Inquadramento
L’infarto miocardico di tipo 2 (T2MI), definito in accordo con la quarta Universal Definition of Myocardial Infarction (UDMI) è causato da condizioni cliniche che determinano un “mismatch” tra apporto e consumo di ossigeno, quali tachicardia, ipotensione, crisi ipertensive[1]Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, et al. ESC Scientific Document Group. Fourth Universal Definition of Myocardial Infarction (2018). Eur Heart J. 2019;40(3):237-269. doi:10.1093/eurheartj/ehy462.. Nonostante il quadro fisiopatologico sia ben distinto dall’infarto miocardico di tipo 1 (T1MI), vi sono ancora incertezze riguardo al trattamento e alla prognosi di questa tipologia di infarto miocardico.
Lo studio in esame
In questo studio prospettico internazionale, che ha coinvolto 12 centri di 5 nazioni europee, sono stati inclusi 6.253 pazienti (età mediana 61 anni, 33% donne) giunti al Pronto Soccorso per dolore toracico. In base ai criteri della quarta UDMI una diagnosi di T2MI (incremento significativo di troponina in presenza di evidente trigger, escludendo miocarditi, sindrome di Takotsubo o scompenso cardiaco acuto), è stata posta in 251 pazienti (4%), mentre una diagnosi di T1MI in 1.027 (16.4%). Nei pazienti con T2MI, rispetto a quelli con T1MI, prevaleva il sesso femminile, ma vi erano minori fattori di rischio cardiovascolare. Una rivascolarizzazione veniva eseguita nel 3.6% dei T2MI versus 75.2% dei T1MI. A 2 anni di follow-up, la mortalità cardiovascolare e globale era simile nei 2 gruppi (vedi Tabella). Nei pazienti in cui una tachiaritmia o una crisi ipertensiva era responsabile di T2MI (circa due terzi dei casi) la prognosi risultava migliore rispetto ai pazienti in cui il trigger era rappresentato da ipotensione, anemia acuta, ipossia. Una recidiva di infarto T2MI era più frequente tra i pazienti con T2MI (hazard ratio, 3.2; 95%CI, 1.4-7.5), mentre una recidiva di T1MI era più frequente tra i pazienti con T1MI (hazard ratio, 3.0; 95% CI, 1.2-7.4).
Take home message
Una tachiaritmia o una crisi ipertensiva è responsabile di più dei due terzi dei casi di T2MI. La mortalità globale e cardiovascolare a 2 anni di T1MI e T2MI è stata simile, ma quando il trigger di T2MI è rappresentato da ipotensione, ipossia o anemia acuta, la mortalità è più alta rispetto agli eventi scatenati da tachiaritmia o ipertensione. La scelta del trattamento dei pazienti con T2MI deve tenere conto di queste specificità.
Interpretazione dei dati
Gli Autori osservano che la minore incidenza di T2MI, rispetto a T1MI nella loro casistica, dipende dalla metodologia utilizzata (ingresso in Pronto Soccorso per dolore toracico), mentre altri studi che non avevano osservato tale differenza includevano molti pazienti ricoverati nelle terapie intensive e gli eventi osservati nel periodo post-operatorio. Da notare anche l’esclusione dallo studio, secondo le direttive della quarta UDMI, dei pazienti con sindrome di Takotsubo, sepsi, scompenso acuto di cuore che erano stati inclusi in precedenti studi. Interessante anche l’osservazione che la presenza di malattia coronarica è uno dei maggiori “fattori di confusione” per quanto riguarda la mortalità: in assenza di coronaropatia infatti la mortalità di T2MI è molto bassa[2]Schoepfer H, Nestelberger T, Boeddinghaus J et al. APACE (Advantageous Predictors of Acute Coronary Syndrome Evaluation) Investigators. Effect of a proposed modification of the type 1 and type 2 … Continua a leggere.
