Il PARADISE-MI è uno studio randomizzato, controllato in doppio cieco, di confronto tra sacubitril/valsartan e ramipril dopo un infarto acuto del miocardio. Tra dicembre 2016 e il marzo 2020, sono stati arruolati pazienti con una FE ≤40%, segni clinici o radiografici di congestione polmonare e almeno 1 fattore di rischio (età ≤70 anni, GFR <60 ml/min, diabete, pregresso infarto miocardico (AMI), fibrillazione atriale, FE <30%, Killip class III/IV o STEMI non riperfuso). I pazienti inclusi in questo studio (n = 5.661) sono stati confrontati con una coorte PARADISE-MI–like” dello studio VALIANT (n = 9.617), condotto tra il dicembre 1998 e il giugno 2001 e che aveva confrontato valsartan, captopril, o entrambi dopo un AMI. Il confronto delle caratteristiche basali tra le due popolazioni ha mostrato differenze per alcuni fattori di rischio (età superiore, valori minori di GFR, maggior numero di pazienti in classe Killip ≤II nei pazienti VALIANT “PARADISE- MI like”, mentre nei pazienti PARADISE-MI prevalevano i pazienti con diabete, fibrillazione atriale e infarto anteriore). Inoltre, in questi ultimi, erano maggiori le percentuali di pazienti trattati con betabloccanti (85,3% vs 69,1%) statine (94,9% vs 32,2%) e antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (41,3% vs 9,0%). Lo studio ha mostrato come nella coorte contemporanea dello studio PARADISE-MI la mortalità sia stata dell’8% a una mediana di follow-up di 22 mesi (con il 23% dei decessi occorsi entro un mese). Al contrario, la mortalità globale nei pazienti della coorte VALIANT “PARADISE-MI like” è stata del 19,7% (con il 21,3% dei decessi occorsi nel primo mese post-AMI) a una mediana di follow-up di 24,7 mesi (Figura, modificata). Nettamente ridotta anche la percentuale di pazienti nella coorte PARADISE-MI che hanno avuto morte improvvisa o arresto cardiaco risuscitato (148 pazienti – 2,6% – di cui 44 – 29,7% – nel primo mese), mentre nella coorte VALIANT “PARADISE- MI like”, 707 soggetti hanno avuto morte improvvisa o arresto cardiaco risuscitato (7,4%), di cui 150 (21,2%) nel primo mese. Con ogni verosimiglianza la riperfusione per mezzo della PCI primaria e una più meticolosa ed efficace prevenzione secondaria ha permesso di ridurre la mortalità dopo un evento coronarico acuto. Il primo mese post-AMI resta ancora il periodo più vulnerabile per incidenza di morte improvvisa e arresto cardiaco. È tempo di pensare a ulteriori mezzi di prevenzione di questi eventi catastrofici.

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