Pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a PCI: vantaggi di una DAPT abbreviata.

Keyword: , ,

Indice

Inquadramento

Le linee Guida Europee attuali raccomandano le prescrizione di una duplice terapia antipiastrinica (Dual Antiplatelet Therapy, DAPT) dopo un intervento coronarico percutaneo (PCI) per un periodo di tempo variabile in relazione alla presentazione clinica (sindrome coronarica acuta o cronica) e al rapporto individuale tra fattori di rischio trombotico ed emorragico[1]Valgimigli M, Bueno H, Byrne RA, Collet JP, Costa F, Jeppsson A, et al. 2017 ESC focused update on dual antiplatelet therapy in coronary artery disease developed in collaboration with EACTS: The Task … Continua a leggere. Negli ultimi anni, diversi studi randomizzati hanno testato i possibili benefici derivanti da un breve periodo di DAPT (1-3 mesi) seguito da interruzione dell’acido acetilsalicilico e prosecuzione di monoterapia antiaggregante con un inibitore del recettore piastrinico P2Y12 (clopidogrel o ticagrelor) rispetto a un tradizionale ed empirico periodo prolungato di DAPT (12 mesi)[2]Giacoppo D, Matsuda Y, Fovino LN, D’Amico G, Gargiulo G, Byrne RA, et al. Short dual antiplatelet therapy followed by P2Y12 inhibitor monotherapy vs. prolonged dual antiplatelet therapy after … Continua a leggereL’utilizzo di una monoterapia con un inibitore P2Y12, dopo un breve periodo di DAPT, potrebbe comportare un notevole beneficio in termini di riduzione di sanguinamento senza concomitante incremento degli eventi ischemici. Infatti, grazie ad una DAPT abbreviata, il rischio di sanguinamento atteso è inferiore rispetto ad una DAPT prolungata e grazie alla maggiore efficacia anti-trombotica dell’inibitore P2Y12 rispetto all’ASA il rischio di eventi cardiovascolari, in un periodo in cui la re-endotelizzazione dello stent impiantato è pressoché completa (1-3 mesi), è probabilmente trascurabile. Tra gli studi condotti per validare questa nuova ipotesi terapeutica, il TWILIGHT (Ticagrelorwith Aspirin or Alone in High-Risk Patients after Coronary Intervention) ha confrontato 3 mesi di DAPT (acido acetilsalicilico e ticagrelor) seguiti da monoterapia con ticagrelor con 15 mesi di DAPT (acido acetilsalicilico e ticagrelor) in 7.119 pazienti con variabili fattori di rischio ischemico ed emorragico sottoposti ad angioplastica percutanea[3]Mehran R, Baber U, Sharma SK, Cohen DJ, Angiolillo DJ, Briguori C, et al. Ticagrelor with or without Aspirin in High-Risk Patients after PCI. The New England journal of medicine. 2019;381(21):2032-42.. Al follow-up, l’endpoint composito primario, che includeva sanguinamenti Bleeding Academic Research Consortium (BARC) tipo 2, 3, o 5, risultava significativamente meno frequente nei pazienti assegnati a DAPT abbreviata seguita da ticagrelor rispetto ai pazienti assegnati a DAPT prolungata (4.0% vs 7.1%, p<0.001; hazard ratio [HR] 0.56, intervallo di confidenza [CI] del 95% 0.45-0.68). L’incidenza dell’endpoint composito secondario maggiore, che includeva morte da qualunque causa, infarto miocardico non fatale, e stroke non fatale, risultava non inferiore tra le due strategie antitrombotiche (3.9% vs. 3.9%. Pnoninferiority<0.001; HR 0.99, 95% CI 0.78-1.25). Il setting dei pazienti ad alto rischio di sanguinamento (High Bleeding Risk, HBR) è probabilmente quello che potrebbe trarre maggiore beneficio prognostico da un trattamento abbreviato con DAPT. Recentemente, l’Academic Research Consortium (ARC) ha definito dei criteri maggiori e minori identificati mediante una revisione dell’evidenza disponibile per definire pragmaticamente le condizioni comportanti un maggiore rischio emorragico nei pazienti sottoposti a PCI[4]Urban P, Mehran R, Colleran R, Angiolillo DJ, Byrne RA, Capodanno D, et al. Defining high bleeding risk in patients undergoing percutaneous coronary intervention: a consensus document from the … Continua a leggere. Il paziente HBR è generalmente complesso perché spesso oltre all’aumentato rischio emorragico coesiste un incrementato rischio ischemico. Alla luce di queste problematiche cliniche e prognostiche, il subset dei pazienti HBR potrebbe trarre un maggiore beneficio da una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con potente inibitore P2Y12 dopo PCI.

