Occlusion of the infarct-related coronary artery presenting as acute coronary syndrome with and without ST-elevation: impact of inflammation and outcomes in a real-world prospective cohort

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Abstract

Background: Patients with ST-segment elevation typically feature total coronary occlusion (TCO) of the infarct-related artery (IRA) on angiography, which may result in worse outcomes. Yet, relying solely on electrocardiogram (ECG) findings may be misleading and those presenting with non-Stsegment elevation acute coronary syndromes (NSTE-ACSs) may have TCO as well. Herein, we aimed to delineate clinical characteristics and outcomes of patients with ACS stratified by IRA location.

Methods: A total of 4.787 ACS patients were prospectively recruited between 2009 and 2017 in SPUM-ACS (ClinicalTrials.gov Identifier: NCT01000701). The primary endpoint was major adverse cardiovascular events (MACEs), a composite of all-cause death, non-fatal myocardial infarction and non-fatal stroke at 1 year. Multivariable-adjusted survival models were fitted using backward selection.

Results: A total of 4.412 ACS patients were included in this analysis, 56.0% (n = 2.469) ST-elevation myocardial infarction (STEMI) and 44.0% (n = 1.943) NSTE-ACS. The IRA was the right coronary artery (RCA) in 33.9% (n = 1.494), the left-anterior descending coronary artery (LAD) in 45.6% (n = 2.013), and the left circumflex (LCx) in 20.5% (n = 905) patients. In STEMI patients, TCO (defined as TIMI 0 flow at angiography) was observed in 55% of cases with LAD, in 63% with RCA, and in 55% with LCx. In those presenting with NSTE-ACS, TCO was more frequent in those with LCx and RCA as compared to the LAD (27 and 24%, respectively, vs 9%, P<0.001). Among patients with NSTE-ACS, occlusion of the LCx was associated with an increased risk of MACE during 1 year after the index ACS (fully adjusted hazard ratio 1.68, 95% confidence interval 1.10- 2.59, P=0.02; reference: RCA and LAD). Features of patients with NSTE-ACS associated with TCO of the IRA included elevated lymphocyte and neutrophil counts, higher levels of highsensitivity C reactive protein (hs-CRP) and high-sensitivity cardiac troponin T, lower eGFR, and notably a negative history of MI.

Conclusion: In NSTE-ACS, both LCx and RCA involvement was associated with TCO at angiography despite the absence of Stsegment elevation. Involvement of the LCx, but not the LAD or RCA, as the IRA represented an independent predictor of MACE during 1-year follow-up. Hs-CRP, lymphocyte, and neutrophil counts were independent predictors of total IRA occlusion, suggesting a possible role of systemic inflammation in the detection of TCO irrespective of ECG presentation.


Intervista a: Francesco Bruno

Royal Brompton & Harefield Hospitals, Imperial College and King’s College,London, UK; and Division of Cardiology, Cardiovascular and Thoracic Department, Città della Salute e della Scienza, Turin, Italy

Dottor Bruno, può riassumerci i dati principali dello studio?
In questa sottoanalisi tratta dal registro multicentrico prospettico SPUM-ACS che ha raccolto 4.787 pazienti con sindrome coronarica acuta (sia STEMI che NSTEMI) in quattro centri di terzo livello in Svizzera, abbiamo analizzato l’incidenza e l’impatto prognostico dell’occlusione coronarica acuta totale (definita come flusso TIMI 0 all’angiografia) senza evidenza all’ECG di sopraslivellamento del tratto ST nei pazienti con NSTEMI. Comunemente, circa il 20-30% dei pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta hanno un’occlusione completa della coronaria culprit, ma non presentano tratto ST-T sopraslivellato e quindi non vengono indirizzati tempestivamente in sala di emodinamica per un trattamento precoce. Questo può associarsi a outcome sfavorevoli a lungo termine a causa di un’ischemia miocardica maggiore e prolungata. I risultati principali dello studio sono stati i seguenti:

  • quasi un quarto dei pazienti con NSTEMI all’ECG di presentazione e la coronaria circonflessa o destra come arteria culprit, presentano un’occlusione completa del vaso alla coronarografia, mentre questo era molto più raro nel caso di IVA come arteria culprit;
  • negli NSTEMI, l’occlusione dell’arteria circonflessa come culprit è un predittore indipendente di MACE, endpoint composito di morte per tutta le cause, infarto miocardico e stroke a 1 anno, mentre ciò non è stato osservato quando la culprit è la CDx;
  • i predittori all’analisi multivariata di occlusione totale coronarica acuta nella popolazione NSTEMI sono stati la conta dei linfociti e dei neutrofili, i valori di hs-CRP, di hs-TnT, l’eGFR e l’assenza di storia di infarto miocardico al momento del ricovero. Elevati livelli di infiammazione e di troponina, quindi, devono fungere da campanelli di allarme nella valutazione in pronto soccorso di pazienti con NSTEMI e possono suggerire insieme ad altri criteri la possibile presenza di un’occlusione coronarica completa, definita come flusso TIMI 0 alla coronarografia, permettendo un rapido accesso del paziente in sala di emodinamica per una coronarografia urgente, senza aspettare le 24h ore canoniche come suggerito dalle Linee Guida ESC.

