Pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a PCI del tronco comune: eventi ad 1 anno di follow-up.

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Indice

Inquadramento

I pazienti con stenosi del tronco comune della coronaria sinistra rappresentano un gruppo ad alto rischio di eventi se non adeguatamente rivascolarizzati. Benchè questa condizione anatomica sia stata considerata a lungo di pertinenza chirurgica, un numero consistente di pazienti con comorbilità o anatomia favorevole sono sottoposti a rivascolarizzazione percutanea con PCI[1]Valle JA, Tamez H, Abbott JD, et al. Contemporary Use and Trends in Unprotected Left Main Coronary Artery Percutaneous Coronary Intervention in the United States: An Analysis of the National … Continua a leggere. In tali casi è importante che venga instaurata e talora protratta a lungo una terapia antitrombotica (doppia terapia antiaggregante-DAPT) per contrastare la trombosi dello stent che in questa condizione può avere conseguenze catastrofiche. A tal riguardo, i pazienti ad alto rischio emorragico (HBR) rappresentano un gruppo altamente impegnativo per il clinico che deve adeguare la DAPT bilanciando il rischio ischemico con quello di bleeding.

Lo studio in esame

Analisi di una ampia casistica (619 pazienti) con stenosi di LM sottoposti a PCI (51% con lesione alla biforcazione) di cui 342 (55.3%) presentavano HBR secondo la definizione dell’Academic Research Consortium[2]Urban P, Mehran R, Colleran R, et al. Defining High Bleeding Risk in Patients Undergoing Percutaneous Coronary Intervention. Circulation 2019;140:240–261.. Questi erano più anziani (età media 75.5 versus 64 anni), con più comorbilità (diabete, arteriopatia periferica, nefropatia, scompenso cardiaco, presentazione con NSTEMI) Syntax score più elevato, più lesioni calcifiche e necessità di supporto circolatorio meccanico, rispetto ai pazienti non-HBR. Inoltre, i pazienti HBR venivano dimessi con inibitori del recettore P2Y12 meno potenti (25.1 vs 49.1%). A 1 anno di follow-up l’endpoint primario (morte per ogni causa, infarto miocardico, ictus), è stato osservato nel 20.5% dei pazienti HBR e nel 4.9% dei pazienti non-HBR (unadjusted hazard ratio 4.43, 95% confidence intervals 2.31 – 8.48) trascinato da un rischio più elevato di mortalità e nuovo infarto miocardico. I dati relativi agli eventi che compongono l’endpoint sono espressi nella Tabella. Anche il bleeding (valutato con la scala National Cardiovascular Data CathPCI Registry: bleeding ospedaliero associato ad una perdita di 3g di emoglobina, con necessità di trasfusione o intervento; bleeding post-dimissione che ha necessitato di ricovero o trasfusione) è risultato più elevato nei pazienti HBR con ampia differenza soprattutto nel bleeding ospedaliero (10.2% vs 2.5%). Nessuna differenza, invece, è stata osservata per necessità di nuove rivascolarizzazioni o per trombosi di stent.

Interpretazione dei dati

I dati confermano in una popolazione ad alto rischio di eventi, come quella rappresentata da pazienti con stenosi di LM, che l’alto rischio emorragico si accompagna anche ad alto rischio ischemico, ponendo il dilemma di quale terapia antipiastrinica proporre in questi pazienti e per quanto tempo prolungare la DAPT. Ovviamente, questo studio non può rispondere a questa domanda, perchè non sono state indagate

