Dalla letteratura internazionale

Riduzione dell’obesità in pazienti con scompenso cardiaco a EF preservata: effetti della semaglutide

L’obesità è spesso presente nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata, rappresentando anche una condizione di scarsa risposta alla terapia e prognosi peggiore . Tuttavia, non vi sono documentazioni che la riduzione dell’obesità, utilizzando farmaci specifici, possa migliorare i sintomi e la capacità funzionale in questi pazienti.

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PCI delle lesioni ostiali dell’arteria circonflessa: un vero “challenge” per l’interventista!

Il trattamento interventistico delle stenosi ostiali è spesso problematico per i cardiologi emodinamisti. Queste lesioni, infatti, presentano spesso calcificazioni e sono più prone al recoil elastico, per cui sono gravate da un’incidenza di ristenosi più elevata rispetto alle lesioni non ostiali. Inoltre, i dati della letteratura sono scarsi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici da considerare durante la procedura e l’outcome dei pazienti trattati per stenosi ostiale dell’arteria circonflessa (LCx).

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TAVI o sostituzione valvolare per la stenosi aortica severa nei pazienti a basso rischio chirurgico: quale metodica è maggiormente costo-efficace?

Nei pazienti a basso rischio chirurgico la TAVI ha mostrato risultati simili alla chirurgia per quanto riguarda mortalità e rischio di stroke a 2 anni e nelle più recenti Linee Guida Nord-americane è considerata una scelta ragionevole per i pazienti con stenosi aortica severa sintomatica ed età >65 anni Attualmente, rappresenta la modalità di trattamento più frequentemente utilizzata per tale patologia negli Stati Uniti. La TAVI si è dimostrata costo-efficace per i pazienti a rischio chirurgico alto o intermedio, ma non ci sono dati al riguardo per i pazienti a basso rischio, che rappresentano poco meno della metà della popolazione con stenosi aortica severa sintomatica.

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Fenotipi eziologici dell’insufficienza tricuspidalica: significato prognostico.

La presenza di insufficienza tricuspidalica (I.T.) severa si accompagna a un rischio elevato di mortalità a breve-medio termine. Tuttavia, la patogenesi di questa valvulopatia non è univoca in quanto si distinguono una forma primaria, una secondaria a patologia del cuore sinistro e una correlata alla presenza di elettrodi in ventricolo destro. . Non ci sono molti dati in letteratura sull’evoluzione e sul significato prognostico di queste differenti forme cliniche.

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Efficacia e sicurezza dell’acido bempedoico in prevenzione primaria

Le statine sono un caposaldo della prevenzione secondaria, e sono raccomandate dalle Linee Guida anche in prevenzione primaria in pazienti ad alto rischio di eventi. Inoltre, alcuni pazienti non tollerano le statine; in questi casi l’acido bempedoico può essere proposto come alternativa terapeutica, ma l’efficacia e sicurezza di questa scelta di trattamento in prevenzione primaria non ha al momento una evidenza certa.

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Pazienti fragili in fibrillazione atriale trattati con antagonisti della vitamina K: proseguimento oppure “switch” a anticoagulanti orali diretti?

I pazienti anziani affetti da fibrillazione atriale (AF) hanno spesso sindromi geriatriche, tra cui la fragilità, una condizione rappresentata da una maggiore vulnerabilità a situazioni di stress (come malattie, traumi etc). Questi pazienti non sono stati inclusi nei grandi trial di confronto tra antagonisti della vitamina K (VKA) e anticoagulanti orali diretti (DOAC). Poiché spesso questi pazienti sono trattati con VKA ci si pone la domanda se si debba proseguire con questo trattamento oppure “switchare” a DOAC.

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Determinanti biochimici della riperfusione spontanea nell’infarto STEMI: rilevanza clinica

La riperfusione spontanea negli infarti STEMI è un segnale favorevole che si accompagna a infarti di dimensioni ridotte e a una buona prognosi anche a distanza. Il fenomeno è stato messo in correlazione con una più potente attività fibrinolitica e a alla presenza di un trombo occlusivo con tralci fibrinici meno densi rispetto ai trombi che non riperfondono spontaneamente. Tuttavia uno studio ampio che consideri biomarker di coagulazione, attività fibrinolitica endogena e correlati clinici e prognostici nei pazienti STEMI nei pazienti con riperfusione spontanea non è stato sinora condotto.

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Anziani fragili con infarto senza sopraslivellamento di ST: come trattarli?

Nei pazienti anziani con infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), le Linee Guida raccomandano le stesse strategie diagnostico-terapeutiche messe in atto nei pazienti più giovani sulla base di trial che, in quella popolazione, hanno mostrato la superiorità di un approccio invasivo rispetto a uno conservativo. Tuttavia, quegli studi non includevano pazienti con alto grado di fragilità per i quali non vi sono dati provenienti da studi randomizzati che indichino la strategia da adottare.

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Nei pazienti anziani multivasali con sindrome coronarica acuta va completata la rivascolarizzazione? I risultati dello studio FIRE.

Gli anziani rappresentano una parte rilevante dei pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta (ACS). Le decisioni da assumere in questa popolazione sono spesso difficili per la concomitanza di sindromi geriatriche, quali la fragilità o i deficit cognitivi e perchè essi sono poco rappresentati nei trial da cui deriva l’evidenza alla base delle raccomandazioni delle linee guida . Se è vero che la maggior parte di questi pazienti vengono trattati invasivamente come i pazienti più giovani, sussistono perplessità in caso di malattia multivasale, in particolare sul trattamento delle lesioni critiche non-culprit una volta che la lesione colpevole è stata dilatata. La domanda che ci si pone è se si debba procedere a una rivascolarizzazione completa, come avviene nei pazienti più giovani, o accontentarsi di aver tamponato il problema clinico avendo trattato la sola lesione culprit.

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Significato prognostico di placche attive dopo infarto miocardico individuate mediante PET-TC.

Nei pazienti con un recente infarto miocardico non vi sono indicatori clinici capaci di predire con sufficiente attendibilità il rischio di un nuovo evento acuto. Indagini eseguite con strumenti di imaging invasivo hanno individuato alcune caratteristiche di placca che possono associarsi a un rischio di instabilizzazione clinica, quali la presenza di un core necrotico ampio o un cappuccio fibroso sottile. Tuttavia, l’utilizzo di questi strumenti non può essere esteso su larga scala e non sempre è privo di rischi. Tra le metodiche non invasive, la TC coronarica permette una valutazione qualitativa delle stenosi e, associata alla PET, è in grado di individuare le placche attive, con più alta probabilità di causare instabilizzazione clinica. In particolare la PET-TC, utilizzando come tracciante il 18F-sodium fluoride, evidenzia le microcalcificazioni attive all’interno del core necrotico, localizzando le stenosi con più elevata vulnerabilità.

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