Conosci le Linee Guida?
Compili il quiz, al termine troverà la risposta esatta alle domande. https://it.research.net/r/G3BTQKY Quale classe di raccomandazione ha l’adozione della dieta mediterranea?A) Classe IB) Casse IIbC)
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Il ruolo della terapia anticoagulante cronica (CAC) nei pazienti con COVID-19 è tuttora sconosciuto e rappresenta l’oggetto del presente studio multicentrico europeo. Di 1.186 pazienti COVID positivi, 144 erano in CAC (12.1%). Considerando le popolazioni non aggiustate, la mortalità per tutte le cause (35% vs. 18%, p<0.001), le emorragie maggiori e minori (14% vs. 8%, p=0.026; 25% vs. 17%, p=0.014), le complicanze cardiovascolari (27% vs. 14%, p=0.001) e l’insufficienza renale acuta (AKI, 42% vs. 19%, p<0.001) si sono verificate più frequentemente nei pazienti in CAC.
La FFR è utilizzata per individuare le stenosi di grado intermedio all’angiografia che sono emodinamicamente significative e, perciò, trattabili con angioplastica coronarica (PCI). L’utilizzo invece di FFR post-PCI per giudicare il risultato della procedura è poco praticato, sia perchè il suo significato non è validato da ampi studi, sia perchè un risultato subottimale della procedura è spesso attribuito alla presenza di una malattia diffusa dei rami coronarici non generalmente trattabile.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco la rivascolarizzazione con bypass aortocoronarico (CABG) migliora la prognosi rispetto alla terapia medica ottimale, come dimostrato dallo studio STICH ((Velazquez EJ, Lee KL, Jones RH, et al. Coronary-artery bypass surgery in patients with ischemic cardiomyopathy. N Engl J Med 2016;374:1511–1520. )). Non esiste, tuttavia, analoga documentazione per l’angioplastica coronarica (PCI) che è peraltro la modalità di rivascolarizzazione più ampiamente effettuata. Inoltre, non vi è alcuno studio di confronto tra CABG e PCI in questa popolazione ad alto rischio.
Benchè numerosi studi indichino che la misurazione della CFR, (il rapporto tra flusso iperemico e flusso basale ottenuto con una serie di metodi invasivi e non-invasivi) abbia un indubbio valore prognostico ((Horton JD, Cohen JC, Hobbs HH. PCSK9: a convertase that coordinates LDL catabolism. J Lipid Res 2009;50 Suppl:S172–S177)), essa non viene utilizzata routinariamente in quanto le viene preferita la misurazione della FFR. I risultati delle due tecniche differiscono nel 40% dei casi e il loro utilizzo contemporaneo potrebbe dare informazioni molto utili al clinico nella scelta di rivascolarizzare o meno una stenosi. Non esistono in letteratura ampi studi policentrici che abbiano confrontato i risultati di CFR e FFR misurate simultaneamente e ne abbiano valutato il valore prognostico nel tempo.
Il carico aterosclerotico (“atherosclerotic burden”) può essere espresso come esposizione cumulativa al colesterolo LDL (LDL-C) del soggetto (espressa in grammi colesterolo per anno). Quando questo indice supera una soglia teorica, un evento cardiovascolare acuto (ASCVD) può verificarsi nella vita di un individuo ((Horton JD, Cohen JC, Hobbs HH. PCSK9: a convertase that coordinates LDL catabolism. J Lipid Res 2009;50 Suppl:S172–S179)). Nella Figura la linea A rappresenta un soggetto a basso rischio (LDL-C 100 mg/dL) che raggiunge una soglia di 7 LDL-C grammi/anno a 70 anni. La linea B si riferisce, invece, a un soggetto a rischio elevato (LDL-C 200 mg/dL), che raggiunge la stessa soglia a 35 anni.
I determinanti prognostici nei pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e shock cardiogeno (CS) sono tutt’oggi poco definiti e rappresentano l’oggetto del presente studio. Gli Autori hanno analizzato 1.222 pazienti STEMI sottoposti ad angioplastica coronarica primaria (PPCI) in un registro retrospettivo, di cui 7.5% con CS.
La durata della doppia terapia antiaggregante (DAPT), dopo angioplastica coronarica percutanea (PCI) con impianto di stent medicato (DES) in pazienti ad alto rischio emorragico è da tempo oggetto di controversia. La tendenza attuale è di ridurre la DAPT al minimo indispensabile per diminuire il rischio di eventi emorragici, senza tuttavia incrementare il rischio di eventi ischemici. Le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC), nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-ACS), indicano in 3 mesi la durata della DAPT quando il rischio di bleeding è elevato, mentre nei pazienti in terapia anticoagulante la DAPT dovrebbe terminare dopo la degenza ospedaliera, oppure protrarsi per 1 mese nel caso sussista un rischio ischemico elevato ((The Task Force for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC) 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation. Eur Heart J 2020; doi:10.1093/eurheartj/ ehaa575.)). Tuttavia queste indicazioni potrebbero essere in rapida evoluzione man mano che si aggiungono nuovi contributi della letteratura.
La prevenzione secondaria dell’infarto miocardico è basata, oltre che su un adeguato stile di vita e controllo dei fattori di rischio, sull’utilizzo di farmaci antipiastrinici e statine. Recenti studi hanno mostrato un effetto benefico di una terapia anti-infiammatoria basata sull’utilizzo della colchicina. In particolare due trial, COLCOT ((Tardif J-C, Kouz S, Waters DD, et al. Efficacy and safety. of low-dose colchicine after myocardial infarction. N Engl J Med 2019;381: 2497–2505.)) e LoDoCo2 ((Nidorf SM, Fiolet ATL, Mosterd A, et al. LoDoCo2 Trial Investigators. Colchicine in patients with chronic coronary disease. N Engl J Med 2020;383:1838–1847.)) hanno mostrato come questo farmaco possa ridurre nuovi eventi cardiovascolari, in particolare ictus e infarto miocardico, in assenza tuttavia di alcun effetto sulla mortalità. Nello studio LoDoCo2 addirittura si evidenziava un aumento della mortalità non cardiovascolare nel gruppo trattato con colchicina rispetto a quello trattato con placebo.
L’approccio transradiale (TRA) riduce il sanguinamento rispetto all’accesso transfemorale (TFA) ed è ampiamente utilizzato nelle procedure diagnostiche e interventistiche coronariche (PCI, percutaneous coronary intervention) ((Mason PJ, Shah B, Tamis-Holland JE, et al. An Update on Radial Artery Access and Best Practices for Transradial Coronary Angiography and Intervention in Acute Coronary Syndrome: A Scientific Statement From the American Heart Association. Circ Cardiovasc Interv 2018;11(9):e000035. Doi: 10.1161/HCV.0000000000000035.)). La complicanza maggiore è tuttavia l’occlusione dell’arteria radiale (RAO, in circa il 7.5% dei casi), che può precludere un ipotetico futuro riutilizzo di tale arteria per successive PCI o quale condotto arterioso per interventi di bypass aortocoronarico o per l’esecuzione di fistola nell’eventualità si renda necessaria una emodialisi.
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