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La coesistenza di una coronaropatia moderato/ severa ha rappresentato un criterio di esclusione all’arruolamento dei pazienti con stenosi aortica severa sintomatica nei trial di confronto tra TAVI e sostituzione valvolare chirurgica (SAVR). Tuttavia molti pazienti con stenosi aortica ed età avanzata presentano una coronaropatia significativa e non è noto quale sia il loro destino quando alla TAVI si associa la PCI piuttosto che alla SAVR un intervento di bypass aortocoronarico (CABG).

Il case report descrive un paziente con dolore toracico e un elettrocardiogramma eseguito in ambulanza durante il trasporto in ospedale con evidenza di ritmo giunzionale accelerato e sopraslivellamento di ST in aVR e in V1 e sottoslivellamento in derivazione I e da V2 a V6 (frecce). L’unico dato clinico rilevante all’esame obbiettivo era la presenza di turgore giugulare. Un elettrocardiogramma eseguito in PS mostrava sopraslivellamento di ST nelle precordiali destre. All’ecocardiogramma la funzione ventricolare sinistra era buona, mentre il ventricolo destro mostrava una severa acinesia della parete libera. Alla coronarografia era presente una isolata occlusione del tratto prossimale di una coronaria destra non dominante. È stata posta diagnosi di infarto miocardico isolato del ventricolo destro. Il pattern ECG, in questo caso, potrebbe essere confuso con il quadro di ischemia miocardica da coronaropatia multivasale o da lesione del tronco comune. In quest’ultimo caso, tuttavia, a differenza del paziente sopra presentato, gli elementi distintivi sono un sopraslivellamento in aVR>V1 e un sottoslivellamento di ST in almeno 8 derivazioni[1]Ibanez B, James S, Agewall S, et al; ESC Scientific Document Group. 2017 ESC guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: the Task … Continua a leggere. Una diagnosi precoce di infarto del ventricolo destro è importante per iniziare una terapia a base di somministrazione di fluidi, evitando diuretici e nitrati che, riducendo il preload, possono aggravare la condizione emodinamica del paziente.

L’impatto della disfunzione renale cronica (CKD) e dei corrispondenti valori di velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) sulla mortalità nei pazienti con fibrillazione atriale rimane sconosciuto. In questa analisi post-hoc di uno studio randomizzato controllato che ha incluso 1.064 pazienti ospedalizzati con fibrillazione atriale, 465 (43.7%) presentavano CKD. La presenza di CKD è risultata associata a un aumentato rischio di mortalità per tutte le cause e cardiovascolare dopo l’ospedalizzazione [hazard ratio aggiustato (adj.HR): 1.60; intervallo di confidenza al 95% (CI 95%): 1.25-2.05 e adj.HR: 1.74; CI 95%: 1.30-2.33, rispettivamente]. Rispetto allo stadio 1 della CKD, gli adj.HR per la mortalità per tutte le cause negli stadi 2-5 della CKD erano rispettivamente 2.18, 2.62, 4.20 e 3.38 (tutti P <0.05). Valori di eGFR inferiori a 50 ml/min/1.73 m2 sono risultati predittori indipendenti di una maggiore mortalità per tutte le cause e cardiovascolare. In conclusione, nei pazienti ricoverati con fibrillazione atriale, la presenza di CKD è risultata associata in modo indipendente a una minore sopravvivenza, che è risultata significativamente superiore negli stadi CKD da 2 a 5, rispetto allo stadio 1.

