Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia
Inquadramento
I materiali plastici, ampiamente utilizzati, vengono degradati a microplastiche (particelle <5 mm) e a nanoplastiche (particelle <1 micrometro). Sia le micro che le nanoplastiche (MNP) possono entrare nel corpo umano attraverso ingestione, inalazione ed esposizione della cute, ed entrare nei tessuti umani essendo state riscontrate nei polmoni, nel fegato, nella placenta, persino nel latte materno. Dati sperimentali in vitro hanno mostrato come la presenza di questi corpi estranei determini stress ossidativo, infiammazione e apoptosi delle cellule endoteliali, favorendo potenzialmente lo sviluppo del processo aterosclerotico[1]Zhu X, Wang C, Duan X, Liang B, Genbo Xu E, Huang Z. Micro- and nanoplastics: a new cardiovascular risk factor? Environ Int 2023;171:107662. Tuttavia, non vi sono riscontri sull’eventuale impatto clinico di questi dati.
Lo studio in esame
Sono stati studiati 312 pazienti (età media 72 anni) con patologia carotidea significativa asintomatica sottoposti a endoarteriectomia in tre ospedali campani (due a Napoli, uno a Salerno). Sono stati analizzati campioni prelevati durante l’intervento per la ricerca di MNP, che veniva effettuata attraverso pirolisi- gas cromatografia-spettrometria di massa con conferma successiva, attraverso microscopia elettronica (10 pazienti), e analisi isotopica del rapporto tra C-13 e C-12 (bassi valori di C-13 indicando una contaminazione con MNP) in 26 pazienti. Dei 312 pazienti arruolati, 8 sono stati esclusi per eventi procedurali, 26 per dati incompleti e 21 perchè persi al follow-up. Dei rimanenti 257 pazienti, 150 (58.4%) avevano evidenza di polietilene e di polivinilcloruro nei campioni carotidei analizzati, mentre 107 pazienti non mostravano tali reperti. È stata trovata una correlazione tra la presenza di MNP e indici infiammatori (interleuchina-18, interleuchina-1β, interleuchina-6, and TNF-α) e livelli di CD3 e CD68, due marker di infiltrazione linfocitica e macrofagica. A un follow-up medio di 33.7 mesi, il primary endpoint (morte per ogni causa, infarto miocardico, stroke) è stato raggiunto nel 20% (6.1%/anno) dei pazienti con evidenza di MNP negli ateromi carotidei e nel 7.5% (2.2%/anno) di quelli senza tale evidenza (HR non aggiustato 2.84,95% CI, 1.50 – 5.40; P=0.007; HR aggiustato per fattori di rischio 4.53; 95% confidence interval CI, 2.00 – 10.27; P<0.001).
Take home message
Lo studio mostra la frequente presenza di MNP all’interno di placche carotidee; nei pazienti con tali reperti vi è un maggior rischio di eventi (morte per ogni causa, infarto miocardico, stroke) a un follow-up clinico di 34 mesi, rispetto ai pazienti nelle cui placche non si evidenzia la presenza di MNP.
Interpretazione dei dati
Lo studio mostra, con grande eleganza, la presenza di micro e nanoplastiche all’interno di placche ateromasiche. L’analisi di laboratorio è stata condotta in modo rigoroso e l’evidenza di tali particelle dimostrata con una serie di indagini specifiche (gas-cromatografia-spettrometria di massa, microscopia elettronica, analisi isotopica). La correlazione tra MNP e alcuni parametri di infiammazione fa sospettare una partecipazione attiva di queste componenti allo sviluppo e alla crescita della placca ateromasica. Questo studio pionieristico (il primo che abbia sinora correlato la presenza di MNP con eventi clinici cardiovascolari) suscita interrogativi, che gli stessi Autori pongono: non è noto per esempio per quale motivo le MNP individuate nelle placche siano solo composte da polietilene e polivinilcloruro, pur essendo stata ricercata la presenza di 11 tipi di materiale plastico. Sono ignote anche le fonti di tale inquinamento e le vie (inalazione, ingestione) attraverso cui penetrano nell’organismo. Il fatto che il polietilene e il polivinilcloruro siano ampiamente utilizzati nel confezionamento di cibi, contenitori di cosmetici e nelle tubature dell’acqua e siano presenti anche nell’aria in forma di fine particolato con diametro di ≤2.5 μm (PM 2.5) crea un certo disagio se non apprensione per la nostra salute. Tuttavia, la parte più debole dello studio riguarda proprio la differenza nel numero di eventi osservati tra i due gruppi, significativamente più elevati nel gruppo con presenza di MNP nelle placche carotidee. Da notare infatti che vi è stato un ampio numero di pazienti persi al follow-up (n=21) o esclusi per incompletezza di dati (n=26), ben superiore al numero di pazienti nei quali un diverso outcome avrebbe reso non significativa la differenza tra i due gruppi (n=4). È ovvio che, in studi di questo genere, la casistica è necessariamente di dimensioni limitate e le differenze di eventi riscontrate si basano su piccoli numeri. Tuttavia, è anche vero che le implicazioni (e il rumore mediatico) per studi di questo genere sono così importanti che le conclusioni dovrebbero essere costruite su dati meno fragili (minore incompletezza di dati, minor numero di pazienti persi al follow- up).
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