo della presente analisi è stato quello di analizzare l'incidenza e la mortalità intraospedaliera nei pazienti con IE nell’ultimo decennio in una provincia italiana (Ravenna, Emilia-Romagna). Dal 2010 al 2020, l'incidenza di IE è aumentata significativamente da 6.29 casi/100.000 abitanti a 19.58 casi/100.000 abitanti (P<0.001). Allo stesso modo, la mortalità ospedaliera per IE è aumentata negli anni, passando da 1.8 decessi/100.000 abitanti nel 2010 a 4.4 decessi/100.000 abitanti nel 2020 (P<0.001). Il tasso di mortalità per IE è rimasto tuttavia costante nel corso dell’ultimo decennio. Inoltre, non è stata documentata alcuna differenza nella sede dell'infezione, nella localizzazione e/o tipo di valvola coinvolta (nativa o protesica). All'analisi di regressione logistica, l'età è risultata come l'unico fattore predittivo di mortalità ospedaliera (odds ratio: 1.045; intervallo di confidenza al 95%: 1.015- 1.075; P=0.003).

Patients with non-paradoxical low-flow–low-gradient (LFLG) aortic stenosis (AS) are at increased surgical risk, and thus, they may particularly benefit from transcatheter aortic valve replacement (TAVR). However, data on this issue are still limited and based on the results with older-generation transcatheter heart valves (THVs).

Come noto, la Fractional Flow Reserve (FFR) è di grande utilità nel definire il significato fisiopatologico delle stenosi coronariche e l’utilità di un loro trattamento invasivo. Tuttavia, per valori di FFR compresi tra 0.80 e 0.75 (zona grigia di incertezza) esistono dati controversi su una effettiva utilità dell'angioplastica coronarica (PCI) nel migliorare l’outcome dei pazienti. Quando l’FFR presenta valori compresi entro questo intervallo, la misurazione della Riserva coronarica (CFR definita come rapporto tra flusso coronarico in condizioni di iperemia massima diviso per il flusso basale, un indice fisiologico che riflette eventuali limitazioni di flusso della circolazione coronarica incluso il microcircolo) potrebbe offrire un ulteriore elemento di valutazione, il cui effettivo valore prognostico aggiuntivo rimane tuttavia incerto.

La sindrome di Heyde è caratterizzata dalla concomitanza di stenosi aortica, sindrome di von Willebrand acquisita (per proteolisi dei multimeri del fattore di von Willebrand causata dall’elevato shear stress a livello della valvola stenotica) e angiodisplasie (dilatazioni di capillari arteriosi e venosi nella mucosa gastrointestinale). Tale associazione, che comporta un alto rischio emorragico, è presente sino al 10% dei pazienti con stenosi aortica (anche se tale percentuale potrebbe essere sottostimata per le difficoltà a diagnosticare le angiodisplasie), ma si riduce notevolmente dopo intervento di sostituzione valvolare. Non è nota, invece, l’evoluzione di queste alterazioni dopo intervento di TAVI.

Benché la problematica del verificarsi di AKI, dopo procedure diagnostiche e interventistiche, sia nota da tempo e molta letteratura sia stata prodotta su questo argomento, molti semplici provvedimenti per ridurne l’incidenza (idratazione adeguata, attenzione alla quantità del mezzo di contrasto usato sono disattese nella pratica clinica. Non è noto se un programma basato su interventi educazionali, supporto nelle decisioni cliniche, valutazioni tramite audit e feedback possano tradursi in una riduzione significativa di questa complicanza e in migliori risultati clinici.

Il trattamento delle dislipidemie sta subendo una rapida evoluzione. Il target terapeutico principale è il colesterolo LDL, ma altre lipoproteine contenenti apo-B possono penetrare l’intima dando origine al processo aterosclerotico. È stato osservato che il rischio cardiovascolare è meglio riflesso dal valore di colesterolo non-HDL o dalla misurazione diretta delle apo-B, piuttosto che dal colesterolo LDL. Terapie basate su anticorpi monoclonali e su “RNA engineering” permettono l’inibizione selettiva di proteine specifiche riducendo drasticamente i livelli di colesterolo LDL nel sangue. Inclisiran è un siRNA (small interfering RNA) coniugato a un residuo terminale N-acetil-galattosaminico che permette al farmaco di legarsi a recettori specifici delle cellule epatiche inibendo il PCSK9. Lo studio ORION-4 sta valutando gli effetti di questo farmaco sulla mortalità e morbilità cardiovascolare. Esso viene somministrato due volte l’anno e determina una riduzione di circa il 50% del colesterolo LDL e una diminuzione significativa della lipoproteina(a) [Lp(a)], un tipo di LDL nella quale una apoproteina (apoA) è legata ad apoB e correlata a elevato rischio cardiovascolare e allo sviluppo di valvulopatia aortica calcifica

Nei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto, gli effetti clinici di una strategia di riduzione della frequenza cardiaca sono oggetto di controversia. Nello studio multicentrico Reduction of heart Rate in Heart Failure (RedRate-HF) 20 pazienti (età media 67 ± 15 anni, BNP all’ingresso 1.348 ± 1.198 pg/ml) sono stati trattati con terapia medica ottimale associata a ivabradina 5 mg bid a 48–72 h dall’ingresso. I pazienti sono stati valutati con la tecnica della bioimpedenza a 24, 48, 72 h dall’assunzione del farmaco e alla dimissione. Il farmaco è stato ben tollerato e ha indotto una aumento dell’intervallo RR (da 747 ± 69 ms basale a 948 ± 121 ms alla dimissione, p<0.0001). La gittata sistolica e’ aumentata da 73 ± 22 a 84 ± 19 ml alla dimissione (p=0.03 ) con una riduzione del lavoro cardiaco (da 3.6 ± 1.2 vs. 3.1 ± 1.1 kg/m2 alla dimissione, p=0.04). In conclusione, una strategia di riduzione della frequenza cardiaca in pazienti ricoverati per scompenso acuto, in aggiunta alla terapia medica ottimale, si accompagna a un aumento della gittata sistolica e a una riduzione del lavoro cardiaco.

Aims: To establish the safety and efficacy of different dual antiplatelet therapy (DAPT) combinations in patients with acute coronary syndrome (ACS) according to their baseline ischaemic and bleeding risk estimated with a machine learning derived model [machine learning-based prediction of adverse events following an acute coronary syndrome (PRAISE) score].

L’intervento di TAVI, inizialmente effettuato in pazienti con alto rischio per la chirurgia valvolare (SAVR) o con età molto avanzata, si è successivamente esteso a categorie di pazienti con minor rischio operatorio, grazie al miglioramento tecnologico, in particolare dei materiali utilizzati e alla maggiore esperienza degli operatori. Le Linee Guida ESC suggeriscono di considerare, nella scelta tra le due procedure, una serie di variabili cliniche (tra cui l’età e il rischio chirurgico), anatomiche e procedurali (tra cui il “mismatch” paziente/protesi e la possibilità di effettuare la TAVI per accesso femorale) e la eventuale necessità di correggere chirurgicamente altre patologie valvolari o coronariche concomitanti.

La TAVI, preferibilmente effettuata in pazienti anziani con stenosi aortica severa è, tuttavia, sempre più eseguita in pazienti giovani con lunga attesa di vita. Si pone quindi il problema di verificare l’efficacia delle procedure “redo” quando esse si rendono necessarie per malfunzionamento della protesi originale (procedure TAV-in-TAV) e di affrontare le problematiche connesse al tipo di valvola inizialmente impiantata (“ballon expandable” –b- o “selfexpandable”-s-) e a quella da utilizzare per il reimpianto.

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