One-Month Dual Antiplatelet Therapy After Bioresorbable Polymer Everolimus-Eluting Stents in High Bleeding Risk Patients. 

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Abstract

Background: It is unknown whether contemporary drug-eluting stents have a similar safety profile in high bleeding risk patients treated with 1-month dual antiplatelet therapy following percutaneous coronary interventions.

Methods and Results: We performed an interventional, prospective, multicenter, single-arm trial, powered for noninferiority with respect to an objective performance criterion to evaluate the safety of percutaneous coronary interventions with Synergy bioresorbable polymer everolimus-eluting stent followed by 1-month dual antiplatelet therapy in patients with high bleeding risk. In case of need for an oral anticoagulant, patients received an oral anticoagulant in addition to a P2Y12 inhibitor for 1 month, followed by an oral anticoagulant only. The primary end point was the composite of cardiac death, myocardial infarction, or definite or probable stent thrombosis at 1-year follow-up. The study was prematurely interrupted because of slow recruitment. From April 2017 to October 2019, 443 patients (age, 74.8±9.2 years; women, 29.1%) at 10 Italian centers were included. The 1-year primary outcome occurred in 4.82% (95% CI, 3.17%-7.31%) of patients, meeting the noninferiority compared with the predefined objective performance criterion of 9.4% and the noninferiority margin of 3.85% (Pnoninferiority<0.001) notwithstanding the lower-than-expected sample size. The rates of cardiac death, myocardial infarction, and definite or probable stent thrombosis were 1.88% (95% CI, 0.36%-2.50%), 3.42% (95% CI, 2.08%-5.62%), and 0.94% (95% CI, 0.35%- 2.49%), respectively.

Conclusions: Among high bleeding risk patients undergoing percutaneous coronary interventions with the Synergy bioresorbable- polymer everolimus-eluting stent, a 1-month dual antiplatelet therapy regimen is safe, with low rates of ischemic and bleeding events.


Intervista al Dottor Carlo Andrea Pivato

Humanitas Research Hospital, Rozzano (Milano)

Dottor Pivato, quali sono i messaggi principali del vostro studio?

Il POEM è uno studio clinico, multicentrico, italiano che ha lo scopo di valutare la sicurezza e l’efficacia di un solo mese di doppia terapia antitrombotica in pazienti a elevato rischio emorragico (high bleeding risk – HBR) dopo impianto dello stent coronarico con polimero bioriassorbibile a rilascio di everolimus (Synergy). La terapia antitrombotica del POEM constava di 1 mese di duplice terapia antiaggregante (DAPT, ASA associata a un inibitore P2Y12) o se clinicamente indicato, un mese di anticoagulante orale associato a un inibitore P2Y12. Dopo il primo mese, i pazienti rimanevano in terapia solo con ASA o anticoagulante orale. La DAPT, necessaria per ridurre il rischio di eventi trombotici, può causare sanguinamenti, che diventano particolarmente importanti in pazienti ad aumentato rischio emorragico. Grazie ai miglioramenti dei materiali e delle tecniche di impianto, oggigiorno è talvolta possibile ridurre la durata della DAPT a 1 mese dopo impianto di diversi stent coronarici di ultima generazione in pazienti ad alto rischio emorragico. Lo studio capostipite è stato il LEADERS-FREE che ha utilizzato il BioFreedom, stent privo di polimero a rilascio di biolimus. Nel POEM abbiamo dimostrato che, in pazienti HBR, un solo mese di DAPT è sicuro anche dopo impianto dello stent Synergy. Per dimostrare ciò abbiamo arruolato una popolazione ad alto rischio di sanguinamento secondo i criteri di inclusione del LEADERS-FREE e abbiamo dimostrato che il nostro endpoint primario fosse non-inferiore rispetto al benchmark (objective performance criterion) definito dal LEADERSFREE. Questi risultati devono però essere interpretati con il caveat che lo studio è stato interrotto prematuramente a causa di un lento arruolamento.

Confrontando gli eventi ad 1 anno rispetto al benchmark (studio LEADERS-FREE) si nota soprattutto una differenza notevole nella mortalità per ogni causa e cardiovascolare (che è circa la metà nei vostri pazienti). Giustamente nella discussione fate notare come negli studi randomizzati (come il LEADERS FREE) la popolazione è arruolata prima della PCI, mentre nei registri, come il vostro, l’arruolamento avviene dopo la PCI, introducendo perciò un “selection bias”. Pensa che questa differenza possa pesare anche sull’interpretazione dei vostri dati (non inferiorità rispetto al benchmark)?

Nel momento in cui è stato disegnato il POEM, FREE, tant’è che è stato utilizzato anche da altri importanti studi, tra cui l’ONYX-ONE. I criteri di inclusione per definire il rischio emorragico di POEM e LEADERS-FREE erano gli stessi, ma per il tipo di disegno di studio, se nel primo i pazienti furono arruolati dopo la procedura, nel secondo furono arruolati prima per poterli randomizzare a uno dei due stent in esame. È quindi possibile che eventi avversi peri-procedurali, sia ischemici sia emorragici, siano sottostimati nel POEM spiegando almeno in parte l’ampia differenza osservata in termini di eventi avversi tra i due studi: a 1 anno, l’endpoint primario (composito di morte cardiaca, infarto miocardico e trombosi di stent certa o probabile) è avvenuto nel 4.82% (intervallo di confidenza 95%, 3.17-7.31%) dei pazienti arruolati in POEM, rispetto al 9.4% del LEADERS-FREE, rimanendo ampiamente entro il margine di non-inferiorità pre specificato (-2.09% vs +3.85%, p<0.001). Bisogna tenere in considerazione che fenomeni trombotici richiedono terapie farmacologiche o procedurali volte ad antagonizzarli si associano a sanguinamenti, e viceversa, sanguinamenti alterano il sistema della cascata coagulativa e sono di per sé pro-trombotici. La scelta della terapia antitrombotica deve essere pertanto un processo decisionale dinamico, che non può essere fatto prima di eseguire l’angioplastica ma deve essere continuamente rivisto dopo ogni nuovo dato a disposizione: lo stent è stato ben apposto? Il paziente ha avuto delle complicanze, ischemiche od emorragiche, durante o dopo la procedura? Il POEM suggerisce che con questo approccio è possibile sospendere la DAPT dopo un mese senza pagare il costo di un aumentato rischio ischemico.

