PCI delle lesioni ostiali dell’arteria circonflessa: un vero “challenge” per l’interventista!

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Indice

Inquadramento

Il trattamento interventistico delle stenosi ostiali è spesso problematico per i cardiologi emodinamisti. Queste lesioni, infatti, presentano spesso calcificazioni e sono più prone al recoil elastico, per cui sono gravate da un’incidenza di ristenosi più elevata rispetto alle lesioni non ostiali. Inoltre, i dati della letteratura sono scarsi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici da considerare durante la procedura e l’outcome dei pazienti trattati per stenosi ostiale dell’arteria circonflessa (LCx).

Lo studio in esame

Da una casistica globale di 667 pazienti con stenosi isolata di LCx (n=240) o dell’arteria discendente anteriore (LAD, n=427), sono stati inclusi in questa analisi 47 pazienti con stenosi ostiale isolata di LCx (classificazione Medina 0,0,1) e 240 pazienti con stenosi ostiale isolata di LAD (Medina 0,1,0) trattati con PCI tra il 2004 e il 2018. I pazienti con stenosi isolata di LCx erano preferenzialmente avviati alla terapia medica (63%), rispetto ai pazienti con stenosi isolata di LAD (24%). Pazienti già trattati sulle stenosi ostiali o con stenosi distale del tronco comune >40% venivano esclusi. I pazienti con stenosi ostiale del LCx erano più anziani (71 versus 67 anni), avevano avuto più frequentemente infarto pregresso (46.8% versus 20.8%) o rivascolarizzazione (48.9% versus 18.3%) e coronaropatia multivasale (70.2% versus 53.2%), rispetto a quelli con stenosi ostiali LAD. I due gruppi, invece, non differivano per tecnica di impianto (singolo stent 91.5% e 93.6%, impianto ostiale 83% e 87%). Dopo propensity-score matching, 47 pazienti per gruppo sono stati confrontati. A un follow-up mediano di 5.5 anni (IQR 1.5–9.3) l’endpoint primario dello studio (rivascolarizzazione del target vessel per documentazione di ischemia miocardica -TLR) si è verificato nel 15% (7/46) del gruppo LCx group versus 2% (1/43, p=0.02) del gruppo LAD. Da segnalare che in 3 delle 7 TLR eseguite sull’ostio di LCx gli stent utilizzati erano “bare metal” o DES di prima generazione. La ristenosi di LCx coinvolgeva il tronco comune in 3 casi (43%), fenomeno non osservato nella singola ristenosi osservata su LAD. Non è stata osservata alcuna differenza tra i due gruppi per gli endpoint secondari (vedi Tabella). All’analisi multivariata, la stenosi del LCX è risultata essere l’unica variabile significativamente predittiva di TLR

Take home message

La PCI della stenosi ostiale di LCx è associata a un’incidenza maggiore di necessità di rivascolarizzazione del vaso target, rispetto alla stenosi ostiale di LAD a un follow-up di oltre 5 anni. Dovranno essere dedicati studi futuri alla ricerca del miglior approccio tecnico da perseguire in questa tipologia di coronaropatia. La PCI della stenosi ostiale di LCx è associata a un’incidenza maggiore di necessità di rivascolarizzazione del vaso target, rispetto alla stenosi ostiale di LAD a un follow-up di oltre 5 anni. Dovranno essere dedicati studi futuri alla ricerca del miglior approccio tecnico da perseguire in questa tipologia di coronaropatia.

Interpretazione dei dati

L’elevata frequenza con cui la terapia medica rappresenta la prima scelta per i pazienti con stenosi ostiale di LCx (63% dei casi), molto più alta rispetto ai pazienti con stenosi ostiale di LAD ( 24%) la dice lunga su come gli interventisti preferiscano tenersi lontani dal trattare questo tipo di lesione. I risultati della PCI in tale sede sono spesso deludenti, come osservato anche nella presente analisi, gravati da percentuali di ristenosi ancora elevate, spesso associate a un coinvolgimento del tratto distale del tronco comune, un’evenienza non osservata quando si trattano le lesioni ostiali della LAD. Va tuttavia rilevato che nella serie presente oltre l’80% degli impianti di stent erano a livello dell’ostio, una tecnica che riflette il timore degli operatori di invadere il tratto distale del tronco comune (“cross-over technique”) e di compromettere l’ostio della LAD (un’arteria che sottende un territorio generalmente molto più ampio di quello cui si distribuisce LCx), ma che potrebbe associarsi a un maggior rischio di ristenosi. Le raccomandazioni del documento di consenso dell’European Bifurcation Club[1]Burzotta F, Lassen JF, Lefèvre T, et al. Percutaneous coronary intervention for Bifurcation coronary lesions:The 15th consensus document from the European Bifurcation Club. Eurointervention … Continua a leggere sono a favore di una tecnica di “cross-over”, a meno che vi sia un angolo di 90% tra l’ostio della LAD e quello del LCx con perfetta visualizzazione dell’origine del vaso e assenza di patologia del tronco comune distale. È molto importante al riguardo l’utilizzo di imaging intravascolare, peraltro scarsamente impiegato nello studio presente (13%). Per quanto le osservazioni tecniche siano fondamentali per un corretto approccio interventistico a questa tipologia di malattia coronarica, va ricordato che gli eventi “hard” al follow-up di oltre 5 anni (infarto miocardico e mortalità) non sono risultati differenti tra i due gruppi di pazienti (vedi Tabella). I pazienti con stenosi ostiale di LCx e LAD sono spesso anziani, con plurime comorbilità e coronaropatia estesa, fattori che alla fine sono predominanti nel dettare la prognosi.

Bibliografia

Bibliografia
1 Burzotta F, Lassen JF, Lefèvre T, et al. Percutaneous coronary intervention for Bifurcation coronary lesions:The 15th consensus document from the European Bifurcation Club. Eurointervention 2021;16:1307–17.

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