Lo studio ha una notevole rilevanza pratica: ha il dato del “door to balloonˮ nei pazienti con NSTE-ACS e vaso culprit occluso rispetto ai pazienti STEMI?
Il tempo di door to balloon è risultato essere significativamente maggiore nei pazienti con NSTE-ACS e vaso culprit occluso, rispetto ai pazienti con STEMI, con 208 (IQR 101-466) minuti rispetto a 60 (IQR 38-94) minuti negli STEMI. Questi pazienti, dunque, nonostante avessero un’occlusione coronarica acuta avevano tempi di rivascolarizzazione tre volte maggiori e oltre rispetto a pazienti che avevano tratto ST- sopraslivellato all’ECG di presentazione, che, come di routine, vengono indirizzati a una rivascolarizzazione coronarica immediata. Il ritardo della riperfusione è probabilmente uno dei responsabili della peggior prognosi che abbiamo trovato nei pazienti NSTEMI con occlusione completa dell’arteria circonflessa.

Nella discussione lei sostiene che la presenza di indici infiammatori elevati potrebbe giocare un ruolo importante nell’identificazione dei pazienti con lesione culprit occlusa nel contesto di NSTE-ACS. Non crede piuttosto che il rilievo di questi indici sarebbe comunque tardivo e correlato alla più ampia necrosi che si sviluppa in conseguenza di un vaso occluso piuttosto che di un vaso ancora aperto?
Quello che abbiamo osservato è che già al primo prelievo eseguito in pronto soccorso, i pazienti NSTEMI con occlusione coronarica totale hanno livelli maggiori di infiammazione con aumentata PCR e rapporto neutrofili/ linfociti rispetto ai pazienti con NSTEMI senza occlusione coronarica all’angiografia. Anche all’analisi multivariata, i livelli di PCR e di rapporto neutrofili/linfociti, insieme ai livelli di troponina si sono mantenuti predittori indipendenti di occlusione coronarica all’angiografia. Questo è probabilmente legato al fatto che c’è una necrosi miocardica più importante in questi pazienti con maggior liberazione di citochine circolanti e questi pazienti possono beneficiare di una rivascolarizzazione precoce. Inoltre, abbiamo visto che i valori di PCR e di ratio neutrofili/linfociti correlano linearmente con i valori di troponina alla presentazione e al picco di troponina e di CK-MB durante il ricovero, suggerendo una forte associazione. I livelli di infiammazione al baseline quindi, insieme ai livelli di troponina, potrebbero essere un tool utile e di facile accesso nella valutazione di un paziente NSTEMI per stratificare il rischio del paziente e far sospettare un’occlusione coronarica completa così da poter effettuare una coronarografia precoce.

Non pensa invece che criteri clinici più semplici, quali la persistenza di angor e alterazioni regionali di contrattilità a un esame ecocardiografico routinario possa permettere di individuare questi pazienti ad alto rischio?
La persistenza di dolore e le alterazioni di cinesi segmentaria a un esame ecocardiografico ben fatto sono sicuramente parametri fondamentali che devono suggerire un’occlusione del vaso coronarico. In particolare, la persistenza di dolore è elencata nelle Linee Guida ESC come criterio di alto rischio di NSTEMI e in questi pazienti è indicata una rivascolarizzazione precoce. Tuttavia, le alterazioni ecocardiografiche, possono talvolta trovarsi anche in un contesto di flusso TIMI 3 e devono essere un criterio ancillare. L’uso routinario delle derivazioni destre e posteriori, oltre alle classiche 12 derivazioni, potrebbe invece aumentare di molto la sensibilità dell’ECG di presentazione. Le derivazioni posteriori e destre, come suggerito dalle ultime Linee Guida ESC, dovrebbero infatti sempre essere eseguite in pronto soccorso in caso di sospetto clinico di infarto inferiore e/o posteriore. Purtroppo, nello studio non abbiamo disponibile il dato di persistenza del dolore e una descrizione dettagliata delle alterazioni ecocardiografiche e non possiamo andare ad analizzare questo aspetto nella nostra popolazione.

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