Possiamo dare l’addio all’ASA nel trattamento della sindrome coronarica acuta?

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Indice

Inquadramento

Una serie di studi recenti ha dimostrato la sicurezza di strategie farmacologiche basate su breve durata di doppia terapia antipiastrinica (DAPT) dopo sindrome coronarica acuta (ACS) e successivo trattamento con monoterapia basata su inibitore del recettore piastrinico P2Y12[1]Giacoppo D, Matsuda Y, Fovino LN, et al. Short dual antiplatelet therapy followed by P2Y12 inhibitor monotherapy vs. prolonged dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention with … Continua a leggere[2]Mehran R, Baber U, Sharma SK, et al. Ticagrelor with or without aspirin in high-risk patients after PCI. N Engl J Med. 2019;381:2032-2042.. Tuttavia nessuno studio ha sperimentato una strategia “ASA”, basata su una monoterapia immediata con un inibitore del recettore P2Y12, senza una fase iniziale di DAPT.

Lo studio in esame

Studio randomizzato, open label, condotto in 72 centri in Giappone in 5.996 pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS, 75% della casistica totale) o con coronaropatia stabile, ma ad alto rischio emorragico (HBR), secondo la definizione dell’Academic Research Consortium[3]Giacoppo D, Matsuda Y, Fovino LN, et al. Short dual antiplatelet therapy followed by P2Y12 inhibitor monotherapy vs. prolonged dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention with … Continua a leggere, che costituivano il 25% della casistica, dei quali il 16% era in dialisi. Nel gruppo ACS (42% con STEMI, 54.5% HBR) l’età media era 71.5 anni, diabete 40.5%, shock cardiogeno 5%, scompenso 19%. I pazienti sono stati randomizzati prima della PCI a una monoterapia con prasugrel a dose ridotta (3.75 mg/die) dopo una loading dose di 20 mg (gruppo “prasugrel monotherapy”, n=2.984) o a una DAPT con ASA e prasugrel allo stesso dosaggio (gruppo “standard DAPT”, n=2.982). L’approccio radiale è stato usato nel 79% e l’imaging intravascolare nel 93% dei casi. Gli endpoint primari a 1 mese di follow-up erano due:

  1. bleeding maggiore, secondo definizione BARC 3-5, ipotizzando una incidenza del 4% a un mese e una superiorità di “prasugrel monotherapy” (38% di riduzione del rischio relativo);
  2. eventi cardiovascolari (composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico, trombosi definita di stent, stroke), ipotizzando una noninferiorità di “prasugrel monotherapy” versus “standard DAPT” supponendo una incidenza del 3% a 1 mese in entrambi i gruppi e un margine di non-inferiorità del 50% sulla scala di hazard ratio (HR).

L’aderenza al trattamento assegnato è stata dell’88% in entrambi i gruppi. A un mese di follow-up, il gruppo “prasugrel monotherapy” non è risultato superiore rispetto al gruppo “standard DAPT” per quanto riguardava il “bleeding maggiore” (incidenza 4.47% versus 4.71%; hazard ratio, 0.95 [95% CI, 0.75–1.20]; P di superiorità=0.66), mentre ha raggiunto la non-inferiorità per quanto riguardava gli eventi cardiovascolari (4.12% versus 3.69%; hazard ratio, 1.12 [95% CI, 0.87–1.45]; P per noninferiorità= 0.01). La non-inferiorità veniva raggiunta anche per le varie componenti di questo endpoint composito (vedi Tabella). Tuttavia, nel gruppo “prasugrel monotherapy” sono risultate significativamente superiori, rispetto alla “standard DAPT”, le rivascolarizzazioni urgenti e le trombosi subacute di stent (vedi Tabella)

Take home message

In questo studio condotto in Giappone, una strategia basata su una monoterapia con prasugrel a bassa dose senza iniziale utilizzo di ASA, non ha ridotto significativamente il bleeding maggiore rispetto a una DAPT standard a un mese di follow-up. La non inferiorità raggiunta dalla monoterapia con prasugrel a bassa dose per quanto riguardava gli eventi cardiovascolari, lasciava tuttavia margini di dubbio, in particolare per un eccesso di rivascolarizzazioni urgenti e di trombosi subacuta di stent.

Interpretazione dei dati

Lo studio è al momento l’unico pubblicato che abbia sperimentato una strategia antipiastrinica completamente “ASA” in confronto a una strategia classica di DAPT iniziata prima della procedura di PCI. È risultata indubbiamente elevata l’incidenza di bleeding maggiore (BARC 3-5) nel gruppo di “prasugrel monotherapy”, sia nei pazienti ACS (nei quali circa la metà soddisfaceva il criterio di HBR secondo la definizione di Academic Research Consortium) nei quali è risultata essere del 4.7%, sia nei pazienti stabili HBR inclusi nello studio, nei quali essa risultava ancora più elevata sfiorando l’8% a 1 mese. La mancata superiorità della strategia “ASA” rispetto all’utilizzo iniziale di DAPT dipende dal fatto che la stragrande maggioranza dei sanguinamenti osservati nel primo mese sono stati procedurali (correlati all’accesso, nonostante un ampio uso dell’accesso radiale, o a complicanze intervenute durante la PCI tra le quali il tamponamento cardiaco, osservato nello 0.6% dei casi, o all’inserimento di dispositivo di supporto emodinamico, prevalentemente con contropulsatore aortico, effettuato in circa il 6% dei casi). Per questa tipologia di sanguinamenti, il fatto che il paziente sia o meno in terapia con ASA ha scarso significato pratico, nè lo ha la tipologia di inibitore del recettore P2Y12 sperimentato (prasugrel a bassa dose piuttosto che clopidogrel o ticagrelor). Inoltre, vi è stato un ampio uso di eparina post-procedurale (quasi la metà dei casi), un dato non in accordo con le Linee Guida. Nonostante il dato globale relativo agli eventi cardiovascolari di tipo ischemico abbia mostrato la non-inferiorità della strategia “ASA” rispetto alla DAPT standard, alcuni endpoint secondari suscitano perplessità rispetto alla scelta di iniziare la terapia antipiastrinica in questi pazienti con un singolo agente: infatti nel gruppo “prasugrel monotherapy” si è riscontrato un eccesso di trombosi subacuta di stent e di nuove rivascolarizzazioni sia sui vasi target che non-target. È inoltre discutibile aver considerato un criterio così ampio, come il 50% sulla scala di hazard ratio, quale soglia per valutare la non-inferiorità. Infine, vi è da considerare che anche questo studio è stato condotto in una popolazione asiatica, somministrando prasugrel a un dosaggio molto inferiore rispetto a quello utilizzato nelle popolazioni occidentali.

Bibliografia

Bibliografia
1, 3 Giacoppo D, Matsuda Y, Fovino LN, et al. Short dual antiplatelet therapy followed by P2Y12 inhibitor monotherapy vs. prolonged dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention with second-generation drug-eluting stents: A systematic review and meta-analysis of randomized clinical trials. Eur Heart J. 2021;42:308-319.
2 Mehran R, Baber U, Sharma SK, et al. Ticagrelor with or without aspirin in high-risk patients after PCI. N Engl J Med. 2019;381:2032-2042.

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