I nuovi biomarker sono utili per la definizione diagnostica e prognostica dell’infarto miocardico di tipo 2

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Indice

Inquadramento

L’infarto miocardico di tipo 2 (T2-MI) è il risultato di uno squilibrio tra domanda e apporto di ossigeno che determina ischemia miocardica con rilascio di troponina e può verificarsi sia in presenza che assenza di malattia coronarica sottostante. Benché la sua entità sia ben riconosciuta, una stratificazione del rischio clinico ad esso correlato e l’approccio diagnostico terapeutico non sono ancora chiari. Non è noto, inoltre, se l’utilizzo di markers biochimici (oltre alla troponina) possa essere utile al riguardo, in particolare per guidare la condotta clinica. Poiché la sua patogenesi è spesso multifattoriale (ipotensione, stati di shock, anemizzazione acuta, insufficienza respiratoria, tachiaritmie, crisi ipertensive, etc.) i biomarker dovrebbero indagare questi potenziali meccanismi causali. Potenzialmente utili sono: la copeptina che si innalza per condizioni di stress che elevano i livelli di cortisolo e gli ormoni surrenalici; il pro-peptide natriuretico atriale medioregionale (MR-proANP) che riflette lo stretch atriale e il sovraccarico di volume; la pro-endotelina 1 C-terminale (CT-proET1) che regola l’ipertrofia miocardica e la ritenzione idrica; la pro-adreno medullina medioregionale (MR-proADM) che viene rilasciata in caso di sepsi mentre la procalcitonina è un ben noto marker di infezione batterica.

Lo studio in esame

Lo scopo di questo studio è stato triplice:
1) indagare il profilo dei biomarker nei pazienti con diagnosi di T2-MI;
2) analizzare quali biomarker sono utili per differenziare i due tipi di infarto miocardico;
3) verificare quali biomarker hanno valore prognostico nei pazienti con T2-MI.
A tal fine, gli Autori hanno analizzato in modo retrospettivo la casistica dello studio multicentrico internazionale CHOPIN[1]Maisel A, Mueller C, Neath SX, Christenson RH, et al. Copeptin helps in the early detection of patients with acute myocardial infarction: primary results of the CHOPIN trial (Copeptin Helps in the … Continua a leggere, che ha arruolato pazienti giunti con dolore toracico sospetto per sindrome coronarica acuta al Pronto Soccorso entro 6 ore dall’insorgenza dei sintomi. Dei 2.071 pazienti arruolati, T1-MI e T2-MI sono stati diagnosticati in 94 e 176 pazienti. All’ingresso i pazienti con T1-MI avevano valori più elevati di troponina, mentre quelli con T2-MI avevano valori più alti di MRproANP, CT-proET1, MR-proADM, e procalcitonina. L’area sotto la curva (AUC) delle curve ROC per la diagnosi di T2-MI era più alta per CTproET1, MRproADM e MR-proANP che per la troponina (Tabella). Aggiungendo i biomarker al modello clinico si raggiungeva il più alto valore di AUC. La Tabella mostra anche la predittività prognostica per la mortalità per ogni causa dei vari biomarker.

Take home message

Il profilo dei biomarker di T2-MI è diverso da quello di T1-MI. La loro performance diagnostica è più alta di quella basata sulla troponina e possiede valore predittivo prognostico.

Implicazioni e prospettive future

Studio che ha indubbi elementi di novità, anche se non appare convincente. È prevedibile che, in un futuro prossimo, questi indici entrino nel novero delle informazioni laboratoristiche che routinariamente raccogliamo nei pazienti con diagnosi di infarto miocardico? Credo di no, anche se questo studio potrebbe aprire la strada a nuove informazioni in questo ambito. Dal punto di vista diagnostico l’utilità aggiuntiva dei biomarker è relativamente modesta rispetto alle variabili cliniche unite ai valori di troponina (si veda la Tabella che mostra solo un lieve aumento di AUC, da 0.88 a 0.91). Sicuramente interessante il significato prognostico, ma bisogna osservare che gli HR riportati in Tabella non provengono da una analisi multivariata (gli eventi erano poco numerosi per consentirla). Bisognerà quindi rivalutare l’importanza prognostica di questi indici in casistiche più ampie, confrontando le informazioni dei biomarker con quelle derivate dalla clinica o da parametri di laboratorio più comuni.

