Impact of right ventricular pacing in patients with TAVR undergoing permanent pacemaker implantation

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Background: Long-term right ventricular pacing (VP) has been related to negative leftventricular remodeling and heart failure (HF), but there is a lack of evidence regarding the prognostic impact on transcatheter aortic valve replacement (TAVR) patients.

Objectives: The aim of the PACE-TAVI registry is to evaluate the association of high percentage of VP with adverse outcomes in patients with pacemaker implantation after TAVR.

Methods: PACE-TAVI is an international multicenter registry of all consecutive TAVRpatients who underwent permanent pacemaker implantation for conduction disturbances in the first 30 days after the procedure. Patients were divided into 2 subgroups according to the percentage of VP (<40% vs ≥40%) at pacemaker interrogation. The primary endpoint was the composite of cardiovascular mortality or hospitalization for HF.

Results: A total of 377 patients were enrolled, 158 with VP <40% and 219 with VP≥40%.After multivariable adjustment, VP≥40% was associated with a higher incidence of the primary endpoint (HR: 2.76; 95% CI: 1.39-5.51; P=0.004), first HF hospitalization (HR: 3.37; 95% CI: 1.50-7.54; P=0.003), and cardiovascular death (HR: 3.77; 95% CI: 1.02-13.88; P=0.04), while the incidence of all-cause death was not significantly different (HR: 2.17; 95% CI: 0.80- 5.90; P=0.13). Patients with VP ≥40% showed a higher New York Heart Association functional class both at 1 year (P=0.009) and at last available follow-up (P=0.04) and a nonsignificant reduction of left ventricular ejection fraction (P=0.18) on 1-year echocardiography, while patients with VP <40% showed significant improvement (P=0.009).

Conclusions: In TAVR patients undergoing permanent pacemaker implantation, a high percentage of right VP at follow-up is associated with an increased risk for cardiovascular death and HF hospitalization. These findings suggest the opportunity to minimize right VP through dedicated algorithms in post-TAVR patients without complete atrioventricular block and to evaluate a more physiological VP modality in patients with persistent complete atrioventricular block.


Intervista a: Francesco Bruno

Divisione di Cardiologia, A.O.U. Città della Salute e della Scienza, Torino; NHS Royal Brompton and Harefield Hospitals, London

Dottor Bruno, quali sono i dati più rilevanti del vostro studio?
Lo studio PACE TAVI è uno studio osservazionale, multicentrico che ha arruolato 377 con impianto di pacemaker permanente dopo TAVI in 8 centri europei. Per primo ha permesso di dimostrare che la percentuale di pacing ventricolare destro è responsabile degli effetti deleteri dell’impianto di pacemaker dopo TAVI, compreso un aumentato rischio di morte per cause cardiovascolari e di sviluppo di scompenso cardiaco, che si sono osservati al follow-up in moltissimi studi in letteratura, dove era già noto che un burden elevato di pacing ventricolare (VP) destro fosse associato a outcome avversi; tuttavia, non era stato mai esaminato nella popolazione di pazienti TAVI. In particolare, nel nostro studio, una percentuale di pacing maggiore del 40% si è dimostrata essere associata a un aumentato rischio di ricovero per scompenso cardiaco e morte cardiovascolare. Inoltre, i pazienti con ≥40% al follow-up presentavano peggior classe funzionale NYHA e assente remodeling ventricolare sinistro dopo TAVI, specialmente nei pazienti con funzione ventricolare sinistra più bassa e nei pazienti che possedevano un ritmo intrisenco che “competeva” con la stimolazione del pacemaker. I principali predittori di VP≥40% sono risultati la frazione di eiezione bassa, la presenza al baseline di blocco di branca destro e di blocco di branca destro con blocco fascicolare anteriore, la larghezza del QRS, le valvole self-expanding e il blocco atrioventricolare completo come motivo di impianto del pacemaker dopo TAVI. Da questo studio emerge l’importanza di impiantare il pacemaker dopo TAVI solo nei casi dove strettamente necessario e di minimizzare la percentuale di pacing al follow-up, quando possibile, con algoritmi di ricerca del ritmo intrinseco. Nei pazienti, invece, in cui ci si aspetta un’alta percentuale di pacing al follow-up, studi futuri dovranno valutare l’eventuale beneficio di impianto di dispositivi che permettano un pacing più fisiologico come pacing selettivo di branca o impianto di CRT.