differenti strategie terapeutiche. La letteratura offre poche informazioni al riguardo: gli autori citano un’analisi dello studio EXCEL, che mostrerebbe un incremento di rischio, peraltro non significativo, con una DAPT protratta oltre l’anno[3]Brener SJ, Serruys PW, Morice MC, et al. Optimal Duration of Dual Antiplatelet Therapy After Left Main Coronary Stenting. J. Am. Coll. Cardiol. 2018;72:2086–2087., mentre studi osservazionali hanno mostrato un beneficio da una DAPT prolungata solo nel caso in cui due stent vengano impiantati sul LM[4]Rigatelli G , Zuin M , Vassilev D, De Ferrari GM , D’Ascenzo F: Outcomes of Left Main Bifurcation Stenting Depends on Both Length of Dual Antiplatelet Therapy and Stenting Strategy. Cardiovasc … Continua a leggere. Nello studio in esame, interessante l’osservazione che la grande maggioranza degli eventi emorragici in questo studio si sia riscontrata durante l’ospedalizzazione. Sembrerebbe, perciò, più importante minimizzare il bleeding peri-procedurale piuttosto che insistere sulla composizione e durata della DAPT. A tal proposito, va sottolineato il modesto uso della via radiale nei pazienti HBR in questa casistica (8.2%).

L’opinione di Leonardo Paloscia

Direttore UTIC e Cardiologia interventistica Ospedale Spirito Santo, Pescara

Negli ultimi decenni la possibilità di impiegare strumentazioni e terapie più efficaci ha contribuito a ridurre l’incidenza di eventi ischemici nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica. A fronte di terapie antitrombotiche più potenti si è, però, assistito a un incremento degli eventi emorragici, talora anche fatali. Da qui è nata l’esigenza di identificare i pazienti ad alto rischio emorragico al fine di stratificarne la prognosi e di adoperare tempestivamente specifici approcci clinici con l’intento di ridurre gli eventi avversi.  I risultati dello studio di Chiarito e colleghi evidenziano sostanzialmente:

  • un end-point composito (costituito da mortalità per ogni causa, infarto miocardico e stroke) 4 volte più alto nel gruppo HBR;
  • un maggior numero di eventi emorragici nel gruppo HBR.

Tendenzialmente, un paziente sottoposto ad angioplastica coronarica di LM è dotato di caratteristiche cliniche e comorbilità importanti che gravano sul rischio chirurgico. Gran parte di tali caratteristiche e comorbidità sono anche responsabili dell’appartenenza dello specifico paziente al gruppo HBR (basti pensare a condizioni quali l’insufficienza renale ed età, condizioni che contribuiscono a definire tanto il rischio emorragico quanto il rischio chirurgico del paziente). È in linea con queste deduzioni il fatto che l’incremento dell’endpoint composito sia guidato prevalentemente dalla mortalità per ogni causa. Alla luce delle evidenze attualmente disponibili, nonostante diversi score adoperati per stratificare il rischio di eventi emorragici e nonostante l’innovazione tecnologica (basti pensare al passaggio dagli stent bare metal a quelli a rilascio di farmaco) sviluppata per ridurre il rischio di eventi ischemici e consentire una ridotta durata di terapia con doppio agente antiaggregante, sono necessari ulteriori studi per definire il migliore percorso terapeutico del paziente HBR sottoposto a PCI su LM.

Bibliografia

Bibliografia
1 Valle JA, Tamez H, Abbott JD, et al. Contemporary Use and Trends in Unprotected Left Main Coronary Artery Percutaneous Coronary Intervention in the United States: An Analysis of the National Cardiovascular Data Registry Research to Practice Initiative. JAMA Cardiol. 2019;4:100–109.
2 Urban P, Mehran R, Colleran R, et al. Defining High Bleeding Risk in Patients Undergoing Percutaneous Coronary Intervention. Circulation 2019;140:240–261.
3 Brener SJ, Serruys PW, Morice MC, et al. Optimal Duration of Dual Antiplatelet Therapy After Left Main Coronary Stenting. J. Am. Coll. Cardiol. 2018;72:2086–2087.
4 Rigatelli G , Zuin M , Vassilev D, De Ferrari GM , D’Ascenzo F: Outcomes of Left Main Bifurcation Stenting Depends on Both Length of Dual Antiplatelet Therapy and Stenting Strategy. Cardiovasc Revasc Med 2020 ;21:1319-1322. doi: 10.1016/j.carrev.2020.03.029. Epub 2020 Mar 26.

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