Claudio Cavallini

Confronto dell’outcome clinico e dei costi associati all’utilizzo di device microassiale ventricolare sinistro vs contropulsatore aortico nei pazienti con infarto miocardico complicato da shock cardiogeno

Il trattamento dello shock cardiogeno è un ambito della cardiologia in cui i progressi degli ultimi decenni sono stati modesti. A tutt’oggi, l’utilizzo dei dispositivi di assistenza ventricolare non è standardizzato e gli studi randomizzati, che non sono affatto numerosi, non sono riusciti a mostrarne un beneficio. Nel caso di infarto miocardico con shock cardiogeno (AMICS), il contropulsatore aortico (IABP) è il dispositivo di riferimento (pur con una raccomandazione di livello basso, classe IIb nelle Linee Guide ESC) tuttavia il suo utilizzo di routine è chiaramente controindicato dalle medesime Linee Guide (classe III).

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Un nuovo score diagnostico per la cardiomiopatia amiloidotica da transtiretina

Lo scompenso cardiaco (SC) con frazione d’eiezione preservata (HFpEF) è una sindrome clinica che colpisce spesso persone anziane con cardiopatia ipertensiva e ipertrofia cardiaca((McDonagh TA, Metra M, Adamo M, Gardner RS, Baumbach A, Bohm M, et al. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J. 2021;42(36):3599-726.)). La cardiomiopatia amiloidotica da transtiretina (ATTR-CM) è una patologia infiltrativa caratterizzata da ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro e SC, di solito nel contesto di un HFpEF, di cui rappresenta un’eziologia ben identificabile con prevalenza signifi cativa nei pazienti anziani. La scintigrafia totalbody con tracciante osseo (PYP) ha un ruolo diagnostico principale: uno score di captazione miocardica del tracciante (“Perugini” grade) ≥2 è indicativo di ATTR-CM, quando i possibili falsi positivi (ossia i pazienti con amiloidosi cardiaca da catene leggere) sono esclusi dalle indagini di primo livello. Al contrario, in pazienti non selezionati la PYP potrebbe rivelarsi uno strumento diagnostico inefficiente e costoso. Uno score diagnostico semplice potrebbe avere un certo grado di utilità nell’individuare i pazienti da sottoporre a work-up diagnostico per ATTR-CM.

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Associazione temporale tra episodi di fibrillazione atriale subclinica e rischio di ictus cerebrale.

La fibrillazione atriale (FA), rilevata all’ECG tradizionale in pazienti sintomatici, è un importante fattore di rischio per ictus cerebrale. In questi ultimi anni si sono accumulati studi che hanno dimostrato che anche gli episodi di FA asintomatica, rilevata da pacemakers o altri device a permanenza (CIEDs) siano predittivi di ictus cerebrale, sebbene con “potenza’ meno forte rispetto agli episodi di FA sintomatica rilevata tradizionalmente. Tuttavia, non sono state riscontrate evidenze a supporto dell’ipotesi che l’ictus cerebrale sia temporalmente preceduto da episodi di FA subclinica.

Lo studio delle relazioni temporali tra episodi di FA, anche asintomatica, e insorgenza di ictus cerebrale è di estrema importanza per due motivi principali. Il primo motivo è di ordine fisiopatologico: l’eventuale dimostrazione di una qualche associazione temporale tra episodio di FA e insorgenza di ictus cerebrale, darebbe forza all’ipotesi tradizionale dell’ictus come possibile conseguenza diretta di un trombo sviluppatosi nel cuore durante la FA e successivamente distaccatosi (ipotesi dell’ictus cardio-embolico). Al contrario, l’eventuale assenza di tale associazione temporale potrebbe far pendere la bilancia verso l’ipotesi alternativa che vedrebbe FA e ictus cerebrale come co-fenomeni di una situazione patologica di base ad effetti sia proaritmici che pro-trombotici. Il secondo motivo, non meno importante, è di ordine terapeutico: nei pazienti portatori di CIEDs, nei quali si evidenzino episodi di FA asintomatica, è giusto somministrare farmaci anticoagulanti allo scopo di prevenire l’ictus? In altri termini, il beneficio sulla riduzione dell’ictus cerebrale in questi pazienti giustificherebbe il rischio emorragico legato alla terapia anticoagulante?

Gli studi finora disponibili hanno avuto il grosso limite della relativamente scarsa numerosità della casistica. Uno studio, eseguito solo in soggetti di sesso maschile portatori di defibrillatori impiantabili, ha suggerito un aumento del rischio di ictus cerebrale nei 30 giorni successivi all’insorgenza di FA subclinica di lunga durata.

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