Lo studio in esame

In questa analisi prespecificata dello studio TWILIGHT, un totale di 1.064 pazienti (17.2%) con ≥2 criteri minori o ≥1 criterio maggiore HBR-ARC veniva confrontato con 6.178 (82.8%) senza questi requisiti (non- HBR). I pazienti HBR erano più anziani, più frequentemente di sesso femminile, affetti da diabete, ipertensione, vasculopatia periferica, coronaropatia multivasale e malattia del tronco comune rispetto ai pazienti non-HBR. Al follow-up a 15 mesi dalla PCI (vedi Tabella), DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor era associata una riduzione dell’endpoint primario di sanguinamento BARC 2, 3, o 5 in entrambi i setting clinici, non-HBR e HBR. Considerando il sanguinamento maggiore (BARC 3 o 5), il sottogruppo HBR mostrava una riduzione degli eventi tra regimi antiaggreganti (absolute risk difference: -3.5% vs. -0.5%; differenza -3.0%, 95% CI -5.2% – 0.8%, p=0.008) più pronunciata rispetto al sottogruppo non-HBR. Tuttavia, il test d’interazione tra regimi antitrombotici e setting clinico (HBR e non-HBR) non era statisticamente significativa (p=0.15). L’applicazione di altre definizioni di sanguinamento mostrava generalmente risultati consistenti e l’utilizzo delle definizioni Thrombolysis in Myocardial Infarction (TIMI) mostrava un’accentuazione dell’effetto legato a DAPT abbreviata nel subset HBR senza tuttavia ottenere, anche in questo caso, una interazione statisticamente significativa (p=0.08). Una DAPT abbreviata seguita da ticagrelor non era associata a differenze significative negli endpoint ischemici compositi di morte da qualunque causa, infarto miocardico, o stroke e morte cardiovascolare, infarto miocardico, o stroke ischemico non fatale in entrambi i subset clinici, non-HBR ed HBR, senza evidenza di interazione. I risultati erano concordi in termini degli endpoint individuali di morte da qualunque causa, morte cardiovascolare, infarto miocardico, stroke da qualunque causa, stroke ischemico, e trombosi dello stent definita o probabile (definizioni ARC). Indipendentemente dal trattamento assegnato, i pazienti nel gruppo HBR mostravano un significativo incremento degli eventi emorragici e ischemici rispetto al gruppo non-HBR.

Take home message

In pazienti con profilo HBR sottoposti a DAPT con acido acetilsalicilico e ticagrelor in seguito a PCI, in assenza di eventi ischemici o emorragici postprocedurali, la sospensione di acido acetilsalicilico a 3 mesi con prosecuzione di ticagrelor riduce significativamente il rischio di sanguinamento maggiore o clinicamente significativo (BARC 2, 3, o 5) senza incrementare significativamente l’incidenza di eventi ischemici rispetto a una DAPT convenzionale di 12 mesi con ticagrelor e ASA.

Interpretazione dei dati

Gli autori ricordano che le Linee Guida ESC per i pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-ACS) pongono indicazione alla strategia di DAPT abbreviata seguita da ticagrelor in monoterapia solo per i pazienti a basso rischio, in quanto l’incidenza di eventi riscontrata a 1 anno nello studio TWILIGHT è stata bassa. I risultati della presente analisi pre-specificata mostrano che i risultati globali dello studio si estendono anche alla popolazione ad alto rischio emorragico inclusa nel TWILIGHT. È noto che la popolazione HBR mostra anche un elevato profilo di rischio trombotico in quanto alcune variabili cliniche che predispongono a complicanze emorragiche, come l’anemia, la disfunzione renale e l’età avanzata, si associano anche a un maggior numero di eventi ischemici nel follow-up. Come mostra la Tabella, l’interruzione a 3 mesi della DAPT ha in effetti comportato un aumento numerico di eventi ischemici rispetto alla DAPT standard di 12 mesi, senza tuttavia che la differenza abbia raggiunto la significatività statistica . Vi è da notare che la popolazione TWILIGHT comprendeva sia pazienti con NSTE-ACS (prevalentemente angina instabile) che con sindrome coronarica cronica, un dato che suggerisce cautela nella estensione dei risultati di questo studio alla durata della DAPT nei pazienti ACS.

