Inquadramento
È noto come le concentrazioni di NT-proBNP si correlino al quadro clinico nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ridotta (HFrEF) e come, in particolare, valori elevati rappresentino un fattore prognostico negativo[1]Januzzi JL, Jr. Ahmad T, Mulder H, et al. Natriuretic peptide response and outcomes in chronic heart failure with reduced ejection fraction. J Am Coll Cardiol. 2019;74:1205–1217.. Del pari noto, è il dato che le variazioni nel tempo di questo parametro diano informazioni sull’evoluzione della cardiopatia.
Concentrazioni in discesa si associano a una prognosi migliore e possono significare il verificarsi di un rimodellamento cardiaco favorevole. Dati recenti hanno mostrato come il trattamento con empagliflozin e dapagliflozin (farmaci antidiabetici che bloccano i recettori SGLT2 situati a livello del tubulo renale
prossimale aumentando in questo modo aumentando l’escrezione urinaria di glucosio) produca effetti benefici in tali pazienti, riducendone la mortalità e i nuovi ricoveri per scompenso.
Lo studio in esame
L’EMPEROR- REDUCED è un trial randomizzato di confronto tra empagliflozin 10 mg e placebo in pazienti con FE ≤40% e classe NYHA II-IV, con endpoint combinato di mortalità per ogni causa e nuove ospedalizzazioni per scompenso.
NT-proBNP veniva determinato al basale a 4, 12, 52 e 100 settimane in 3.728 pazienti (età media 67 anni). Nei pazienti trattati con placebo un valore elevato basale di NT-proBNP (quarto quartile >3.480 pg/ml) si associava a un rischio quattro volte superiore di mortalità/nuova ospedalizzazione per scompenso, rispetto ai pazienti del primo quartile (NT-proBNP <1.115 pg/ml). Empagliflozin riduceva gli eventi in tutti i quartili di NT-proBNP senza interazione significativa (P value for trend >0.05) e la differenza rispetto al placebo risultava del 13% a 52 settimane. I pazienti che si trovavano nel quartile più basso di valori di NT-proBNP a 12 settimane avevano probabilità minori di raggiungere l’endpoint primario al termine del follow-up, indipendentemente da quale fosse il valore basale di NT-proBNP (Tabella).
Take home message
Empagliflozin ha significativamente ridotto nello studio EMPEROR-Reduced gli eventi avversi, indipendentemente dal valore iniziale di NT-proBNP. Le concentrazioni del biomarker in terapia forniscono informazioni prognostiche più precise, rispetto a quelle rilevate prima del trattamento.
Interpretazione dei dati
Gli Autori, discutendo i loro dati, osservano come la riduzione di NT-proBNP, benchè inferiore rispetto alla diminuzione del biomarker osservata con sacubitril/valsartan, si associ a una riduzione degli eventi clinici, suggerendo la possibilità che tali effetti benefici si accompagnino a un rimodellamento favorevole
del ventricolo sinistro. Tra le limitazioni dello studio, gli Autori riconoscono tuttavia che non è possibile individuare dal loro dataset il meccanismo attraverso il quale empagliflozin abbia ridotto NT-proBNP.
Uno dei criteri di arruolamento dei pazienti con FE prossima al 40% era la presenza di valori elevati di
NT-proBNP. I risultati ottenuti con empagliflozin in questa popolazione sono rilevanti, osservano gli Autori, in quanto è stato osservato che alcuni farmaci testati in pazienti con HFrEF, mostrano assenza di efficacia nei pazienti con valori basali molto elevati di NT-proBNP.
L’opinione di Michele Senni
Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo; Università Milano-Bicocca
Le informazioni da questa post-hoc analisi che mi sembrano rilevanti sono due: la prima riguarda la riduzione di NT-proBNP con empagliflozin rispetto a placebo (13% massima a 52 settimane) che, per quanto significativa, appare molto inferiore rispetto ad esempio a quella ottenuta da sacubitril/valsartan (34% a 8 settimane nel PARADIGM, 38% a 12 settimane nel PROVE).
Questa inferiore riduzione del NT-proBNP porta a pensare che il meccanismo d’azione degli SGLT2 inibitori non è basato unicamente su un meccanismo di rimodellamento inverso del ventricolo sinistro (meccanismo comune a tutti i farmaci fondamentali del HFrEF), ma anche su altri meccanismi non ancora del tutto chiariti; la seconda informazione, che possiamo trarre da questo sottostudio, è relativa al fatto che empagliflozin ha significativamente ridotto nello studio EMPEROR-Reduced gli eventi avversi, indipendentemente dal valore iniziale di NT-proBNP.
Questo dato è ulteriormente importante dato che in altri studi recenti, in cui era associato un elevato utilizzo della “foundational therapy” (ACE inibitori, beta bloccanti e antialdosteronici), come il PARADIGM e il VICTORIA si è notato un effetto dipendente dal valore iniziale di NT-proBNP sull’endpoint primario di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
Infatti, nel PARADIGM, l’impatto positivo del sacubitril/valsartan sull’endpoint primario si è verificato nei valori più alti di NT-proBNP (terzo e quarto quartile), mentre nel VICTORIA, il vericiguat nel gruppo di pazienti con NT-proBNP più elevato (quarto quartile) non si è più dimostrato avere un effetto positivo sull’endpoint primario.
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