Fausto Rovelli, non solo un grande cardiologo

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Il 25 febbraio scorso si è spento a Milano il professor Fausto Rovelli, storico direttore della Cardiologia di Niguarda e chairman dello studio GISSI.
Pubblichiamo un ricordo del dottor Stefano Savonitto, ASST Lecco – Ospedale “A. Manzoni”

Fausto Rovelli non è stato solo un grande Cardiologo con un’attività clinica e culturale protrattasi per oltre 60 anni, ma anche un medico che ha considerato la cultura come un divenire di conoscenza e azione, e uno sportivo a tutto tondo. Per il primo aspetto, pur con tutte le differenze di carattere, era della stessa pasta del professor Sergio Dalla Volta (un altro grande maestro che ci ha recentemente lasciato all’età di 92 anni), avendo creato e sostenuto per decenni il Convegno di Cardiologia del “De Gasperis” invitando, per ogni argomento, relatori che coniugassero conoscenza ed esperienza personale. Una variante medica del motto benedettino “ora et labora”. Il lato tenuto nascosto ai più, ma non meno importante, almeno per quanto mi riguarda, era la sua passione per la montagna vissuta in prima persona come alpinista di buon livello in età giovanile, poi lasciata sullo sfondo durante gli anni di più intensa vita professionale e famigliare, e finalmente ripresa con lo sci di fondo e di discesa come puro godimento, una volta ridottisi gli impegni. Come racconta egli stesso, “Avevo cominciato ad arrampicare in Dolomiti all’età di 15 anni e ho concluso proprio ritornando sulle rocce del gruppo del Sella che ne avevo 74”. L’alpinismo vissuto da Fausto Rovelli è descritto nel piccolo e prezioso libro “Ricordi di montagna” pubblicato nell’anno 2006 (quindi all’età di 88 anni) a partire dai suoi diari giovanili: di questo mi fece regalo con una dedica che mi fece arrossire “a Stefano Savonitto, grande ed esperto alpinista, con grande ammirazione e stima”. Le sue salite più impegnative sono partite dall’esperienze estive in Valmalenco, nel gruppo Bernina-Disgrazia come Istruttore con la Scuola d’Alta Montagna del GUF Milano nella cui squadra, che partecipava al campionato nazionale, giocava a rugby nel resto dell’anno. Era un alpinismo molto diverso da quello attuale, con materiali tecnici molto spartani, fatto di resistenza e determinazione, caratteristiche presenti a priori nella persona. La sua salita più importante e impegnativa è stata la parete nord del monte Disgrazia, il 26 Luglio del 1941 con l’amico Carletto Negri, una “prima” di tutto rispetto raccontata con toni di grande “suspence” nel libro. Ma numerose sono state le salite anche nel gruppo dell’Ortles, in particolare alla punta Thurwieser nel 1945, il Cervino nel 1946, sempre nel 1946 nel gruppo del Monte Bianco, con la Kuffner al Mont Maudit, la cresta des Hirondelles alle Grandes Jorasses, e quella dell’Innominata sul versante della Brenva al Monte Bianco, tutte salite di grande respiro, fino alla caduta nel crepaccio verso la Nord di Péuterey nel 1947. L’alpinismo a questo livello richiede grande allenamento, compagni affiatati (e Fausto ne ebbe di fortissimi), ma anche grande concentrazione che va necessariamente perdendosi man mano che gli impegni professionali e famigliari vanno crescendo, come successe progressivamente a Fausto Rovelli che però mantenne la passione che, come dicevo all’inizio, riprese in forma più rilassata con sua moglie Adele quando potè ridurre la presa sulla professione. Di queste esperienze comuni ebbi occasione di dialogare con lui, più che di Cardiologia. Alla fine del suo libro scrive “…purtroppo, ho finito per dedicare alla montagna troppo poco tempo, meno di quello che avrei voluto…”. Ma lo diceva senza tristezza e con la tranquillità di considera benevolmente le proprie scelte.

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