L’opinione di Daniele Giacoppoa,b,c

aOspedale Alto Vicentino, Santorso, Vicenza – bMater Private Hospital, Cardiovascular Research Institute Dublin, Royal College of Surgeons in Ireland, Dublin, Ireland – cDeutsches Herzzentrum München, ISAResearch Zentrum, Technisches Universität München, Munich, Germany

Il sottostudio TWILIGHT-HBR mostra in maniera convincente i vantaggi di una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor rispetto a una DAPT basata su ticagrelor prolungata con una riduzione significativa del sanguinamento BARC 2, 3, o 5 indipendentemente dal profilo di rischio emorragico senza pagare dazio in termini di endpoint ischemici compositi e individuali. Gli autori, nella valutazione dell’entità della riduzione in sanguinamento BARC 2, 3, o 5 associato a una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor, suggeriscono velatamente un maggior vantaggio nel sottogruppo HBR. Questa interpretazione è tuttavia da considerarsi hypothesis-generating per diversi motivi. Le incidenze di sanguinamento BARC 2, 3, o 5 tra DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor e DAPT prolungata pressoché raddoppiate nel sottogruppo HBR (6.3% vs. 11.4%) rispetto al sottogruppo non-HBR (3.5% vs. 5.9%) sono largamente attese e spiegabili dalle differenze intrinseche al raggruppamento dei pazienti. Il confronto tra absolute risk differences in BARC 2, 3, o 5 nei due sottogruppi non mostra una differenza statisticamente significativa (-2.8%, 95% CI -6.4%-0.8%, p=0.130). Inoltre, il test d’interazione tra sottogruppi è ampiamente non significativo (p=0.67) sottolineando come la riduzione del rischio relativo nel gruppo non-HBR (HR 0.59, 95% CI 0.45-0.77) risulta consistente con quello nel gruppo HBR (HR 0.53, 95% CI 0.35-0.82). In termini di BARC 3 o 5, la differenza tra non-HBR e HBR nell’entità del beneficio associato a DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor diventa borderline. Infatti, nel sottogruppo non-HBR la comparazione delle strategie anti-trombotiche non risulta in una differenza significativa (0.8% vs. 1.3%; HR 0.62, 95% 0.36-1.09), mentre nel sottogruppo HBR la diminuzione in BARC 3 o 5 associata a DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor risulta significativa (1.6% vs. 5.0%; HR 0.31, 95% 0.14-0.67). Il confronto tra absolute risk differences in BARC 3 o 5 nei due sottogruppi mostra una differenza statisticamente significativa (-3.0%, 95% CI -5.2%–0.8%, p=0.008). Tuttavia, da un punto di vista statistico, non sarebbe ancora possibile concludere che l’efficacia di una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor è maggiore nel sottogruppo HBR dal momento che il test d’interazione tra effetto legato al trattamento nei due sottogruppi clinici (non-HBR vs. HBR) non è significativo (p=0.15). La plausibilità clinica di un maggiore beneficio in sanguinamento maggiore (BARC 3 o 5) associata a una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor nel paziente HBR, rispetto a quello non-HBR e le note limitazioni dei test d’interazione qualitativa nella analisi di sottogruppo, rendono insufficiente potere statistico per l’endpoint primario e gli endpoint secondari maggiori. Ulteriori dati derivanti dalla combinazione dei dataset di più studi sul topic potranno definire più appropriatamente questo quesito. Un risultato parimenti rilevante della sottoanalisi TWILIGHT-HBR è l’assenza di differenze significative tra trattamenti nei due sottogruppi in termini di endpoint ischemici compositi e individuali. Il paziente HBR presenta spesso anche maggior rischio ischemico per la compresenza di fattori di rischio direttamente o indirettamente associati a entrambe le condizioni. Nel TWILIGHT-HBR l’incidenza di morte da qualunque causa, infarto miocardico non fatale, o stroke non fatale tra DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor e DAPT prolungata non ha mostrato differenze significative nel sottogruppo non-HBR (3.0% vs. 3.0%; HR 1.01, 95% CI 0.75-1.35) e nel sottogruppo HBR (5.6% vs. 6.5%; HR 1.16, 95% CI 0.71-1.90), con assenza di interazione (p=0.64). Simili risultati sono osservabili per l’endpoint composito di morte da causa cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, o stroke ischemico non fatale nonché per gli endpoint individuali. Alla luce dei risultati del TWILIGHT-HBR, indipendentemente dalla presenza o meno di condizioni HBR, non vi è un significativo incremento del rischio ischemico optando per una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor al posto di una DAPT prolungata. L’applicabilità dei risultati nella pratica clinica richiede comunque alcune considerazioni. Sebbene il TWILIGHT venga definito dagli investigatori come uno studio condotto su pazienti a elevato rischio ischemico, una proporzione importante di soggetti presenta in realtà solo alcune condizioni isolate associate a maggior rischio ischemico e diversi pattern anatomici e clinici maggiormente complessi riscontrabili nella pratica reale sono sottorappresentati nella popolazione dello studio. Questo commento si applica anche al profilo di rischio emorragico, poiché i pazienti del TWILIGHT sono prevalentemente non-HBR (82.8%). Nel sottostudio TWILIGHT-HBR è stato utilizzato il sistema HBR-ARC per definire l’inclusione dei pazienti tra sottogruppo HBR e non-HBR: era necessaria almeno la presenza di 2 condizioni di rischio HBR-ARC minori o 1 maggiore. Tuttavia, nello studio TWILIGHT-HBR 6 criteri maggiori HBR-ARC su 11 e 2 criteri minori HBR-ARC su 6 non erano disponibili e, tra i criteri disponibili, 2 dei maggiori e 1 dei