Doppia terapia antiaggregante abbreviata a un mese in pazienti con alto rischio emorragico sottoposti a impianto di stent

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Indice

Inquadramento

La durata della doppia terapia antiaggregante (DAPT), dopo angioplastica coronarica percutanea (PCI) con impianto di stent medicato (DES) in pazienti ad alto rischio emorragico è da tempo oggetto di controversia. La tendenza attuale è di ridurre la DAPT al minimo indispensabile per diminuire il rischio di eventi emorragici, senza tuttavia incrementare il rischio di eventi ischemici. Le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC), nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-ACS), indicano in 3 mesi la durata della DAPT quando il rischio di bleeding è elevato, mentre nei pazienti in terapia anticoagulante la DAPT dovrebbe terminare dopo la degenza ospedaliera, oppure protrarsi per 1 mese nel caso sussista un rischio ischemico elevato [1]The Task Force for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC) 2020 ESC Guidelines for the … Continua a leggere. Tuttavia queste indicazioni potrebbero essere in rapida evoluzione man mano che si aggiungono nuovi contributi della letteratura.

Lo studio in esame

Lo studio ha randomizzato 4.434 pazienti ad alto rischio emorragico (criteri specificati in Tabella) sottoposti a PCI, con impianto DES al sirolimus con polimero riassorbibile (48% con sindrome coronarica acuta, età media 76 anni) a 2 strategie terapeutiche: DAPT di 1 mese versus DAPT “standard” di 6 mesi, ridotta a 3 mesi nei pazienti in terapia anticoagulante (mediana 139 giorni). Per conformità ai criteri di inclusione nessun paziente aveva avuto eventi nel primo mese post-PCI. I dati, analizzati in modo gerarchico, hanno mostrato che una DAPT abbreviata risultava significativamente “non inferiore” rispetto a una DAPT “standard” per “net adverse clinical endpoints” (NACE, composito di mortalità globale, infarto miocardico, ictus, bleeding BARC 3-5) e “major adverse cardiac and cerebral events” (MACE, composito di mortalità globale, infarto miocardico, ictus) analizzati nella popolazione “per-protocol” (che ha seguito lo schema terapeutico secondo randomizzazione). I bleeding maggiori e clinicamente rilevanti (BARC 2-5) risultavano invece significativamente inferiori nel gruppo DAPT abbreviata (analisi effettuata secondo criterio “intention to treat”, vedi Tabella).

Take home message

Una DAPT di 1 mese è risultata “non inferiore” a una DAPT “standard” di almeno tre mesi per quanto riguarda MACE e NACE, in pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a PCI con impianto DES, mentre ha ridotto gli eventi emorragici maggiori e clinicamente rilevanti.

Interpretazione dei dati

Nella discussione gli Autori sottolineano come la differenza di bleeding tra le due strategie riguardasse solo quelli di tipo BARC 2 (4.5% vs. 6.8%) mentre l’incidenza dei bleeding maggiori (BARC 3-5), non risultava statisticamente significativa (2.3% vs. 2.5%). Inoltre, commentando il dato relativo alla durata della triplice terapia antitrombotica nei pazienti anticoagulati e randomizzati alla strategia “standard” (3 mesi, mentre le Linee Guida ESC raccomandano un periodo molto più breve), osservano come un periodo breve di triplice terapia si associ a una maggiore rischio di infarto miocardico [2]Gargiulo G, Goette A, Tijssen J, et al. Safety and efficacy outcomes of double vs. triple antithrombotic therapy in patients with atrial fibrillation following percutaneous coronary intervention: a … Continua a leggere. Al riguardo sono interessanti due osservazioni che provengono da uno studio pubblicato simultaneamente [3]Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, et al. MASTER DAPT investigators. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary … Continua a leggere e che ha analizzato, all’interno della popolazione MASTER DAPT, i pazienti a seconda che fossero o meno in terapia anticoagulante. Sorprendentemente la differenza di eventi emorragici (a favore della “1 month DAPT”) si aveva nei pazienti non-anticoagulati, indebolendo la critica che una maggiore durata di triplice terapia antitrombotica avesse svantaggiato i pazienti randomizzati alla “standard therapy”. Interessante anche il dato relativo al rischio di infarto miocardico. Nello studio in esame appariva maggiore del 30% (anche se la differenza non raggiungeva la significatività statistica) nel gruppo randomizzato a “1 month-DAPT”, rispetto alla “standard DAPT” (vedi Tabella). Tale eccedenza di infarti nel primo gruppo (differenza assoluta + 0.6%) avveniva tuttavia tardivamente, quando tutti i pazienti nei due gruppi erano in monoterapia antipiastrinica, ed è probabilmente da considerare un “chance finding”[4]Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, et al. MASTER DAPT investigators. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary … Continua a leggere.