Background: In the GLOBAL LEADERS trial, ticagrelor monotherapy beyond 1 month compared with standard antiplatelet regimens after coronary stent implantation did not improve outcomes at intention-to-treat analysis. Considerable differences in treatment adherence between the experimental and control groups may have affected the intention-to-treat results. In this reanalysis of the GLOBAL LEADERS trial, we compared the experimental and control treatment strategies in a per-protocol analysis of patients who did not deviate from the study protocol. Methods and results: Baseline and postrandomization information were used to classify whether and when patients were deviating from the study protocol. With logistic regressions, we derived time-varying inverse probabilities of nondeviation from protocol to reconstruct the trial population without protocol deviation. The primary endpoint was a composite of all-cause mortality or nonfatal Q-wave myocardial infarction at 2 years. At 2-year follow-up, 1.103 (13.8%) of 7.980 patients in the experimental group and 785 (9.8%) of 7.988 patients in the control group qualified as protocol deviators. At per-protocol analysis, the rate ratio for the primary endpoint was 0.88 (95% CI, 0.75-1.03; p=0.10) on the basis of 274 versus 325 events in the experimental versus control group. The rate ratio for the key safety endpoint of major bleeding was 1.00 (95% CI, 0.79-1.26; p=0.99). The per-protocol and intention-to-treat effect estimates were overall consistent. Conclusions: Among patients who complied with the study protocol in the GLOBAL LEADERS trial, ticagrelor plus ASA for 1 month followed by ticagrelor monotherapy was not superior to 1-year standard dual antiplatelet therapy followed by ASA alone at 2 years after coronary stenting.

Benchè gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) siano frequentemente utilizzati nei pazienti con fibrillazione atriale, pochi studi sono stati dedicati alla persistenza in terapia dei pazienti trattati con questi farmaci e le conseguenze prognostiche che un abbandono della terapia anticoagulante può in essi procurare.

Uno dei dilemmi tuttora irrisolti della terapia antipiastrinica dopo impianto di stent è la durata della doppia terapia antipiastrinica, soprattutto in una popolazione ad alto rischio emorragico. Recentemente l’Academic Research Consortium (ARC) ha proposto una definizione di “high bleeding risk” (HBR), basata sulla presenza di criteri maggiori e minori. Journal Map ha già dedicato spazio e commenti a questo tema (vedi numero 5). Tuttavia alcuni di questi criteri ARC-HBR si associano non solo a un alto rischio emorragico, ma anche a un rischio ischemico elevato. Quale sia poi la mortalità successiva al verificarsi di un evento emorragico o ischemico in questa popolazione non è noto.

Il dispositivo Watchman per la chiusura dell’auricola si è dimostrato superiore al warfarin a 5 anni di follow-up nella prevenzione della mortalità, dell’ictus emorragico e dell’ictus fatale o inabilitante negli studi PROTECTAF (WATCHMAN Left Atrial Appendage System for Embolic Protection in Patients With Atrial Fibrillation) e PREVAIL (Evaluation of the WATCHMAN LAA Closure Device in Patients With Atrial Fibrillation Versus Long Term Warfarin Therapy). Il meccanismo di chiusura di Watchman è basato su un singolo disco che occlude l’ostio dell’auricola; dispositivi, come Amulet, che si avvalgono di un doppio meccanismo di “sealing” (un lobo che viene posizionato all’interno dell’auricola e un disco a esso connesso a chiudere l’ostio) potrebbero garantire una chiusura più efficace e un minore rischio di leaks. Non ci sono tuttavia in letteratura studi randomizzati di confronto tra i due dispositivi.

Il “case report” pubblicato su JAMA descrive un paziente che si presenta con angor accompagnato da un quadro ECG simile a quello indicato nella Figura. Alla coronarografia il paziente aveva una occlusione acuta della coronaria destra. Questo “pattern elettrocardiografico” è stato descritto per la prima nel 2020 da Aslanger et al. La diagnosi di STEMI si basa sulla presenza all’elettrocardiogramma di sopraslivellamento di ST in almeno due derivazioni contigue. Tuttavia questo requisito è limitativo perché può impedire la diagnosi di STEMI in alcune condizioni che invece necessitano di un intervento urgente di riperfusione. Il “pattern elettrocardiografico” originalmente descritto da Aslanger et al., esemplificato nella Figura, mostra che il vettore di ST è rivolto più a destra di quanto non sia abitualmente nello STEMI inferiore e si manifesta con sopraslivellamento solo in III e aVR, accompagnato da un sottoslivellamento di ST in I, II, V5, V6 (frecce). Un altro aspetto caratteristico è l’ST più elevato in V1 che in V2. I pazienti che si presentano con questo quadro ECG (e hanno positività dei biomarkers di necrosi) sono abitualmente considerati come NSTEMI e non vengono avviati d’urgenza in sala emodinamica. L’aspetto ecg sopra descritto è stato riscontrato nel 6.3% di pazienti classificati come NSTEMI e nel 13.1% dei pazienti con STEMI inferiore: i corrispondenti quadri coronarografici mostravano, come lesione culprit, la arteria circonflessa (50% dei casi) o la coronaria destra (32% dei casi) e frequente era il coinvolgimento multivasale.