minori presentavano differente definizione rispetto al sistema HBR-ARC. In totale, 941 pazienti del dataset originale dello studio non erano disponibili per la sottoanalisi. Sebbene il sistema HBR-ARC abbia trovato una buona validazione, una importante limitazione è l’assenza di chiaro “weighting” tra criteri all’interno della stessa categoria. All’interno dell’insieme dei criteri maggiori e dell’insieme dei criteri minori, le condizioni di rischio presentano lo stesso peso, quando è plausibile la presenza di alcune differenze nel rischio di sanguinamento tra condizioni dello stesso gruppo. Inoltre, alcune variabili continue come età, tasso di filtrazione glomerulare, ed emoglobina sono state dicotomizzate (>75 anni) o stratificate (tasso di filtrazione glomerulare: <30 mL/min/1.73 m2, ≥30 – <60mL/min/1.73 m2, e ≥60mL/min/1.73 m2; emoglobina: <11g/dL, ≥11 – <13g/dL, e ≥13g/dL nell’uomo e <11g/dL, ≥11 – <12g/dL, e ≥12g/dL nella donna) per semplificare l’applicabilità mediante una pragmatica identificazione dei pazienti. Questa semplificazione potrebbe determinare la perdita del gradiente di rischio, possibilmente non lineare, nelle variabili in questione. Un modello di rischio predittivo potrebbe essere utile per migliorare la stratificazione del rischio tra i pazienti HBR. Tuttavia, nel TWILIGHT-HBR la sottoanalisi in base alla stratificazione del rischio pointwise cumulativa (0.5 criteri minori e 1 criteri maggiori, somma totale individuale) in base ai criteri HBR ha mostrato risultati rassicuranti confermando il beneficio di una DAPT abbreviata seguita da monoterapia con ticagrelor indipendentemente dall’entità HBR. Per completezza bisogna aggiungere alcuni commenti relativi alla sottoanalisi TWILIGHT-HBR e allo studio TWILIGHT. Nel TWILIGHT la randomizzazione non è stata stratificata per HBR-ARC, quindi alcuni effetti di confondimento potrebbero avere avuto un’influenza. Tuttavia, all’interno del gruppo non-HBR e del gruppo HBR i gruppi appaiono accettabilmente bilanciati e non riscontrano in generale risultati non plausibili. Più in generale, il TWILIGHT presenta delle particolarità nel design che trovano difficile la validazione di questa ipotesi prioritaria. Infatti, questa sottoanalisi, in maniera similare a molte altre sottoanalisi di trial randomizzati, presenta controparte nel contesto del mondo reale. Infatti, nel trial i pazienti assegnati a DAPT prolungata, indipendentemente dalla presentazione clinica, assumevano la terapia per 15 mesi contro i 6 mesi nel caso di coronaropatia stabile e 12 mesi nel caso di sindrome coronarica acuta raccomandati nella pratica clinica nel paziente non-HBR. In aggiunta, la doppia terapia antiaggregante includeva ticagrelor anche nel caso di coronaropatia stabile, mentre le Linee Guida raccomandano generalmente clopidogrel. Questi aspetti del design potrebbero indubbiamente avere avuto un’influenza sull’incidenza di sanguinamento tra i gruppi e quindi sui risultati principali del trial. Infine, bisogna ricordare come il vantaggio di una monoterapia basata su ticagrelor al posto di acido acetilsalicilico non abbia ancora chiara definizione. Sebbene gli autori dei trial con questo design spesso esaltino il beneficio di una monoterapia basata su inibitore del recettore P2Y12, al momento non vi è comparazione head-to-head tra monoterapie nel periodo post- PCI. Recentemente, lo studio HOST-Extended Antiplatelet Monotherapy (HOST-EXAM) ha mostrato un beneficio della monoterapia con clopidogrel rispetto alla monoterapia con acido acetilsalicilico, ma la comparazione avveniva dopo 6-18 mesi di DAPT post-PCI senza eventi ischemici o emorragici[5]Koo BK, Kang J, Park KW, Rhee TM, Yang HM, Won KB, et al. ASA versus clopidogrel for chronic maintenance monotherapy after percutaneous coronary intervention (HOST-EXAM): an investigator-initiated, … Continua a leggere. Alla luce di questo gap nell’evidenza attuale, non è ancora possibile chiaramente definire se i benefici osservati sono imputabili principalmente o unicamente al periodo di DAPT abbreviata. I risultati del TWILIGHT-HBR sono stati recentemente avvalorati da un’analisi dello studio MASTER-DAPT (Management of High Bleeding Risk Patients Post Bioresorbable Polymer Coated Stent Implantation With an Abbreviated Versus Standard DAPT Regimen) dove pazienti HBR senza indicazione ad anticoagulazione orale assegnati a breve DAPT, seguita da acido acetilsalicilico o clopidogrel non mostravano un incremento degli eventi ischemici rispetto a una DAPT di 6 mesi[6]Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, Juni P, Vranckx P, Ozaki Y, et al. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary … Continua a leggere. Tuttavia, il beneficio in riduzione di sanguinamento di una DAPT abbreviata era significativo solo considerando anche il sanguinamento clinicamente significativo non maggiore (BARC 2, 3, or 5), mentre l’analisi del sanguinamento maggiore (BARC 3 o 5) non mostrava differenze significative tra DAPT abbreviata e prolungata (2.0% vs. 2.1%, p=0.75; HR 0.91, 95% CI 0.55-1.52)[7]Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, Juni P, Vranckx P, Ozaki Y, et al. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary … Continua a leggere. In conclusione, i risultati promettenti e rassicuranti del TWILIGHT-HBR, in linea con una sempre maggiore mole di dati di alta qualità, confermano come i regimi anti-aggreganti nell’ambito della PCI contemporanea, basata su dispositivi altamente performanti e biocompatibili nonché su operatori sempre maggiormente esperti, non necessitino di DAPT prolungata.