I pazienti con VP>40% (quelli a prognosi peggiore) presentano alcune caratteristiche di alterata funzione ventricolare (EF maggiormente depressa, volume telesistolico aumentato) che potrebbero far presagire una tendenza a un rimodellamento negativo e a un maggiore deterioramento di funzione nel follow-up, indipendentemente dalla frequenza di stimolazione. Qual è il suo parere?
Al baseline, come si può osservare dalle tabelle delle caratteristiche di base, i pazienti con VP≥40% erano più anziani e presentavano all’analisi univariata EF più depressa e ventricoli più dilatati, con maggiore volume telediastolico e diametro telesistolico. Per questo motivo, oltre a un’analisi multivariata in cui abbiamo corretto anche per le suddette caratteristiche, è stato deciso di effettuare un’analisi propensity matched che ha permesso di identificare 132 coppie di pazienti matchati con VP≥40% e <40% senza alcuna differenza di caratteristiche di base. L’analisi propensity matched ha confermato il significativo aumentato rischio di eventi avversi al follow-up nei pazienti con VP≥40% che quindi risulta essere indipendente dalle caratteristiche ecocardiografiche al baseline. Inoltre, si è osservato che i pazienti in cui l’alta percentuale di pacing risulta più deleteria sono i pazienti che al baseline hanno bassa FE. In questi pazienti, infatti, nonostante sia stata effettuata la TAVI, non si osserva al follow-up un aumento di FE e altresì hanno rischio molto aumentato di eventi avversi, al contrario dei pazienti con FE ridotta al baseline con VP basso al follow-up, nei quali si osserva una ripresa della FE.

Avete notato una differenza (a svantaggio dei pazienti con VP>40%) in termini di mortalità cardiovascolare, ma non di mortalità globale. Come si può spiegare questo dato?
Nella nostra coorte, abbiamo osservato un aumento significativo della mortalità cardiovascolare nei pazienti con VP≥40%, mentre per quanto riguarda la mortalità overall, abbiamo solo osservato un trend di aumento non significativo. Le ragioni di ciò sono multiple. Come prima cosa, ci troviamo di fronte a una popolazione anziana a rischio chirurgico intermedio con un’incidenza di mortalità del 40% a 5 anni dopo TAVI con comorbidità che potrebbero condizionare la prognosi di questi pazienti indipendentemente dall’impianto di pacemaker e dalla percentuale di stimolazione. Tuttavia, l’endpoint di morte cardiovascolare risulta più attendibile e importante per valutare il reale impatto della percentuale di pacing in questa popolazione. In letteratura, ci sono dati discordanti sull’aumentato rischio di mortalità per tutte le cause legata a impianto di pacemaker dopo TAVI, mentre non vi è nessun dato sui ricoveri per scompenso cardiaco. La nostra popolazione, inoltre, è stata sottoposta a impianto di pacemaker che è noto sia associato ad aumentato rischio infettivo e di complicanze durante il follow-up che potrebbe aver attenuato la differenza tra i due gruppi per quanto riguarda la mortalità da tutte le cause. Purtroppo, la causa di morte dei pazienti non è stata registrata in questo studio e non è possibile effettuare un’analisi più accurata delle morti non cardiovascolari. Studi futuri, incentrati su pazienti a basso rischio dovranno valutare l’eventuale impatto sulla morte per tutte le cause in pazienti con meno comorbidità e, di conseguenza, aumentata aspettativa di vita. Infine, il follow-up mediano della nostra popolazione è di 685 giorni e un follow-up più lungo potrebbe evidenziare una differenza significativa anche nell’endpoint mortalità da tutte le cause.

Uno dei predittori di impianto di PM post- TAVI è il tipo di valvola impiantata (“balloon expandable” versus “self-expanding”). Crede che gli operatori debbano tenere conto di questa eventualità quando scelgono la tipologia di protesi da impiantare?
Come già noto da tempo in letteratura, le protesi self-expanding a causa del loro design, sono caratterizzate da una maggiore possibilità di lesione alle vie di conduzione e di conseguenza ad aumentato rischio di impianto di pacemaker. Nonostante le ultime generazioni di protesi abbiano permesso la riduzione di questa complicanza, la percentuale di impianto pacemaker rimane sensibilmente più alta rispetto alle protesi balloon-expanding. Un’attenta valutazione dei fattori predisponenti al baseline, come ad esempio la presenza di blocco di branca destro, di sviluppo di disturbi di conduzione post TAVI deve essere mandatoria per cercare di scegliere la giusta protesi per ogni singolo paziente. Inoltre, nuove tecniche di impianto delle valvole self-expanding come la cusp overlap technique hanno permesso di ridurre sensibilmente la percentuale di impianti pacemaker attestandosi a circa il 10% dei casi e dovrebbero essere sempre eseguite, quando possibile, per ottimizzare l’impianto della valvola.

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