La miocardite o pericardite acuta sono emerse come potenziali responsabili di danno miocardico acuto nei pazienti affetti da SARS-CoV-2. Tuttavia, l’impatto della pandemia COVID-19 sull’incidenza di mio/pericardite non è stato valutato in modo sistematico e rappresenta l’oggetto della presente analisi. Gli autori hanno analizzato l’incidenza e la prevalenza di cardiopatie infiammatorie acute in tre centri italiani in due intervalli temporali: prima (pre COVID-19, dal 1° giugno 2018 al 31 maggio 2019) e durante la pandemia COVID-19 (dal 1° giugno 2020 al maggio 2021). L’incidenza annuale di cardiopatia infiammatoria acuta non è risultata significativamente diversa (12.1/100.000 abitanti nel periodo pre COVID-19 versus 10.3/100.000 nel periodo COVID, P=0.22). L’incidenza annuale di miocardite è stata significativamente più alta nel periodo preCOVID-19 rispetto al COVID, rispettivamente pari a 8.1/100.000 abitanti/anno versus 5.9/100.000 abitanti/anno (P=0.047), con una riduzione netta del 27% dei casi. Nonostante ciò, le miocarditi durante il periodo COVID presentavano un maggior numero di alterazioni della cinetica regionale e di fibrosi miocardica. L’incidenza annuale di pericardite non è risultata significativamente diversa (4.03/100.000 abitanti versus 4.47/100.000 abitanti, P=0.61). In conclusione, i dati preliminari di questo studio indicano una minore incidenza di miocardite acuta e un’incidenza stabile di pericardite durante la pandemia da COVID-19 rispetto al periodo pre-pandemia.

Objectives: To test the safety and efficacy of intravascular imaging and specifically optical coherence tomography (OCT) as a diagnostic tool for left main angioplasty and analyze the mid-term outcome accordingly. Background: Clinical data and international guidelines recommend the use of intravascular imaging ultrasound (IVUS) to guide left main (LM) angioplasty. Despite early experience using OCT in this setting is encouraging, the evidence supporting its use is still limited. Methods: ROCK II is a multicenter, investigatordriven, retrospective European study to compare the performance of IVUS and OCT versus angiography in patients undergoing distal-LM stenting. The primary study endpoint was target-lesion failure (TLF) including cardiac death, target-vessel myocardial infarction and target-lesion revascularization. We designed this study hypothesizing the superiority of intravascular imaging over angiographic guidance alone, and the non-inferiority of OCT versus IVUS. Results: A total of 730 patients, 377 with intravascular-imaging guidance (162 OCT, 215 IVUS) and 353 with angiographic guidance, were analyzed. The one-year rate of TLF was 21.2% with angiography and 12.7% with intravascularimaging (p=0.039), with no difference between OCT and IVUS (p=0.26). Intravascular-imaging was predictor of freedom from TLF (HR 0.46; 95% CI 0.23-0.93: p=0.03). Propensity-score matching identified three groups of 100 patients each with no significant differences in baseline characteristics. The one-year rate of TLF was 16% in the angiographic, 7% in the OCT and 6% in the IVUS group, respectively (p=0.03 for IVUS or OCT vs. angiography). No between-group significant differences in the rate of individual components of TLF were found. Conclusions: Intravascular imaging was superior to angiography for distal LM stenting, with no difference between OCT and IVUS.

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1 Ibanez B, James S, Agewall S, et al; ESC Scientific Document Group. 2017 ESC guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: the Task Force for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J. 2018;