Editoriale: Infarto miocardico di tipo 1 e 2: meccanismi fisiopatologici diversi, ma stessa prognosi
Stefano Urbinati
UOC di Cardiologia, Ospedale Bellaria, Bologna
Per comprendere il significato prognostico e le possibili implicazioni pratiche connesse con l’infarto miocardico (IM) di tipo 2[3]Sandoval Y, Jaffe AS. Type 2 myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2019; 73: 1846-60. [4]Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, Chaitman BR, Bax JJ, Morrow DA, White HD; Executive Group on behalf of the Joint European Society of Cardiology (ESC)/American College of Cardiology (ACC)/American … Continua a leggere, Tania Coscia et al. dell’Università di Basilea hanno pubblicato su JAMA Cardiology un’analisi relativa a 6.253 pazienti afferenti a 12 Dipartimenti di Emergenza per dolore toracico con diagnosi di IM di tipo 1 nel 16% dei casi e di IM di tipo 2 nel 4%. Tra i pazienti che si presentano a un Dipartimento di Emergenza con dolore toracico il rapporto tra i due tipi di IM è di 4 a 1, naturalmente in altri contesti, o tra i pazienti che si presentano per altri motivi, il rapporto è diverso. Dopo 2 anni la mortalità totale e cardiovascolare è risultata sovrapponibile tra i due gruppi. Tra i pazienti con IM di tipo 2 la prognosi è peggiore se presentano ipotensione, ipossiemia e anemia, rispetto a un esordio con tachiaritmia o alti valori pressori. Lo studio APACE dimostra che il meccanismo fisiopatologico condiziona l’approccio terapeutico, ma non la prognosi, che è funzione dell’entità del danno miocardico stimato dalla troponina-hs. Diversi gruppi hanno recentemente fornito contributi significativi in questo contesto. Raphael et al.[5]Raphael CE, Roger VL, Sandoval Y, et al. Incidence, trends, and outcomes of type 2 myocardial infarction in a community cohort. Circulation. 2020; 141: 454–463. hanno studiato 5.460 pazienti del registro della contea di Olmstead, Minnesota, con troponina-hs elevata. I casi di IM di tipo 1 e di IM di tipo 2 sono stati rispettivamente 1.365 e 1.054 con un rapporto molto vicino all’unità, perché non erano stati considerati solo i pazienti con dolore toracico. In quest’ambito la mortalità totale è risultata più elevata nei pazienti con IM di tipo 2, che va considerato un marker di gravità, mentre la mortalità cardiovascolare rimane sovrapponibile. Anche in questo studio i pazienti con IM di tipo 2 con ipotensione, ipossia o anemia avevano una prognosi peggiore con morte soprattutto causata da scompenso cardiaco o da cause non cardiache[6] Raphael CE, Roger VL, Sandoval Y, et al. Causes of death after type 2 myocardial infarction and myocardial injury. J Am Coll Cardiol 2021; 78: 415-6.. Chapman et al.[7]Chapman AR, Shah ASV, Lee KK, et al. Long-term outcomes in patients with type 2 myocardial infarction and myocardial injury. Circulation. 2018; 137: 1236– 1245. hanno studiato 2.122 pazienti con elevata troponina-hs afferenti al Dipartimento di Emergenza di un centro terziario di Edimburgo. Si trattava di IM di tipo 1 nel 55% dei casi e di IM di tipo 2 o “myocardial injury” nel 45% con una proporzione simile a quella osservata nello studio della Mayo Clinic. In questo studio sono stati considerati separatamente i casi di IM di tipo 2, cioè con sintomi o segni di ischemia (20% dei casi) e quelli di “myocardial injury” con segni di necrosi senza sintomi o segni di ischemia (24% dei casi). Dopo 2 anni la mortalità totale è stata del 62% nei pazienti con IM di tipo 2, del 72% in quelli con “myocardial injury” e del 37% in quelli con IM di tipo 1. L’incidenza di nuovi eventi cardiovascolari, ancora una volta, risultava sovrapponibile. Si conferma, anche in questo studio, che la troponina-hs costituisce un marker di gravità del paziente con prognosi peggiore. Ancora una volta i pazienti con malattia coronarica presentavano una prognosi più severa. Lo stesso gruppo[8]Bularga A, Hung J, Daghem M, et al. Coronary artery and cardiac disease in patients with type 2 myocardial infarction: a prospective cohort study. Circulation 2022; 145:1188–1200. ha pubblicato i dati relativi a 100 pazienti con IM di tipo 2 che sono stati valutati mediante coronarografia. Una coronaropatia era presente nel 68% dei casi, lesioni significative nel 30%. Inoltre, il 42% presentava un quadro di “late gadolinium enhancement” alla risonanza magnetica nucleare cardiaca e il 35% aveva una disfunzione ventricolare sinistra all’ecocardiogramma. Solo il 10% mostrava coronarie indenni. Gli Autori concludono che nei pazienti con IM di tipo 2 dovrebbe sempre essere ricercata una coronaropatia (cosa che viene fatta nel 10- 20% dei casi)[9]McCarthy CP, Olshan DS, Rehman S, et al. Cardiologist evaluation of patients with type 2 myocardial infarction. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2021; 14: e007440, anche se non sappiamo come questa informazione dovrebbe modificare la nostra condotta terapeutica dato che non vi sono evidenze che la rivascolarizzazione migliori la prognosi in questo setting. Anche il gruppo APACE[10]Schoepfer H, Nestelberger T, Boeddinghaus J et al. APACE (Advantageous Predictors of Acute Coronary Syndrome Evaluation) Investigators. Effect of a proposed modification of the type 1 and type 2 … Continua a leggere ha pubblicato i dati relativi alla riclassificazione dei pazienti dopo la coronarografia. Mentre tra i pazienti con IM di tipo 1 sono stati riclassificati solo il 7% dei pazienti, senza alterare i dati prognostici, tra quelli con IM di tipo 2 una coronaropatia era presente nel 45% dei casi. Dopo 2 anni tra i pazienti con IM di tipo 2 la mortalità totale è stata del 25%, mentre nel gruppo a coronarie indenni era solo dell’8%. Infine, White et al.[11]White K, Kinarivala M, Scott I. Diagnostic features, management and prognosis of type 2 myocardial infarction compared to type 1 myocardial infarction: a systematic review and meta-analysis. BMJ Open … Continua a leggere hanno pubblicato una metanalisi di 40 studi che hanno arruolato 98.000 pazienti con IM di tipo 1 e 13.800 con IM di tipo 2 (con una maggiore incidenza di insufficienza renale, scompenso cardiaco, alterazioni ECG aspecifiche e dispnea). La mortalità totale si è confermata superiore nei pazienti con IM di tipo 2 con OR 3.1 (1.9-5.1), mentre quella a breve termine è risultata sovrapponibile. In conclusione, l’entità del danno miocardico, stimato dalla troponina-hs, indipendentemente dal contesto in cui si verifica e dal meccanismo fisiopatologico che lo ha provocato, è risultato un determinante prognostico più importante rispetto alla classificazione in IM di tipo 1, tipo 2 o “myocardial injury”. Nell’ambito dell’IM di tipo 2 la presenza di coronaropatia stratifica la prognosi dei pazienti, per cui sarebbe raccomandabile ricercarla sistematicamente al fine di distinguere quelli con coronaropatia da quelli con coronarie indenni.
Bibliografia[+]
↑1 | Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, et al. ESC Scientific Document Group. Fourth Universal Definition of Myocardial Infarction (2018). Eur Heart J. 2019;40(3):237-269. doi:10.1093/eurheartj/ehy462. |
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↑2, ↑10 | Schoepfer H, Nestelberger T, Boeddinghaus J et al. APACE (Advantageous Predictors of Acute Coronary Syndrome Evaluation) Investigators. Effect of a proposed modification of the type 1 and type 2 myocardial infarction definition on incidence and prognosis. Circulation. 2020; 142: 2083-2085. |
↑3 | Sandoval Y, Jaffe AS. Type 2 myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2019; 73: 1846-60. |
↑4 | Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, Chaitman BR, Bax JJ, Morrow DA, White HD; Executive Group on behalf of the Joint European Society of Cardiology (ESC)/American College of Cardiology (ACC)/American Heart Association (AHA)/World Heart Federation (WHF) Task Force for the Uni- versal Definition of Myocardial Infarction. Fourth Universal Definition of Myocardial Infarction (2018). Circulation. 2018; 138: e618–e651. |
↑5 | Raphael CE, Roger VL, Sandoval Y, et al. Incidence, trends, and outcomes of type 2 myocardial infarction in a community cohort. Circulation. 2020; 141: 454–463. |
↑6 | Raphael CE, Roger VL, Sandoval Y, et al. Causes of death after type 2 myocardial infarction and myocardial injury. J Am Coll Cardiol 2021; 78: 415-6. |
↑7 | Chapman AR, Shah ASV, Lee KK, et al. Long-term outcomes in patients with type 2 myocardial infarction and myocardial injury. Circulation. 2018; 137: 1236– 1245. |
↑8 | Bularga A, Hung J, Daghem M, et al. Coronary artery and cardiac disease in patients with type 2 myocardial infarction: a prospective cohort study. Circulation 2022; 145:1188–1200. |
↑9 | McCarthy CP, Olshan DS, Rehman S, et al. Cardiologist evaluation of patients with type 2 myocardial infarction. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2021; 14: e007440 |
↑11 | White K, Kinarivala M, Scott I. Diagnostic features, management and prognosis of type 2 myocardial infarction compared to type 1 myocardial infarction: a systematic review and meta-analysis. BMJ Open 2022; 12: e055755. |
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