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Recidive di pericardite si verificano nel 15-30% dei pazienti dopo un episodio iniziale e in oltre il 40% di essi dopo una prima recidiva. Spesso questi nuovi episodi sono di difficile trattamento in quanto refrattari alla terapia anti-infiammatoria tradizionale. In questi casi (pazienti dipendenti da steroidi e refrattari alla colchicina) le Linee Guida ESC(1) contemplano l’uso dell’antagonista del recettore dell’interleuchina-1 anakinra, sulla base di alcune esperienze aneddotiche positive. Recentemente anakinra si è dimostrato efficace nel ridurre significativamente le recidive di pericardite in pazienti dipendenti da steroidi e refrattari alla colchicina (AIRTRIP trial -2-). È stato sufficiente randomizzare 21 pazienti per ottenere un significativo risultato clinico. È stata dimostrata efficacia clinica anche per rinolacept, un farmaco con analogo meccanismo d’azione. Se da un lato questi farmaci rappresentano un vero “paradigm shift” nel trattamento delle recidive di pericardite resistenti alla colchicina e dipendenti dall’uso di steroidi, restano problemi ancora aperti, quali la durata della terapia e il loro potenziale utilizzo in alternativa all’uso dei corticosteroidi per evitarne gli effetti collaterali. In realtà questa possibilità è avanzata in un’altra recente review (Sachin Kumar, MD; Shameer Khubber, MD; Reza Reyaldeen, MD; Ankit Agrawal, MD; Paul C. Cremer, MD; Massimo Imazio, MD; Deborah H. Kwon, MD; Allan L. Klein, MD Advances in Imaging and Targeted Therapies for Recurrent Pericarditis A Review. JAMA Cardiol. doi:10.1001/jamacardio.2022.2584. Published online August 17, 2022). In essa si propone una flow chart basata sulla presenza di un fenotipo infiammatorio che utilizza l’imaging (presenza di “late gadolinium enhancement” alla risonanza magnetica) e il laboratorio (innalzamento della PCR) per introdurre più precocemente (dalla seconda recidiva) una terapia con antagonisti del recettore della interleuchina-1 anzichè utilizzare i corticosteroidi.

Il ruolo prognostico del ventricolo destro e, in particolare, dell’accoppiamento tra ventricolo destro e arteria polmonare (RV-PA), nei pazienti sottoposti a sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVR), è oggetto di intenso dibattito nella comunità scientifica. In 377 pazienti sottoposti a TAVR tra febbraio 2011 e agosto 2020, gli autori hanno analizzato il rapporto tra l’escursione sistolica del piano dell’anulus tricuspidalico e la pressione sistolica dell’arteria polmonare (TAPSE/PASP) come surrogato dell’accoppiamento RVPA, stratificando la popolazione in base al rapporto TAPSE/PASP pari a <0.36 mm/mmHg. Il successo procedurale è risultato simile tra i due gruppi. Un rapporto TAPSE/PASP <0,36 mm/mmHg è risultato associato ad un maggior rischio di morte per tutte le cause a 6 mesi (17.3% contro 5.3%; hazard ratio aggiustato 2.66; P=0.041). L’impatto prognostico del rapporto TAPSE/ PASP è risultato maggiore rispetto a TAPSE e PASP considerati separatamente, indipendentemente dal rischio chirurgico. Sia il TAPSE che la PASP sono migliorati al follow-up a 1 e 6 mesi dopo la TAVI. In conclusione, un rapporto TAPSE/PASP<0.36 mm/mmHg è fortemente associato a un aumento del rischio di mortalità dopo la TAVR. L’intervento di TAVR si associa a un miglioramento significativo di TAPSE, PASP e del loro rapporto.

