Dalla letteratura internazionale

Un annoso dilemma: eparina non frazionata o bivalirudina durante PCI nei pazienti NSTEMI?

La problematica posta dal titolo sotto forma di domanda non ha ancora una risposta precisa, perchè in letteratura i dati di confronto tra i due farmaci sono contrastanti e i dati iniziali non rispecchiano la pratica attuale, in quanto l’eparina veniva associata nei primi studi di confronto agli inibitori del recettore IIbIIIa (GPI), una combinazione a elevato rischio di bleeding, non più utilizzata negli studi e nella routine più recente.

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Infezione di dispositivi elettronici cardiaci impiantati: correlazione tra mortalità e tempistica di estrazione

L’uso sempre più diffuso dei dispositivi elettronici cardiaci impiantabili (CIED) i ha inevitabilmente portato a un aumento delle infezioni con ripercussioni significative sulla morbilità e sulla mortalità dei pazienti. È noto che i pazienti con infezioni dei CIED presentano una mortalità oltre 3 volte superiore rispetto ai pazienti senza infezioni; inoltre, le infezioni di questi dispositivi sono associate a un significativo onere finanziario per il sistema sanitario. La rimozione completa del sistema (dispositivo ed elettrocateteri) è raccomandata come intervento di classe 1 per le infezioni, ma le pratiche correnti e gli esiti di questa procedura richiedono ancora una valutazione approfondita.

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Lunghezza dei telomeri e rischio di scompenso cardiaco.

I telomeri sono piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma hanno la funzione di impedire all’elica di sfibrarsi; essi si accorciano costantemente a ogni duplicazione, e quando raggiungono una lunghezza critica, le cellule entrano nella fase di senescenza: sono perciò un marker della capacità replicativa cellulare. Studi di randomizzazione mendeliana hanno mostrato una relazione tra telomeri più corti ed evidenza di malattia coronarica, ma non vi sono dati sulla eventuale associazione con lo sviluppo di scompenso cardiaco.

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Riserva di resistenza microvascolare: informazioni prognostiche in pazienti con malattia coronarica epicardica significativa.

La riserva di resistenza microvascolare (MRR) è un indice introdotto recentemente(1) per definire la capacità di riserva di vasodilatazione del microcircolo che tenga conto dell’eventuale presenza di patologia stenosante epicardica e degli effetti sulla pressione aortica della somministrazione di vasodilatatori (utilizzati per indurre massima iperemia). MRR è un valido indicatore della capacità vasodilatatrice del circolo coronarico. Lo studio suggerisce vantaggi diagnostici e di informazione prognostica rispetto ad altri indicatori, soprattutto in presenza di una patologia stenosante dei vasi epicardici coronarici.

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Infarto/lesione del miocardio in seguito a chirurgia non cardiaca: significato prognostico.

L’evenienza di infarto/lesione del miocardio (PMI) dopo chirurgia non cardiaca è sottodiagnosticata, sia per la frequente assenza di sintomi (spesso mascherati dalla analgesia) sia per il mancato dosaggio della troponina, il biomarker che rivela la complicanza post-operatoria. Una classificazione eziologica di PMI è utile per una valutazione del suo impatto prognostico non solo a breve ma anche a lungo termine . Pur essendo un argomento di notevole rilevanza clinica, i dati della letteratura in proposito sono modesti e limitati all’immediato periodo postoperatorio.

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Valore clinico e prognostico della frazione di eiezione nei pazienti con scompenso cardiaco

Le più recenti Linee Guida suddividono la popolazione dei pazienti con scompenso cardiaco (HF) in base al valore della frazione di eiezione (EF) , anche se non vi sono molte evidenze a supporto di questa classificazione. Rimangono senza risposta, inoltre, alcune domande: se, ad esempio, sia giusto porre a 50% il limite superiore per la definizione di scompenso cardiaco a EF moderatamente ridotta (HFmrEF), se le soglie debbano essere simili per pazienti maschi o femmine, oltre alla necessità di caratterizzare meglio, dal punto di vista clinico e prognostico, i pazienti con HF a EF preservata (HFpEF).

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Pazienti a rischio molto alto di eventi cardiovascolari: quale terapia ipolipemizzante utilizzare?

Le Linee Guida recenti indicano la necessità di utilizzare statine ad alta intensità nei pazienti con esiti di malattia cardiovascolare (ASCVD), particolarmente in quelli a rischio molto elevato (VHR) definiti in base alla storia clinica con >1 evento cardiovascolare, oppure di malattia cardiovascolare associata a multiple comorbilità (vedi Tabella 1) nei quali farmaci addizionali (ezetimibe, inibitori PCSK9) debbono essere somministrati se il colesterolo LDL rimane >70 mg/dl. Tuttavia, nella pratica clinica, queste raccomandazioni non sono seguite e dati osservazionali mostrano come le statine ad alta intensità siano assunte da meno di un terzo dei pazienti con ASCVD. Lo studio RACING ha mostrato la non-inferiorità di una terapia con statine a media intensità (rosuvastatina 10 mg) associate a ezetimibe 10 mg rispetto a una terapia con statine ad alta intensità (rosuvastatina 20 mg) in pazienti con ASCVD. Tuttavia, non è chiaro se i pazienti VHR possano avere un vantaggio dai dosaggi più elevati di statine.

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Riduzione dell’obesità in pazienti con scompenso cardiaco a EF preservata: effetti della semaglutide

L’obesità è spesso presente nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata, rappresentando anche una condizione di scarsa risposta alla terapia e prognosi peggiore . Tuttavia, non vi sono documentazioni che la riduzione dell’obesità, utilizzando farmaci specifici, possa migliorare i sintomi e la capacità funzionale in questi pazienti.

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PCI delle lesioni ostiali dell’arteria circonflessa: un vero “challenge” per l’interventista!

Il trattamento interventistico delle stenosi ostiali è spesso problematico per i cardiologi emodinamisti. Queste lesioni, infatti, presentano spesso calcificazioni e sono più prone al recoil elastico, per cui sono gravate da un’incidenza di ristenosi più elevata rispetto alle lesioni non ostiali. Inoltre, i dati della letteratura sono scarsi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici da considerare durante la procedura e l’outcome dei pazienti trattati per stenosi ostiale dell’arteria circonflessa (LCx).

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TAVI o sostituzione valvolare per la stenosi aortica severa nei pazienti a basso rischio chirurgico: quale metodica è maggiormente costo-efficace?

Nei pazienti a basso rischio chirurgico la TAVI ha mostrato risultati simili alla chirurgia per quanto riguarda mortalità e rischio di stroke a 2 anni e nelle più recenti Linee Guida Nord-americane è considerata una scelta ragionevole per i pazienti con stenosi aortica severa sintomatica ed età >65 anni Attualmente, rappresenta la modalità di trattamento più frequentemente utilizzata per tale patologia negli Stati Uniti. La TAVI si è dimostrata costo-efficace per i pazienti a rischio chirurgico alto o intermedio, ma non ci sono dati al riguardo per i pazienti a basso rischio, che rappresentano poco meno della metà della popolazione con stenosi aortica severa sintomatica.

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