Infezione di dispositivi elettronici cardiaci impiantati: correlazione tra mortalità e tempistica di estrazione

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Indice

Inquadramento

L’infezione da dispositivi elettronici cardiaci impiantati (CIED) è una evenienza sempre più frequente nei reparti di Cardiologia: la sola terapia antibiotica non è sufficiente a combattere l’infezione e la rimozione dei dispositivi e degli elettrodi è una raccomandazione di classe I nelle Linee Guida[1]Blomström-Lundqvist C, Traykov V, Erba PA, et al. European Heart Rhythm Association (EHRA) international consensus document on how to prevent, diagnose, and treat cardiac implantable electronic … Continua a leggere. Tuttavia, non ci sono indicazioni specifiche sulle modalità e tempistiche dell’espianto[2]Rao A, Garner D, Starck C, et al. Knowledge gaps, lack of confidence, and system barriers to guideline implementation among European physicians managing patients with CIED lead or infection … Continua a leggere.

Lo studio in esame

Tra gennaio 2004 e dicembre 2019, 1.065.549 pazienti hanno ricevuto l’impianto di CIED (pacemaker o defibrillatore impiantabile): l’età mediana era di 78 anni, equamente distribuiti tra maschi e femmine. Pazienti con impianti precedenti o con infezioni entro i primi 12 mesi (verosimilmente dovute a problematiche di ferita o di punti di sutura) venivano esclusi dall’analisi. Il follow-up medio è stato di 4.6 anni dopo l’impianto. Si è osservata un’infezione in 11.304 pazienti (1.1%): tra questi l’età mediana era 75 anni e 60% erano maschi: rispetto ai pazienti senza infezione, essi presentavano significativamente più frequente diabete (68.3% versus 49.3%), arteriopatia periferica (65.1% versus 47.7%) scompenso (86.9% versus 64.9%), storia di infarto miocardico (46.9% versus 33.5%) e malattia renale (70.8% versus 37.9%). L’infezione era più frequente se era stato impiantato un defibrillatore (29.5%versus 17.4%) oppure se vi era stato un impianto per resincronizzazione associata a defibrillatore (13.2% versus 8.2%). L’infezione si è verificata a una media di 3.7 anni dopo l’impianto. È stata effettuata l’estrazione entro 30 giorni dalla diagnosi in 2.102 pazienti (18.6%, con un incremento negli anni, dal 15.6% del 2007 al 24.8% nel 2019), ed è stata eseguita entro 6 giorni dalla diagnosi nel 13.4% e nel 5.2% tra il giorno 7 e 30. I pazienti con diabete, malattia renale, storia di stroke, fragilità o di razza non-bianca avevano meno probabilità di avere estrazione entro 30 giorni. La sopravvivenza a 1 anno è stata del 68.3%; all’analisi multivariata la mortalità per ogni causa (corretta per le variabili demografiche, comorbilità, regione geografica, tipo di device, tempo dall’impianto e anno dell’infezione) è risultata più ridotta nei pazienti trattati con estrazione (adjusted hazard ratio aggiustato 0.82; 95%CI, 0.74-0.90; P<.001). Tanto più precoce l’estrazione, minore la mortalità osservata (vedi Tabella).

Take home message

Solo una minoranza di pazienti con infezione di CIED viene trattata con l’estrazione del dispositivo. L’intervento riduce la mortalità a distanza ed è tanto più efficace quanto più precoce. In questo ambito è necessario migliorare l’aderenza alle Linee Guida.

Interpretazione dei dati

L’infezione dei CIED pone problematiche cliniche che si fronteggiano sempre più frequentemente nei reparti cardiologici: l’incidenza di questa patologia è di circa il 2.5% a 3 anni dall’impianto[3]Cantillon DJ, Exner DV, Badie N, et al. Complications and health care costs associated with transvenous cardiac pacemakers in a nationwide assessment. JACC Clin Electrophysiol. 2017;3(11):1296-1305. … Continua a leggere. Nonostante le raccomandazioni delle Linee Guida siano abbastanza chiare al riguardo, la percentuale di pazienti nei quali vengono estratti i dispositivi appare vicina al 20%, benché in crescita negli anni più recenti. Ostacoli a una maggiore implementazione delle Linee Guida sono soprattutto la percezione del rischio procedurale, che può essere potenzialmente elevato in taluni pazienti e il riferimento, in tempi utili, a un centro specializzato di riferimento. La presente analisi conferma dati provenienti da precedenti studi su questa patologia: in particolare la letteratura, per quanto non molto ampia, concorda su una riduzione della mortalità a distanza quando l’intervento viene effettuato precocemente. Anche per altre tipologie di infezione, come l’endocardite batterica, un trattamento chirurgico tempestivo comporta, per il paziente, una prognosi migliore rispetto a tempistiche di intervento meno sollecite[4]Kang D-H, Kim Y-J, Kim S-H, et al. Early surgery versus conventional treatment for infective endocarditis. N Engl J Med. 2012;366(26):2466-2473. doi:10.1056/NEJMoa1112843.. Ovviamente, il limite maggiore dello studio consiste nella sua natura osservazionale retrospettiva e i conseguenti “caveat” relativi alla presenza di dati “confondenti” non considerati nelle analisi multivariate.