Bibliografia

Bibliografia
1 Valgimigli M, Bueno H, Byrne RA, Collet JP, Costa F, Jeppsson A, et al. 2017 ESC focused update on dual antiplatelet therapy in coronary artery disease developed in collaboration with EACTS: The Task Force for dual antiplatelet therapy in coronary artery disease of the European Society of Cardiology (ESC) and of the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J. 2018;39(3):213-60.
2 Giacoppo D, Matsuda Y, Fovino LN, D’Amico G, Gargiulo G, Byrne RA, et al. Short dual antiplatelet therapy followed by P2Y12 inhibitor monotherapy vs. prolonged dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention with second-generation drug-eluting stents: a systematic review and meta-analysis of randomized clinical trials. Eur Heart J. 2021;42(4):308 19.
3 Mehran R, Baber U, Sharma SK, Cohen DJ, Angiolillo DJ, Briguori C, et al. Ticagrelor with or without Aspirin in High-Risk Patients after PCI. The New England journal of medicine. 2019;381(21):2032-42.
4 Urban P, Mehran R, Colleran R, Angiolillo DJ, Byrne RA, Capodanno D, et al. Defining high bleeding risk in patients undergoing percutaneous coronary intervention: a consensus document from the Academic Research Consortium for High Bleeding Risk. Eur Heart J. 2019;40(31):2632-53.
5 Koo BK, Kang J, Park KW, Rhee TM, Yang HM, Won KB, et al. ASA versus clopidogrel for chronic maintenance monotherapy after percutaneous coronary intervention (HOST-EXAM): an investigator-initiated, prospective, randomised, open-label, multicentre trial. Lancet. 2021;397(10293):2487-96.
6, 7 Smits PC, Frigoli E, Tijssen J, Juni P, Vranckx P, Ozaki Y, et al. Abbreviated Antiplatelet Therapy in Patients at High Bleeding Risk With or Without Oral Anticoagulant Therapy After Coronary Stenting: An Open-Label, Randomized, Controlled Trial. Circulation. 2021;144(15):1196-211.

Lascia un commento