Background: It is unknown whether contemporary drug-eluting stents have a similar safety profile in high bleeding risk patients treated with 1-month dual antiplatelet therapy following percutaneous coronary interventions. Methods and Results: We performed an interventional, prospective, multicenter, single-arm trial, powered for noninferiority with respect to an objective performance criterion to evaluate the safety of percutaneous coronary interventions with Synergy bioresorbable polymer everolimus-eluting stent followed by 1-month dual antiplatelet therapy in patients with high bleeding risk. In case of need for an oral anticoagulant, patients received an oral anticoagulant in addition to a P2Y12 inhibitor for 1 month, followed by an oral anticoagulant only. The primary end point was the composite of cardiac death, myocardial infarction, or definite or probable stent thrombosis at 1-year follow-up. The study was prematurely interrupted because of slow recruitment. From April 2017 to October 2019, 443 patients (age, 74.8±9.2 years; women, 29.1%) at 10 Italian centers were included. The 1-year primary outcome occurred in 4.82% (95% CI, 3.17%-7.31%) of patients, meeting the noninferiority compared with the predefined objective performance criterion of 9.4% and the noninferiority margin of 3.85% (Pnoninferiority<0.001) notwithstanding the lower-than-expected sample size. The rates of cardiac death, myocardial infarction, and definite or probable stent thrombosis were 1.88% (95% CI, 0.36%-2.50%), 3.42% (95% CI, 2.08%-5.62%), and 0.94% (95% CI, 0.35%- 2.49%), respectively. Conclusions: Among high bleeding risk patients undergoing percutaneous coronary interventions with the Synergy bioresorbable- polymer everolimus-eluting stent, a 1-month dual antiplatelet therapy regimen is safe, with low rates of ischemic and bleeding events.

La durata della doppia terapia antiaggregante (DAPT), dopo impianto di stent, è oggetto di dibattito e di studio. La cardiologia interventistica è in continua evoluzione, sia per il miglioramento dei materiali utilizzati (soprattutto per quanto riguarda la tecnologia degli stent), l’esperienza crescente degli operatori e l’utilizzo, sempre maggiore, di tecniche di imaging che hanno permesso di ridurre il rischio di trombosi dello stent. Applicare i risultati di trial, datati a una realtà dinamica, può comportare errori di valutazione clinica. È necessario, perciò, verificare se i risultati dei trial che hanno esplorato la corretta durata della DAPT siano tuttora applicabili alla popolazione di pazienti che attualmente viene sottoposta a impianto di stent.

La fibrillazione atriale è un’aritmia a decorso spesso asintomatico, che può complicarsi con la comparsa di ictus, con probabilità 5 volte maggiore rispetto a soggetti senza questa aritmia. Per tale motivo le linee guida della Società Europea di Cardiologia raccomandano metodologie di screening, anche se non ci sono studi che documentino come in questo modo si possa ridurre l’incidenza di ictus.

Sono stati condotti quattro studi (SYNTAX LEFT MAIN: 705 pazienti; PRECOMBAT 600 pazienti, NOBLE 1.201 pazienti; EXCEL 1.905 pazienti) per dare una risposta al quesito posto dal titolo. I risultati di questi trial non sono stati tuttavia concordanti e hanno dato vita a un'accesa discussione (se non aspra contesa) tra cardiochirurghi e cardiologi interventisti. Le meta-analisi, sin qui effettuate, hanno utilizzato solo i dati aggregati dei vari trial e non i dati dei singoli pazienti, non hanno distinto tra infarti spontanei e peri-procedurali (questi ultimi peraltro diagnosticati con criteri differenti) e non hanno considerato un periodo di follow-up adeguato (almeno 5 anni).

Gli inibitori di SGLT2 aumentano l’escrezione di glucosio e sodio. Di conseguenza le cellule specializzate della macula densa che si trovano nel tratto ascendente dell’ansa di Henle alla sua giunzione col tubulo distale, a contatto con i glomeruli, segnalano l’aumentata concentrazione di sodio a livello tubulare e, attraverso il feedback glomerulotubulare, attivano i recettori dell’adenosina che costringono le arteriole afferenti glomerulari e, inibendo la produzione di renina, provocano una dilatazione delle arteriole efferenti. La vasocostrizione delle arteriole afferenti e la dilatazione delle efferenti diminuisce la pressione idrostatica intraglomerulare, e riduce l’iperfiltrazione glomerulare, esplicando in tal modo un'azione protettiva a livello renale.