Editoriale: “Estrazione di dispositivi infetti: quando le linee guida sono disattese”

A cura di: Giovanni Battista Forleo, UOS Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, Azienda Ospedaliera – Polo Universitario – “Luigi Sacco”, Milano

L’uso sempre più diffuso dei dispositivi elettronici cardiaci impiantabili (CIED) ha inevitabilmente portato a un aumento delle infezioni con ripercussioni significative sulla morbilità e sulla mortalità dei pazienti. È noto che i pazienti con infezioni dei CIED presentano una mortalità oltre 3 volte superiore rispetto ai pazienti senza infezioni; inoltre, le infezioni di questi dispositivi sono associate a un significativo onere finanziario per il sistema sanitario. La rimozione completa del sistema (dispositivo ed elettrocateteri) è raccomandata come intervento di classe 1 per le infezioni, ma le pratiche correnti e gli esiti di questa procedura richiedono ancora una valutazione approfondita. L’articolo scientifico in questione: “Lead Extraction and Mortality Among Patients With Cardiac Implanted Electronic Device Infection”, esamina le implicazioni cliniche e la mortalità associata alle infezioni dei dispositivi elettronici cardiaci. Lo studio è stato condotto su una vasta coorte di pazienti beneficiari del piano Medicare dal 2006 al 2019, coinvolgendo un totale di 1.065.549 pazienti. Dai risultati emerge che l’estrazione degli elettrocateteri è correlata a una significativa riduzione della mortalità, soprattutto quando effettuata precocemente. Tuttavia, solo il 18,6% dei pazienti dello studio ha subìto l’estrazione entro 30 giorni dalla diagnosi, mettendo in evidenza lacune nell’aderenza alle raccomandazioni delle Linee Guida. L’infezione si è manifestata approssimativamente 3,7 anni dopo l’impianto, con una sopravvivenza al primo anno del 68,3%. È emerso che l’estrazione, in generale, è associata a un rischio inferiore di mortalità, con un rapporto di rischio (Hazard Ratio) pari a 0,82. Particolarmente significativo è il dato che, l’estrazione effettuata entro i primi 6 giorni dalla diagnosi, ha mostrato un rischio di mortalità ancora inferiore (HR= 0,69). In conclusione, i risultati di questo studio enfatizzano l’importanza dell’estrazione tempestiva degli elettrocateteri come aspetto cruciale nella gestione delle infezioni. Tuttavia, il fatto che solo una minoranza dei pazienti affetti sia stata sottoposta all’estrazione, evidenzia la necessità di migliorare l’aderenza alle Linee Guida per la cura di tali pazienti, superando potenziali ostacoli, come la percezione errata del rischio di estrazione. Ciò richiede un’attenta riflessione da parte della comunità medica sulle pratiche attuali e suggerisce l’implementazione di interventi volti a garantire una gestione più uniforme e tempestiva delle infezioni dei dispositivi cardiaci impiantabili.

Bibliografia

Bibliografia
1 Blomström-Lundqvist C, Traykov V, Erba PA, et al. European Heart Rhythm Association (EHRA) international consensus document on how to prevent, diagnose, and treat cardiac implantable electronic device infections-endorsed by the Heart Rhythm Society (HRS), the Asia Pacific Heart Rhythm Society (APHRS), the Latin American Heart Rhythm Society (LAHRS), International Society for Cardiovascular Infectious Diseases (ISCVID), and the European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ESCMID) in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J. 2020;41(21):2012-2032.doi:10.1093/eurheartj/ehaa010.
2 Rao A, Garner D, Starck C, et al. Knowledge gaps, lack of confidence, and system barriers to guideline implementation among European physicians managing patients with CIED lead or infection complications: a European Heart Rhythm Association/European Society of Cardiology educational needs assessment survey. Europace. 2020;22(11):1743-1753 doi:10.1093/europace/euaa218.
3 Cantillon DJ, Exner DV, Badie N, et al. Complications and health care costs associated with transvenous cardiac pacemakers in a nationwide assessment. JACC Clin Electrophysiol. 2017;3(11):1296-1305. doi:10.1016/j.jacep.2017.05.007.
4 Kang D-H, Kim Y-J, Kim S-H, et al. Early surgery versus conventional treatment for infective endocarditis. N Engl J Med. 2012;366(26):2466-2473. doi:10.1056/NEJMoa1112843.

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