L’opinione di Marcello Galvani

Ospedale G.B. Morgagni, Forlì, Azienda USL Romagna

L’idea di descrivere la patogenesi, il decorso clinico e la prognosi di diverse condizioni patologiche, mediante la misurazione nel sangue di marcatori biologici di malattia ha rappresentato negli ultimi anni una strada di ricerca particolarmente fertile ma, in parte, deludente. La ricerca del biomarcatore cardiovascolare “ideale”, in grado cioè di identificare meglio gli individui ad alto rischio, diagnosticare lo stato della malattia in modo tempestivo e accurato, di effettuare una precisa stratificazione prognostica e, sulla base dei risultati del test, di trattare efficacemente i pazienti, è ancora lungi dal considerarsi conclusa[2]Vasan RS. Biomarkers of Cardiovascular Disease: Molecular Basis and Practical Considerations. Circulation. 2006;113:2335–2362.. In questo lavoro il gruppo di Alan Maisel propone una serie di biomarcatori per la differenziazione dell’infarto miocardico tra tipo 1 e tipo 2 identificandone un valore diagnostico e prognostico incrementale rispetto alle variabili cliniche comunemente utilizzate per distinguere le due condizioni, anche quando queste variabili sono combinate con la misurazione della troponina cardiaca. Nello studio sono stati utilizzati esclusivamente i biomarcatori che costituiscono il pannello di test a disposizione sulla piattaforma laboratoristica utilizzata per la misurazione del biomarcatore studiato nel lavoro originale (la copertina)[3]Maisel A, Mueller C, Neath SX, Christenson RH, et al. Copeptin helps in the early detection of patients with acute myocardial infarction: primary results of the CHOPIN trial (Copeptin Helps in the … Continua a leggere. Gli Autori hanno così rinunciato a includere tutti i biomarcatori potenzialmente in grado di distinguere la diversa fisiopatologia delle due condizioni. Ad esempio, l’identificazione di una causa trombotica (non legata ad aterosclerosi) alla base di alcuni casi di infarto miocardico di tipo 2, nei quali non si documenta una malattia coronarica ostruttiva, avrebbe potuto forse essere colta dalla misurazione di marcatori di attivazione del sistema emostatico, che appunto mancano dal pannello proposto. Inoltre la distinzione dei casi di infarto miocardico in tipo 1 e tipo 2 appare essere retrospettiva (ovvero operata a posteriori per la stesura di questo lavoro), dal momento che in quello originale del 2013 (pubblicato un anno dopo il rilascio della Definizione Universale di Infarto Miocardico), non si fa menzione di tale distinzione. Ciò può avere in qualche modo influenzato i risultati, come suggerito dal fatto che la maggior parte dell’aumento dell’accuratezza diagnostica è attribuibile ad incrementi di MR-proANP, CT-proET1 e MR proADM, marcatori che riflettono sovraccarico di volume e congestione. Dal momento che, nei pazienti con infarto miocardico tipo 2, la prevalenza di scompenso cardiaco era molto più elevata rispetto ai pazienti con infarto miocardico di tipo 1, l’incremento di questi biomarcatori può riflettere la diversa condizione emodinamica piuttosto che il meccanismo responsabile dell’evento. In accordo con questa interpretazione è anche il fatto che le concentrazioni dei peptidi natriuretici (misurati comunque solo in una piccola percentuale dei pazienti) sono risultate significativamente differenti nei due gruppi. Infine, il limitato valore diagnostico e prognostico della troponina cardiaca è sorprendente. La ragione risiede nel fatto che la sua misurazione è stata effettuata con un metodo che, oggi, viene considerato “convenzionale” piuttosto che “ad alta sensibilità”. Ciò ha favorito l’aumento dell’accuratezza diagnostica del pannello di biomarcatori proposti in questo lavoro. Concludendo, l’approccio “multimarker” proposto in questo studio – così complesso – appare poco convincente sotto molto aspetti. La diagnosi di infarto miocardico di tipo 2 si basa sull’identificazione della causa patologica responsabile dello squilibrio tra domanda e offerta di ossigeno al miocardio, e la sua cura consiste nella correzione della condizione sottostante.

Bibliografia

Bibliografia
1, 3 Maisel A, Mueller C, Neath SX, Christenson RH, et al. Copeptin helps in the early detection of patients with acute myocardial infarction: primary results of the CHOPIN trial (Copeptin Helps in the early detection Of Patients with acute myocardial INfarction). J Am Coll Cardiol. 2013;62:150-160.2.
2 Vasan RS. Biomarkers of Cardiovascular Disease: Molecular Basis and Practical Considerations. Circulation. 2006;113:2335–2362.

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