Rilevante appare nei vostri dati una netta riduzione dei bleeding maggiori (BARC 3-5) nei vostri pazienti rispetto a LEADERS FREE. Questo dato appare meno dipendente da un eventuale “selection bias”, perché entrambe le popolazioni hanno un high bleeding risk. Pensa che oggi ci sia una maggior attenzione ad evitare le cause di sanguinamento rispetto a qualche anno fa (il LEADERS FREE è stato pubblicato nel 2015)?

Il POEM è stato condotto a partire dal 2017, circa cinque anni dopo il LEADERS-FREE. In questi ultimi anni, il rischio emorragico è stato oggetto di grande interesse da parte della comunità medica. La riduzione della terapia antiaggregante a 1 mese è solo una tra le strategie volte a ridurre il rischio di sanguinamento. Nel POEM, a differenza del LEADERS-FREE i pazienti che necessitavano di terapia anticoagulante orale, non erano sottoposti a triplice terapia (ovvero DAPT associata ad anticoagulante) ma solo duplice terapia antitrombotica (ovvero inibitore del P2Y12 associato ad anticoagulante), una strategia volta a ridurre al massimo il rischio di sanguinamento e che va nella stessa direzione delle ultime linee guida, in cui il secondo antiaggregante può essere interrotto alla dimissione del paziente in terapia con anticoagulante. Inoltre, nel POEM l’83% dei pazienti ha eseguito la procedura per via radiale rispetto al 60% osservato nel LEADERS-FREE, dato che può ulteriormente contribuire a spiegare il minor numero di sanguinamenti peri-procedurali.

Nella vostra serie il 40% dei pazienti aveva una sindrome coronarica acuta. Si discute molto se in questi pazienti high bleeding risk (escludendo quelli in anticoagulazione) la DAPT debba essere proseguita per 1 mese o per 3 mesi visto il maggior rischio ischemico della popolazione. Qual è il suo pensiero in proposito?

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA), il rischio ischemico ed emorragico corrono assieme, e risulta difficile stabilire il miglior trade-off tra una DAPT prolungata per limitare le recidive ischemiche e una abbreviata per ridurre i sanguinamenti. Sulla base dei risultati del PRECISE-DAPT, sembra che in pazienti HBR con SCA, una DAPT prolungata dopo impianto di stent coronarico non si associ ad una riduzione di eventi trombotici ma ad un maggior numero di sanguinamenti; viceversa, nei pazienti non-HBR, una DAPT prolungata garantisce una riduzione degli eventi ischemici senza un significativo aumento del rischio di sanguinamento. In altre parole, sembra che la durata della DAPT vada scelta in primis sulla base del rischio emorragico secondo il principio del “primum non nocere”. Non sappiamo ancora quanto breve possa essere la DAPT. Nel PRECISE-DAPT, a cui abbiamo fatto riferimento prima, il regime abbreviato di DAPT era di 3 o 6 mesi, e nelle linee guida europee delle non-STE-SCA vengono raccomandati 1 o 3 mesi, a seconda del rischio emorragico (molto alto o alto) e del tipo di antiaggregante sospeso (clopidogrel o aspirina). Ad oggi, non esistono trial disegnati e quindi con potere statistico sufficiente a confrontare una DAPT≤3 mesi e una non abbreviata in pazienti HBR con SCA sottoposti ad angioplastica percutanea. Dobbiamo necessariamente basarci su sottoanalisi di trial che hanno arruolato pazienti o HBR o con SCA. Sulla base dello XIENCE 28 e 90, i pazienti HBR sottoposti a PCI con impianto di stent ricoperto da polimero a rilascio di everolimus (Xience) e trattati con una DAPT di 1 solo mese hanno avuto meno complicanze emorragiche (BARC 2-5) senza un aumento del rischio ischemico rispetto a pazienti trattati con DAPT di 3 mesi. Da notare che non sia stata osservata alcuna interazione con la presentazione clinica, acuta o stabile. Tuttavia, i pazienti con STEMI erano stati esclusi dallo studio. La recente sotto-analisi per SCA del MASTERDAPT conferma i dati della pubblicazione principale, e supporta l’idea che dopo impianto di stent con polimero bioriassorbibile a rilascio di sirolimus (Ultimaster) una DAPT di 1 mese in pazienti HBR con SCA, riduca il rischio di sanguinamenti senza aumentare il rischio ischemico rispetto a una DAPT prevalentemente di 12 mesi. Occorre però notare come sia in MASTER-DAPT sia in XIENCE 28 i pazienti furono inclusi solo dopo un mese di DAPT senza eventi avversi. In conclusione, questi elementi sembrano supportare l’idea che la DAPT possa essere interrotta in modo sicuro dopo solo 1 mese dall’evento acuto sulla base di un elevato rischio emorragico e di un’attenta valutazione dei risultati clinici e procedurali. Spero che una futura sotto-analisi di POEM possa contribuire a far ulteriore luce su questo punto.

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