L’anestesia locale anziché quella generale rappresenta l’approccio standard in molti centri per la sostituzione transcatetere della valvola aortica (TAVR) con o senza la presenza di un anestesista in loco (AOS). In questo studio, gli Autori hanno confrontato gli outcome nei pazienti sottoposti a TAVR con AOS, oppure con anestesista di guardia (AOC). Dei 332 pazienti sottoposti a TAVR, 96 (29%) sono stati trattati con AOS, mentre 236 (71%) con AOC. Non sono state osservate differenze in termini di tempo procedurale, tempo di fluoroscopia e quantità di mezzo di contrasto. Non sono stati riportati decessi procedurali o conversioni a chirurgia a torace aperto. Il tasso di ictus/attacchi ischemici transitori e di complicanze vascolari maggiori è risultato comparabile tra i due gruppi. Due pazienti (0.8%) del gruppo AOC hanno richiesto l’intervento urgente dell’anestesista. Nel gruppo AOC si è registrato un maggior uso di morfina (55.9% vs. 33.3%, p = 0.008), ma con una dose inferiore per ciascun paziente (2.0 vs. 2.8 mg, p = 0.006). Nei pazienti a rischio basso o intermedio, sottoposti a TAVR transfemorale, l’anestesia locale senza la presenza di un anestesista nel laboratorio di cateterismo rappresenta una procedura sicura ed efficace.

Background: Mitral-valve transcatheter edgeto-edge repair (MV-TEER) is recommended in patients with severe functional mitral regurgitation (FMR) and in those with degenerative mitral regurgitation (DMR) not eligible to traditional surgery. Patients with a history of previous cardiac surgery are considered at high risk for surgical reintervention, but data are lacking regarding procedural and clinical outcomes. Objective: aim of this study was to assess the efficacy and clinical results of MV-TEER in patients with previous cardiac surgery enrolled in the “multicentre Italian Society of Interventional Cardiology registry of transcatheter treatment of mitral valve regurgitation” (GIOTTO). Methods: Patients with previous coronary artery bypass grafting (CABG), surgical aortic valve replacement (AVR), or mitral valve repair (MVR) were included. Those with multiple or combined previous cardiac surgeries were excluded. Clinical follow-up was performed at 30 days, 1 year, and 2 years. The primary endpoint was a composite of death or rehospitalization at 1- and 2-year follow-ups. Results: A total of 330 patients, enrolled in the GIOTTO registry, were considered (CABG 77.9%, AVR 14.2%, and MVR 7.9%). Most patients showed FMR (66.9%), moderate reduction of left ventricular (LV) ejection fraction, and signs of LV dilation. Procedural and device successes were 94.8% and 97%. At 1 and 2 years, the composite endpoint occurred are 29.1% and 52.4%, respectively. The composite outcome rates were similar across the three subgroups of previous cardiac surgery (p = 0.928) and between the FMR and DMR subgroups (p = 0.850) at 2 years. In a multivariate analysis, residual mitral regurgitation (rMR) ≥2+ was the main predictor of adverse events at 1 year (hazard ratio: 1.54 [95% confidence interval, CI: 1.00-2.38]; p = 0.050). This association was confirmed at 2 years of Kaplan-Meier analysis (p = 0.001). Conclusions: MV-TEER is effective in these patients, regardless of the subtype of previous cardiac surgery and the MR etiology. An Rmr ≥ 2+ is independently associated with adverse outcomes at 1-year follow-up.

La terapia antitrombotica standard consigliata dopo chiusura dell’auricola (LAAC) con dispositivo Watchman, consiste nella somministrazione di anticoagulante e ASA per 45 giorni per evitare la trombosi del device (DRT) o fenomeni tromboembolici (TE) precoci, seguita da doppia terapia anti-aggregante con ASA e clopidogrel per 4.5 mesi prima di passare ad ASA in monoterapia. Questa strategia, tuttavia, è ampiamente empirica; da un lato può essere causa di bleeding, dall’altro non considera l’inefficacia della terapia antiaggregante nella prevenzione di TE. Infatti, la “miopatia atriale”, correlata alla presenza di fibrillazione atriale, può essere causa di TE, indipendentemente dalla concomitanza o meno dell’aritmia. È necessario, perciò, testare nuove strategie di terapia antitrombotica in questi pazienti.

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