L’opinione di Emanuele Barbato

Università degli Studi di Napoli Federico II

Le Linee Guida ESC raccomandano una doppia terapia anti-piastrinica con ASA e inibitori dei recettori P2Y12 (es. clopidogrel, ticagrelor o prasugrel) per una durata di 6 mesi in pazienti stabili (CCS), sottoposti a impianto di stent coronarico, e della durata di 1 anno in pazienti con ACS. L’obiettivo della doppia terapia anti[1]aggregante è quello di proteggere il paziente dal rischio di complicanze ischemiche quali la trombosi dello stent o l’infarto del miocardio. Al contempo sta aumentando la consapevolezza dell’importanza delle complicanze emorragiche che rappresentano l’altra faccia della medaglia in pazienti sottoposti a un’intensa terapia anti-piastrinica, soprattutto in pazienti fragili o cosiddetti ad alto rischio di sanguinamento. Questo ha dato impulso a una serie di trial clinici randomizzati e meta-analisi finalizzati a dimostrare la maggiore sicurezza, in termini di riduzione dei sanguinamenti, e almeno uguale efficacia, in termini di ridotti eventi ischemici, di una terapia anti-piastrinica di intensità ridotta. Dopotutto, la finestra temporale di maggior beneficio dell’inibizione piastrinica è il primo mese dall’impianto dello stent o dall’insorgenza della SCA (tempo zero), mentre con il passare del tempo risulta minimo il rischio ischemico e aumentato quello emorragico. La minore intensità piastrinica testata consiste sia nel sostituire a distanza di un mese dal tempo zero il farmaco inibitore dei recettori P2Y12 più potente (es. prasugrel o ticagrelor) con uno meno potente (es. clopidogrel), sia nel ridurre la durata della doppia anti-aggregazione (es. mediante sospensione dell’ASA a distanza di 1 settimana fino a 3 mesi dal tempo zero). Il trial MASTER DAPT di Marco Valgimigli, Peter Smits e colleghi si inserisce in questo filone di ricerca finalizzato a dimostrare la sicurezza e l’efficacia derivante dalla riduzione della doppia terapia anti-aggregante in pazienti con SCA o con CCS sottoposti ad impianto di stent coronarico che presentino caratteristiche di alto rischio di sanguinamento. Tra i criteri di inclusione si segnala il reclutamento del 49% di pazienti con ACS e del 51% di pazienti con CCS sottoposti a stenting. I risultati dimostrano una non inferiorità della doppia terapia anti-piastrinica abbreviata nell’obiettivo primario dello studio (combinato di eventi ischemici ed emorragici) che in termini di eventi ischemici. È interessante segnalare una superiorità della doppia terapia antipiastrinica abbreviata, soprattutto in termini di sanguinamenti meno gravi (BARC 2), ma non in termini di sanguinamenti maggiori (BARC 3 o 5). Si è invocato una possibile spiegazione a questo dato nella maggiore durata della doppia terapia anti-aggregante soprattutto in pazienti già trattati con terapia anti-coagulante, rispetto ad esempio a quanto raccomandato dalle Linee Guida ESC. Queste ultime raccomandano, infatti, una triplice terapia (DAPT + anti-coagulante) per 1 settimana estensibile a 1 mese in pazienti dove esista anche un maggior rischio ischemico, laddove lo studio MASTER-DAPT (disegnato 3-4 anni prima della pubblicazione delle Linee Guida ESC su NSTE-ACS) ha raccomandato di default una triplice terapia per 1 mese nel braccio abbreviato verso 3 mesi nel braccio di controllo. Nel complesso i dati dello studio MASTER-DAPT danno maggior peso alle evidenze a favore di una DAPT abbreviata, soprattutto in pazienti fragili o ad alto rischio di sanguinamento. La stratificazione del rischio ischemico in questi ultimi pazienti rimane la sfida maggiore al fine di individuare, tra coloro in terapia anticoagulante cronica, quelli che beneficeranno maggiormente di una triplice terapia che vada oltre la settimana raccomandata e quindi debba essere estesa fino a 1 mese.

Bibliografia

Bibliografia
1 The Task Force for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC) 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation. Eur Heart J 2020; doi:10.1093/eurheartj/ ehaa575.
2 Gargiulo G, Goette A, Tijssen J, et al. Safety and efficacy outcomes of double vs. triple antithrombotic therapy in patients with atrial fibrillation following percutaneous coronary intervention: a systematic review and meta-analysis of non-vitamin K antagonist oral anticoagulant-based randomized clinical trials. Eur Heart J 2019; 40: 3757-67.
3, 4 Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, et al. MASTER DAPT investigators. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary Stenting: An Open-Label, Randomized, Controlled Trial. Circulation. 2021 Aug 29. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.121.056680

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